Le odi di Orazio/Libro quarto/XIII
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XIII
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XIII.
Miei voti udirono, o Lice, udirono
Miei voti i Superi: sei vecchia, e studj
Di parer bella ancora;
4Ruzzi impudica, e il gomito
Alzi, e con tremula voce solleciti
Cupído languido. Ma della florida
Chíota a saltar dotta
8Su le bee guance ei vigila:
Giacchè dall’aride querci egli indocile
S’invola, e schìvati: chè i denti luridi
E le rughe e le nevi
12Del capo ti deturpano.
Nè ormai pregevoli gemme, nè porpore
Còe ti riportano gli anni, che il celere
Tempo ha serbati e chiusi
16Per entro a’ fasti publici.
Dove, ahi, la grazia, il color, gli agili
Moti fuggirono? Ahi, che più rèstati
Di lei, di lei che amore
20Spirava e a me toglievami,
Dopo di Cìnara beltà propizia
E d’arti amabili chiara? Ma a Cìnara
Diè brevi anni la sorte,
24E serba Lice incolume,
A vetustissima cornacchia simile,
Acciò che i fervidi garzoni vedano,
Non senza molto riso,
28Mutato il foco in cenere.