Le poesie religiose (1896)/Renovatio

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Le poesie religiose (1896) Stelle cadenti

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RENOVATIO


 
Fuggon dagli occhi miei, fuggon dall’anima
     Le illusioni della nova età:
Fosca la vita mia sotto a ciel rigido,
     4Siccome rupe solitaria, sta.

Torbido intorno all’aspra rocca intricasi
     Fra canne e giunchi e fratte irte il pantan,
Su cui tra nubi di veleno gravide
     8Gitta la luna un bianco raggio invan;

Mentre per l’aure, che beffarde fischiano,
     Vogan, quali migranti anatre, a stuol
I dolci sogni miei, l’ auree fantasime
     12E le speranze dall’aereo vol.

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Or sì, or no, per le fredde ombre lanciano
     Un canto, un grido, ahi, non più quel che un dì
Mosse la mente giovinetta, e a’ fulgidi
     16Vaneggiamenti dell’amor l’aprì.

Eppur, se a te mi volga, o sia che un gelido
     Aere t’inceppi, o ti disciolga april,
Santa Natura, in te m’esalto, e all’anima
     20Un fremito mi passa alto e gentil.

Ecco, alla rupe derelitta un tenero
     Verde si avvolge; il rinnovato crin
Piovon su la tersa acqua i giunchi; reduci
     24Cantan gli augelli un lieto inno al mattin.

Son tuo, son tuo, madre infinita: i palpiti
     Dell’immensa tua vita io sento in me;
Sento che al foco della tua grande anima
     28Ardo, mi struggo e mi rinnovo in te.

Che vai, se nelle morte ombre s’inseguano
     Le rosee larve che il pensier creò?
Se, guardiano della notte, l’odio
     32Ghigni alla fossa ove l’amor cavò?

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Che val, se al lato mio figga il suo cuneo
     D’adamante la sorte? Io non son più.
Mio, da che balenar bello e terribile
     36Vidi il tuo volto, e mi dicesti: In su!

Del piccioletto mio dolor la fievole
     Voce spargere al vano aer che val,
Se, o terra, o vita, o gran Tutto, il tuo spasimo
     40Ulula per la vasta ombra feral?

Tu vivi, o eterna, o senza nome; affidasi
     All’onde tue l’impavido Pensier.
La vela a’ venti, il remo al pugno, il vigile
     44Sguardo alla paurosa alba del ver;

E voga, e canta: «Ebbro di te, su’ lividi
     Flutti balzo io tuo figlio e tuo signor
E nelle fauci de’ tuoi mostri onnívori
     48Sola ricchezza mia gitto l’amor.

Mutansi i mostri al novo cibo, e levansi
     Quali raggianti arcangeli dal mar;
E fra le immensità cerule, simile
     52Ad igneo sole, la Giustizia appar.

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Agita il legno mio, scatena gl’impeti
     De’ selvaggi e mortali odj su me:
Salve, o madre, dirò, fin che indomabile
     56Eroe dell’Ideai naufraghi in te!».