Le rive della Bormida nel 1794/Commiato

Commiato

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Capitolo XXII


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COMMIATO.



Queste cose io le ebbi da un vecchio ottuagenario, morto da parecchi anni, il quale me le dava stando al fuoco colle molle in mano. Egli mi diceva che erano tutte vere verissime: ma rammentando ora certo sorriso che gli veniva sulle labbra, ogni volta che io notava in un mio libercolo qualche fatto: temo forte, che con alcune sue immaginazioni sia riuscito a infinocchiarmi. E voleva il buon vecchio piantarmi senza più dir nulla, alla morte della signora Maddalena; protestando di non voler venire col suo racconto più in quà della fine del secolo, per non far conoscere i personaggi sopravvissuti. Pose anzi cura nel togliermi di mano le fila, tanto che nel cercare da me non mi raccapezzassi: aggiungendo che sarebbe stata opera vana, perchè nulla mi avrebbe aiutato, neanco l’aspetto dei luoghi, mutati del tutto dai nuovi abitatori. A stento aggiunse le poche cose che ho scritte: e avendogli io chiesto qual fine avessero fatto don Marco, padre Anacleto, Bianca e gli altri personaggi; mi rispose che se io voleva vedere a spegnere i ceri l’un dopo l’altro, andassi in chiesa la settimana santa. Io tacqui: ma se quel che raccolsi da altri, si accorda con quello che ebbi da lui; don Marco deve essere vissuto sino all’anno in cui capitarono la seconda volta i Francesi condotti da Buonaparte. Quella volta don Apollinare, tornato col suo [p. 424 modifica]comodo alla sua Pieve, non fuggì più. Stette invece saldo al suo posto, aiutando i buoni a tener la pace tra paesani e Francesi; con molte lodi di Giuliano, tornato anch’egli, dopo un anno di lontananza a casa sua. Però non si parlarono tra loro che quella sola volta; sebbene paia che il giovane medico e Tecla e la famiglia che venne su, non siano stati infelici. Marta morì l’istess’anno in cui donna Placidia cessò di parer viva; consolata, povera vecchia, d’aver visto nascere in quella casa un bambino della terza generazione. Ma fino alla morte, non cessò di dolersi d’essere venuta al mondo, in tempi in cui di matrimoni tra una villanella come Tecla, e un giovane signore come Giuliano, non usava vederne. In quanto al signor Fedele durò ancora parecchi anni, senza vivere nè campare; assistito da quell’angelo di bontà che era la cieca Maria; ma nè l’uno nè l’altra videro il loro secolo finito. Di Margherita non seppi mai che cosa avvenisse nè di Bianca; se pure questa non fu una signora, morta prima del venti, vissuta tutta chiesa e casa, consigliata sino all’ultimo da un prete che era stato frate nel convento dei Minori Osservanti di C... spiantato dai Francesi, otto o dieci anni dopo le cose narrate. Chi sa che quel frate non fosse il padre Anacleto secolarizzato? Se fu, povera Bianca! Comechessia, io finisco, sazio del nome di quel frate, come non vorrei che fosse del mio racconto, chi chiude ora il libro con una grande rifiatata.



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