Le rime di M. Francesco Petrarca/Sonetto CXXXVIII
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Sonetto CXXXVIII
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SONETTO CXXXVIII.
G
Iunto m’à Amor fra belle, e crude braccia, Che m’ancidono a torto; e s’io mi doglio,
Doppia ’l martìr; onde pur, com’io soglio,
4Il meglio è ch’io mi mora amando, e taccia:
Che poria questa il Ren, qualor più agghiaccia,
Arder con gli occhi, e rompre ogni aspro scoglio;
E ha sì egual' a le bellezze orgoglio,
8Che di piacer altrui par che le spiaccia.
Nulla posso levar io per mio ’ngegno
Del bel diamante, ond’ell’ha il cor sì duro;
11L’altro è d’un marmo che si mova, e spiri:
Ned ella a me per tutto ’l suo disdegno,
Torrà giàmmai, nè per sembiante oscuro,
14Le mie speranze, e i miei dolci sospiri.