Le rivelazioni impunitarie di Costanza Vaccari-Diotallevi/Documenti/XIII
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XIII.
(Di carattere della Diotallevi.)
Leopoldo Calza.
Non so qual professione eserciti, ma so che il giovedì andava a scrivere al botteghino de’ lotti alla piazza del Gesù.
Amico di Pietro Patrizi, Pietro Barberi, Angelo Perozzi, Giovanni Vanni ministro della Salara ...... Baldini, un sarto sopranomato il Contino ...... Mattei e di un servo di piazza, di un Avvocato che nel 1848 fu Commissario di pubblica sicurezza a Viterbo, del signor Cecchini impiegato o al Commercio oalla Grascia, di Baldassarre Ferri. Cesare Scarpini, Filippo Venturini.
Frequentava (era abbonato al teatro Corea insieme a Pietro e Odoardo Patrizi) il caffè de’ Caprettari, il bigliardo, al teatro Valle ove andavano i suddetti, l’osteria di S. Giovannino della Pigna, e l’osteria di Mariano dalle Stimate per andare al teatro Argentina, al caffè Argentina ove facevano recapito tutti li suddetti.
Segretario del Venanzi: ascritto alla setta dall’epoca del 48 ignoro da chi.
Aveva carteggio con Pietro Patrizzi e con molti altri esuli, collettore dell’obolo Cavour come lo fu dei fucili ec., aveva rapporto con vari napolitani traditori, riceveva le domande di quelli che volevano emigrare, perchè cercati dal governo, ed aveva cura di trovare un luogo ove celarli fino a tanto che fosse il tutto pronto per la partenza. Quando fuggì Pietro Patrizzi fu lui che gli trovò la casa in via de’ Bavullari, ove restò tre giorni e tre notti, fino che gli ebbe trovato il mezzo di trasporto sicuro: la prima sera che era in questa casa il Patrizzi, andarono a trovarlo Leopoldo Calza, Adeodato Patrizzi, e Costanza Diotallevi, sole persone che sapessero il luogo del suo ritiro, e stavano ad attendere i suddetti nel caffè che fa cantone ai Bavullari, Antonio Diotallevi, Baldassarre Ferri, Angelo Perozzi; detta casa è abitata dalla compagnia comica, che recita al teatro Valletto. L’ultimo giorno che la compagnia Morelli, recitò al teatro dell’Arena detto Corea, terminato il teatro, quasi tutta la compagnia, meno Morelli, e quello che faceva la parte del tiranno, e Bellotti Amilcare, andarono con Pietro Patrizzi, Leopoldo Calza, e Pietro Barberi, a cena all’osteria di S. Giovannino della Pigna, e circa due ore di notte, andarono al caffè Argentina a prendere il caffè, e vi trovarono Baldassarre Ferri, Cesare Scarpini, Antonio Perozzi, Costanza ed Antonio Diotallevi, che stavano seduti fuori del detto caffè dalla parte che si va alla piazza di S. Andrea della Valle, lì si posero a sedere anche loro, e dopo avere preso il caffè, Leopoldo disse a quei della compagnia comica se volevano firmarsi addetti alla sua squadra; essendo stata la risposta di tutti affermativa, egli chiese al caffettiere il calamaio e la penna, ed al lume del gas si sottoscrissero; ma invece delle proprie firme, si segnarono con nomi supposti, affine, dissero, di prevedere qualunque accidentalità; affinchè il caffettiere non prendesse sospetto scrissero in un pezzo di carta il conto di ciò che avevano preso, e dicendo al giovane che li aveva ingannati di un baiocco ed apposta loro lo avevano scritto, e il conto lo mandarono al ministro che prese la cosa in scherzo. Di questo se ne può far domanda allo stesso ministro del caffè: il giovane che portò il calamaio si chiamava Ciencio.
La prima volta ohe Pietro Patrizzi presentò la Diotallevi al Comitato fu circa il mese di maggio 1861 all’ave maria in punto. Pietro Patrizzi andò a prendere la Diotallevi e suo marito allo stabilimento dei bagni all’Orsa: il padrone di detto luogo è Tullio Lanzi, e andarono al botteghino sulla piazza del Gesù ove t’attendevano Leopoldo Calza, ed Achille Margutti; andarono al Campidoglio poi scesero al Campo Vaccino, e a metà dell’alborata restarono Antonio Diotallevi e Leopoldo Calza, e Pietro Patrizzi: il Calza allora disse alla Diotallevi: «Signora, questo giovane (ed indicò Achille Margutti) è la persona che il Comitato ha incaricato di presentarvi.: a lui potete fidarvi, poichè è un leale Italiano: noi vi attenderemo qui.» La Diotallevi seguì la sua guida all’arco di Tito, e con questa ritornò e si riunirono ai suddetti riprendendo la stessa via. Allo scendere dal Campidoglio il Margutti prese congedo da loro dicendo alla Diotallevi, che l’indomani alle 7 antimeridiane saprebbe andato a casa da lei per portargli le gazzette e l’ordini ultimi che aveva emanato il Comitato, perchè era necessario che lei li conoscesse tutti. Partito il Margutti, Calza si rallegrò con la Diotallevi, e gli disse che sperava in lei un amor patrio senza pari, ed un odio ai tiranni di questa: dopo discorsero di cose indifferenti è tornarono alle respetti ve case.
Nell’osteria di S. Giovannino della Pigna, il Leopoldo Calza, a nome del Venanzì, invitò i suddetti suoi amici per l’incendio del fienile, ma da loro fu risposto negativamente. Dopò accaduto l’incendio nel luogo medesimo e ai stessi disse che il De Angelis dalla Manziana aveva pagato uomini della sua tenuta per fare l’incendio.
Fu l’autore di varie satire, e fra queste le seguenti:
Sempre a sé stessa è simile
La razza dei Borboni,
Or n’è l’eroe fra Diavolo
Or General Chiavone.
Ma cos’è questa Grizetta, è puttana
Oppur Civetta?
I preti nel maneggio han buona mano
Pure il papa fa il ruffiano.
Una testa di somaro ed una civetta
Il re di Napoli la regina.