Le odi di Orazio/Libro terzo/VII

Libro terzo
VII

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
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VII.


O perchè, Asterie, piangi il tuo giovane
    Gigi dall’animo fido, se i candidi
        Favonj a primavera
        4Tel penderan di tinia

Merce lietissimo? Spinto ei dagli austri,
    Dopo le furie d’Amaltea, ad Òrico,
        Le fredde notti insonne
        8Dura fra molte lacrime.

Ben della cupida ostessa un nunzio,
    Dicendo gemere Cloe mesta ed ardere
        Della tua fiamma, astuto
        12In mille guise tentalo:

Narra, che perfida moglie fe’ il credulo
    Preto decidere con ree calunnie
        A maturar del casto
        16Bellerofon lo scempio;

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Di Peleo parlagli già già nel Tartaro
    Mentre da Ippolita magnesia ingenuo
        Fugge; e muove il mendace
        20Storie che falli insegnano.

Ma invan: ch’egli, íntegro finora, ascoltalo
    Di scoglio icario più sordo. Guárdati
        Ben tu, che non ti aggradi
        24Troppo il vicino Enípeo:

Benchè non vedasi chi del par sappia
    Cavalli volgere sul’erba marzia,
        Nè chi nel tosco fiume
        28Nuoti egualmente celere.

Non prima scendano l’ombre, tu sérrati
    In casa, e al querulo canto del flauto
        Non guardar giù, ma resta
        32Dura a chi dura appéllati.