Le odi di Orazio/Libro primo/XXVII
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XXVII.
Pugnar fra tazze fatte a letizia
Uso è de’ Traci: smettete il barbaro
Costume, e tenete il modesto
4Bacco lungi da risse cruente.
Da vin, da lampe il medo acínace
Immane oh quanto discorda! L’empio
Clamore lenite, o compagni,
8E sul gomito cheti posate.
Volete io pure trinchi del valido
Falerno? Dica prima d’Opunzia
Megilla il fratel di che piaga,
12Di che strale ei beato perisca.
Ei non n’ha voglia? Nè voglio io bevere
Ad altro patto. Qualunque Venere
Ti domi, non t’arde in ontosi
16Fochi, e in nobile amor sempre pecchi.
Checchè tu abbi, su via, deponilo
Ne’ miei fidati orecchi. Ahi, misero
In quale Cariddi t’affanni,
20Fanciul degno di fiamma più bella!
Qual maliarda, con filtri tessali
Qual potrà mago, qual dio discioglierti?
Da triforme Chimera avvinto
24Te slegar potrà Pegaso appena.