Le odi di Orazio/Libro quarto/XIV

Libro quarto
XIV

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
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XIV.


Qual mai di Padri cura e di popolo,
    Con ampj doni d’onori, ai secoli
        Farà eterne le tue virtudi
        4Per epigrafi e memori fasti,

O Augusto, o in quante piagge abitabili
    Illustra il Sole, sommo de’ principi,
        Di cui, scevri di latin giogo,
        8I Vindelici appresero or ora

La possa in guerra? Con tue milizie
    Druso le inquete stirpi genaune
        E i Brenni veloci e le rocche,
        12Sopra l’alpi tremende costrutte,

Non una volta conquise intrepido;
    Poi dei Neroni il maggiore, arduo
        Conflitto impegnando, gl’immani
        16Reti respinse con fausti auspìci:

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A veder bello nel marzio rischio,
    In fra cotante ruine, gli animi
        A libera morte devoti
        20Travagliare, com’austro indomato

Agita l’onde, se delle plejadi
    Il coro squarcia le nubi; strenuo
        Vessar l’orde ostili e tra’ fuochi
        24Il cavallo fremente avventare.

Qual per le terre di Dauno appulo
    Il tauriforme Aufido volvesi,
        Quando tumido infuria, e i colti
        28Campi orrendo inondare minaccia,

Tal le ferrate schiere de’ barbari
    Claudio diruppe con immenso impeto,
        E i primi e gli estremi mietendo,
        32Coprì il suolo, ed incolume vinse;

E tu porgevi consigli, eserciti,
    E fausti numi. Dal dì che supplice
        Alessandria il porto e la reggia
        36Vacua a te vincitore dischiuse,

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Per ben tre lustri Fortuna prospera
    Diede alla guerra fin favorevole,
        E la lode e gli ambiti onori
        40Ad imprese compiute concesse.

Te il non mai prima domabil Càntabro,
    Te il Medo e l’Indo, lo Scita nomade
        Stupisce, o custodia presente
        44Dell’Italia e di Roma signora.

Te il Nil che occulte serba le origini
    Delle sue fonti, te l’Istro e il rapido
        Tigri e l’oceano che strepe
        48Mostruoso a’ remoti Britanni,

Te Gallia ascolta di morte impavida
    E la feroce terra d’Iberia;
        Te, l’armi deposte, il Sigambro
        52Gavazzante nel sangue, rispetta.