<dc:title> Le piacevoli notti </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Giovanni Francesco Straparola</dc:creator><dc:date>1550-1553</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Le_piacevoli_notti/Notte_IV&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20191031101656</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Le_piacevoli_notti/Notte_IV&oldid=-20191031101656
Le piacevoli notti - Notte IV Giovanni Francesco StraparolaStraparola - Le piacevoli notti I.djvu
Già il biondo Apollo con l’infiammato carro aveva lasciato questo nostro emispero, e tuffatosi nelle marine onde se ne era ito a gli antipodi, e quelli che la terra zappavano, già stanchi per lo molto lavorare, messi giù i concupiscibili appetiti, dolcemente nel letto riposavano, quando la onesta ed onorevole compagnia a l’usato suo luogo lietamente si ridusse. E poscia che le donne e gli uomini ebbero insieme ragionato e riso alquanto, la signora Lucrezia, imposto il silenzio a tutti, ordinò che ’l vaso aureo le fusse portato, e con la propia mano il nome di cinque damigelle scrisse; e posti i loro nomi nel vaso, chiamò il signor Vangelista, comandandoli che ad uno ad uno del vaso li traesse, acciò che a cui la volta del favoleggiare in quella notte toccava, chiaramente si potesse sapere. Il signor Vangelista, levatosi da sedere e lasciati i dolci ragionamenti che egli faceva con Lodovica, ubidientissimo andò alla Signora: ed inginocchiatosi a’ piedi, riverentemente pose la mano nel vaso, e di Fiordiana trasse il primo nome; indi di Vicenza, dopo di Lodovica, ed appresso loro d’Isabella e di Lionora vennero fuori i nomi. Ed innanzi che al novellare si desse principio, la Signora comandò che ’l Molino ed il Trivigiano prendessero i loro liuti ed una cantilena cantassero. I quali, non aspettando altro comandamento, accordorono i loro stromenti, e la seguente canzone lietamente cantorono. [p. 192modifica]
Quando fra tante donne il vago sole,
Che mi dà morte e vita,
Muove gli ardenti suoi splendidi rai,
Di lei più bella, Amor, non vidi mai.
Dico, felice è in vita
Non chi la vede pur, ma chi parole
D’angelico intelletto
L’ode formar con la sua santa bocca:
Grazia che forse a pochi oggidì tocca.
Oh me ben nato, se d’un tanto oggetto
E ben così perfetto
Degno per sua mercè qua giù mi sia,
E veggia il fin della speranza mia.
La canzone fu diligentemente ascoltata e commendata da tutti. Ma vedendo la Signora che ella al suo fine era già pervenuta, comandò a Fiordiana, a cui la prima favola della quarta notte toccava, che metesse mano ad una, e l’ordine dell’incominciato trastullo seguisse. La quale, non men desiderosa di dire che d’ascoltare, in cotal maniera a dire incominciò.