Le monete di Venezia/Pietro Ziani

Pietro Ziani

../Enrico Dandolo ../Jacopo Tiepolo IncludiIntestazione 30 novembre 2023 75% Da definire

Enrico Dandolo Jacopo Tiepolo

[p. 89 modifica]

PIETRO ZIANI

DOGE DI VENEZIA

1205 -1229.


Morto a Costantinopoli Enrico Dandolo, fu chiamato a succedergli Pietro Ziani, figlio di Sebastiano, prudente e valoroso, che ebbe il compito di consolidare i possessi ottenuti in Oriente, di sedare i torbidi dei nuovi sudditi e le scorrerie dei pirati, aggiungendo nuovi territori allo stato, fra cui la vasta isola di Negroponte. Depose il principato dopo averlo tenuto, ventitré anni e morì pochi giorni dopo essersi ritirato a vita privata.

Sotto questo doge si continuò a coniare il grosso, il bianco ed il quartarolo, che troviamo cogli stessi tipi del predecessore; manca invece il denaro, del quale pare sia stata in questo tempo sospesa la coniazione. Probabilmente era più proficua all’erario la fabbricazione dei grossi, che furono emessi in grande quantità, così da inondare tutto l’Oriente, usandosene quasi esclusivamente nelle transazioni commerciali.

Questo fatto, unitamente alla mancanza di monete degli imperatori latini di Costantinopoli, ai quali non si attribuiscono se non poche anonime di rame, suggerì al dott. Cumano1 l’idea che un qualche accordo segnato tra Veneziani e Franchi avesse dato il diritto di zecca alla Signoria di Venezia: egli crede pur anche che le imitazioni del grosso fatte in Oriente dagli altri principi avessero una base comune ed una convenzione di uniformità monetale. Quanto alla prima supposizione a me sembra [p. 90 modifica]che, come si conoscono gli altri patti convenuti, dopo la conquista fra crocesignati, si avrebbe conservata la memoria anche di questo se avesse esistito: con apparenza di maggior ragione gli autori francesi ritengono che l’essere in mano dei Yeneziani la maggior parte del metallo nobile e l’avere essi fabbricato molta moneta abbia impedito agli imperatori franchi di battere coi loro nomi. Quanto alla seconda opinione del dott. Cumano, essa corrisponde piuttosto alle idee moderne che a quelle del tempo; il grosso veneziano si diffuse per tutto l’Oriente solo in causa della sua bontà sempre costante, mentre gli altri stati adulteravano la moneta. Visto il successo del grosso, i piccoli principi delle isole e dei feudi franchi d’Oriente, come altri stati d’Italia, si misero ad imitarlo da prima forse con peso giusto e metallo buono, poi allettati dal guadagno, con lega inferiore, per cuii Veneziani ne mossero lagno e proibirono queste monete chiamandole a buon dritto falsificazioni, come vediamo nella parte:

MCCLXXXII, Indictione X, die tercio Maii, in Majori Consilio2.


“Capta fuit pars quod addatur in capitulari Camerariorum Communis et aliorum officialium qui recipiunt pecuniam pro Communi, quod teneantur diligenter inquirere denarios regis Raxie contrafactos nostris venetis grossis, si ad eorum manus pervenerint; et si pervenerint, teneantur eos incidere. Et ponantur omnes campsores, et omnes illi qui tenent stationem in Rivoalto et eorum pueri a XII annis supra, ad sacramentum, quod inquirant diligenter bona fide predictos denarios, et si pervenerint ad eorum manus teneantur eos incidere. Et si alicui persone inventi fuerint de predictis denariis a XII supra, quod illa persona cui inventi fuerint perdat decem pro centenario de omnibus qui eis inventi fuerint de illis denariis, et debeant incidi. Et hoc stridetur publice illa die, vel altera, qua captum fuerit in M. C., quod a XV diebus in antea quilibet cui inventi fue» rint, incurrat penam predictam, et medietas pene sit [p. 91 modifica]invenientis et medietas sit Communis, et deveniat in camera Communis. Et mittantur littere de precepto per sacramentum omnibus rectoribus preter Comitem Ragusii, et addatur in commissionibus illorum rectorum, qui de cetero ibunt, preter dictum Comitem Ragusii, quod omnes denarios predictos qui ad eorum manus pervenerit, vel eorum offitialium, teneantur incidere vel incidi facere, et quod ipsi constringant gentem suam, per illos modos quibus eis melius videbitur, quod pre- dicti denarii non currant per suos districtus, et incidantur si invenientur».

Oltre a questo documento, per conoscere quale era il pensiero dei contemporanei su questa adulterazione della moneta, che fu una delle piaghe più sanguinose della circolazione metallica nel medio evo, ci illumina il giudizio dell’Alighieri che colloca fra i principi che avranno giudizio severo nell’altro mondo per i loro peccati, Filippo il Bello di Francia

...................e quel di Rascia
che male aggiustò il conio di Venezia
                              Paradiso, Canto XIX 140-141.

Nelle carte manoscritte di Vincenzo Lazari trovo la seguente nota, di cui non posso defraudare il lettore: «Nel citato verso di Dante merita attenzione il verbo aggiustare che la Crusca con goffa interpretazione fe’ in questo caso sinonimo d’imitare. Ma il verbo aggiustare disusato, nel senso che allegheremo, nella lingua italiana, si mantiene ancora nella francese e nella tedesca».

Esattissima definizione del verbo aggiustare si trova nella Explication des termes techniques che fa seguito alla pregiata opera Histoire monétaire de Genève par Eugène Demole, nel quale è detto “Ajuster les flans, ou ajuster carreaux, opération par laquelle on affranchit à coups de cisailles les angles des carreaux». Anche nella zecca veneziana la stessa operazione si chiamava zustar e l’operaio che la faceva zustador. Se oggi la parola è disusata, si è perchè tale operazione si ottiene [p. 92 modifica]meccanicamente e quindi in modo affatto diverso da ciò che si usava nel medio evo.

Nel più antico registro di atti ufficiali che si conserva nel nostro Archivio di Stato, conosciuto col nome di Liber Communii o Liber Plegiorum, il quale raccoglie alcune deliberazioni prese dal Doge assieme al Consiglio Minore, troviamo la seguente nota:

(1224) «Die XIII exeunte marcio. — Illi homines qui faciunt fieri monetam coram domino duce et omnibus consiliariis eius, exeepto M. Superando, predicto die juraverunt supra capitalare quod continetur de moneta facienda vel fieri facienda, et illo suprascripto die intromiserunt in nomine Domini»3.

È la prima memoria di quegli ufficiali soprastanti alla zecca che più tardi furono chiamati Massari della moneta ed è probabilmente quello di cui si parla il più antico Capitolare di tale magistrato, che però non è giunto fino a noi e del quale si ignorerebbe perfino la esistenza, senza questo cenno prezioso nella sua brevità.



[p. 93 modifica]

MONETE DI PIETRO ZIANI


1. — Grosso. Argento, titolo 0.965 4: peso grani veneti 42 1910 (grammi 2.178).

      D/ S. Marco che porge il vessillo al doge, come nel grosso di E. Dandolo + · P · ZIANI, lungo l’asta DVX, a destra · S · M · VENETI

      R/ II Redentore in trono IC XC

T. V, N° 11

2. — Varietà nel D/ + · P * ZIANI

3. — Mezzo denaro, o Bianco. Mistura, titolo 0.050, circa: peso grani veneti 8 V* ( grammi 0.440): scodellato.

      D/ Croce accantonata da quattro punti triangolari + · P · ZIANI · DVX ·

      R/ Busto di S. Marco di fronte + · oo · MARCVoo · V · N ·

R. Museo, Parma. T. V, N° 12

4. — Varietà D/ + · P · ZIANI · DVX ·

      R/ + oo · MARCV oo · V · N

Gabinetto Numismatico di S. M., Torino. T. VI, N° 1
Museo Civico, Trieste.
[p. 94 modifica]

5. — Quartarolo. Mistura, titolo 0,003 circa : peso grani ven. 20 (grammi 1.035) circa.

       D/ Nel campo V · N · C · E · poste in croce + · P · ZIANI · DVX ·

       R/ Croce accantonata da quattro gigli + · oo · MARCV oo

T. VI, N° 2

6 —  Varietà     D/ + · P · ZIANI · DVX ·

R/ · oo · MARCVc/:
T. VI, N° 3

7 — Varietà     D/ + · P · CCIANI · DVX ·

R/ come al n.° 6.
T. VI, N° 4

OPERE CHE TRATTANO DELLE MONETE DI PIETRO ZIANI:


Santinelli S. — Opera citata, pag. 271-272, 275, 277 (disegno pag. 271); ed in Argelati, Parte I, pag. 299-300, 302.

Muratori L. A. — Opera citata, Dissert. XXVII, col. 648, 651 e 652 n.° III, ed in Argelati, Parte I, pag. 47, tav. XXXVII, n.° III.

Carli Rubri G. R.Delle monete ecc., opera citata, Tomo I, pag. 413, tav. VI, n. IX.

Bellini V.De monetis Italiaæ, etc., opera citata, Dissert. I, pag. 98 e 107, n.° I, ed in Argelati, Parte V, pag. 29 e 31 t., n.° I (erroneamente attribuita a Sebastiano Ziani).

Gradenigo G. A. — Indice citato, in Zanetti G. A. Tomo II, pag. 168, n.° XVI.

Appel J. — Opera citata, Vol. III, pag. 1118, n.° 3908.

Gegerfelt G. (von)Numi ducum reipublicæ veneta in nummiphilacio academiæ Upsaliensis. Upsalne 1839, pag. 6 e 7 n.° I.

Lelewel J. — Opera citata, Parte, III, pag. 33-34, tav. XV, n.° 2.

Trésor de numismatique et de glyptique etc. Histoire par les monuments de l' art monétaire chez les modernes. Paris 1846, pag. 60 n.° 1, Tav. XXX, n.° !.

Giovanelli B. - Intorno all' antica zecca trentina. Trento, 1818, pag. 96.

[p. 95 modifica]

Zon A. — Opera citata, pag. 17 (s’inganna, credendo che Pietro Ziani abbia coniato il piccolo).

Schweitzer F.— Opera citata, Vol. I, pag. 79 (108), (109), (110), (111) e tavola.

Biografia dei Dogi — Opera citata Doge XI
Numismatica Veneta

Padovan e Ceochetti — — Opera citata, pag. 11.

Wachter C. (von) — Opera citata. — Numismatische Zeitschrift, 1871 Vol. III, 1871, pag. 227, 228, 230. Vol. V 1875, pag. 191-192.

Padovan V. — Opera citata, edizione 1879, pag. 11 — Archivio Veneto Tomo XII, pag 94, — terza edizione 1881, pag. 10.


Note

  1. Cumano D.r C. Illustrazione di una moneta argentea di Scio etc. Trieste 1852.
  2. Maggior Consiglio, Deliberazioni, Reg. Commune II, c. 129 t.°
  3. Liber Communis (Plegiorum), carte 26 tergo.
  4. L’esame chimico fatto dall’ufficio del saggio di Venezia dà il fino di 0,964.