Le monete attribuite alla zecca dell'antica città di Luceria/I Classe
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PRIMA CLASSE
Degli assi gettati attribuiti a Lucera.
- 1.° Asse del peso di once undici napoletane.
Testa di Ercole imberbe coverta della spoglia del leone a dritta. Rov. Busto di cavallo frenato a sinistra.
Questa medaglia menzionata dagli editori Kircheriani 1, viene ora a pubblicarsi per la prima fiata sull’esemplare da noi possedutone, altro esistendone in Napoli nella insigne raccolta de’ Signori Cavalieri Santangelo, de’ quali intese il Barone d’Ailly nel citato luogo parlare. Nuovo affatto e rinvenuto nelle appule regioni è questo bellissimo monumento. È il corrispondente tipo della prima medaglia della serie seguente, di spettanza indubitata di Lucera. La differenza consiste semplicemente nel busto di cavallo, mentre in quella è il cavallo intero nella sua corsa.
2. Semisse di once 5 1/4.
Testa di Pallade galeata con morione a dritta, dietro S, ed una clava, o senza. Rov. Testa simile in tutto.
Questo semisse comune nelle terre pugliesi puole con molta probabilità attribuirsi alla città, dove il famoso tempio di Minerva era l’oggetto dell’orgoglio patrio, e dove cittadini e forestieri accorrevano all’adorazione della divinità sacra alla sapienza ed all’ulivo, tanto utile all’uomo, e simbolo della pace 2. Del rimanente ogni semisse di bello stile, come è il descritto, che ingannerebbe di esser conio, tanto è ben disegnato e conservato, colla testa di Giove e colla prora, tutti attribuiti a romani incerti, possono darsi alla zecca Lucerina antica, mentre la massima parte delle citta italiane le produssero anepigrafi.
Due specie di tede in legno decussate, ossia a croce greca. Rov. Lo stesso, e cinque globetti.
Questo nummo fu pubblicato dagli editori del Museo Kircheriano (al n.° 14 Tav. V. incerte), ma di un disegno assai mal congegnato, scusandosi di averlo così ricevuto delineato da’ loro corrispondenti di Parigi, ove quell’originale abbastanza logoro si dice esistere in quella Reale Biblioteca. È quella una precisa ruota a 4 raggi, col foro nel mezzo per immettervi l’asse. Il nostro è precisamente uniforme al solito della seguente classe, più piccolo coll’ arcaico.
Quelle due tede incrocicchiate, o che altro simbolo sia, da’ diligenti autori succennati, fu reputata ruota a 4 raggi, ingannati dal citato infedele disegno. Ma la nostra, e le comunissime dell’altra serie coll’ arcaico, non hanno affatto rappresentanza di ruota. Disse in proposito il lodato ch. Cavedoni (Spicilegio numismatico p. 16). «Il Sestini disse ruota anche altro tipo delle monete di Luceria simile ad una grande croce greca, ma non sembra altrimente ruota, mancando affatto il giro de’ quarti. Quel tipo somiglia assai alle due schegge di legna che decussate veggonsi poste sulle tede o fiaccole in monete metapontine, e quando fosser tali alluderebbero al nome Luceria, cioè luce».
Finchè una migliore spiegazione non possa darsi a questi simboli, li riterremo per tali, ma non ne siamo perfettamente persuasi, essendo tutta altra rappresentanza a noi ignota, ed assai difficile ad indovinare.
Agli estremi delle quattro punte sonovi de’ pezzi od ornati trasversi, che non sono nelle schegge decussate sovrapposte alle tede delle metapontine. Insomma sono tutt’altra cosa per ora indiciferabile, e differente assolutamente dalla ruota di otto raggi delle Lucerine coniate.
Fulmine. Rov. Clava, e sopra quattro globetti.
Astro a sei raggi che finiscono a punte. Rov. Delfino guizzante che si muove a sinistra, sotto tre globetti.
Pecten o guscio di conchiglia. Rov. Astragalo, e due globetti.
- 8. Semoncia del peso due terze di oncia.
Luna falcata. Rov. Emblema ignoto, forse foglie di pianta pugliese indefinita, ravvisandosi in una nostra conservatissima il disegno delle foglie.
Tutti questi spezzati sono stati pubblicati dal Museo Kircheriano, perchè uniformi a quelli che hanno la iniziale della zecca lucerina (). Aggiungiamo che sono usuali, frequentissimi, e comuni nelle Puglie, e precise nel tenimento di Lucera. Dimostrazione non dubbia, quando è costante ed in tutti tempi uniforme questo rinvenimento. E siffatta dimostrazione, quando che sia, ci somministrerà dei dati da comprovare, che le immense quantità di antiche monete di Aetolia, che in tutti i metalli rinvengonsi nello intero tenimento dell’antica Apulia, forse in maggiore abbondanza delle stesse comunissime di Arpi, Salapia, Tiati etc: guardando pure lo stile di esse, ed altre circostanze locali, ci farà dichiarare quelle medaglie, anche esse della Magna Grecia, prodotto delle pugliesi contrade, quando l’Apulia appellavasi Aetolia, assumendo il nome della provincia in genere, come i Brettii, i Lucani, i Campani, i Frentani.
Quando questa prima classe di medaglie gettate sieno state impresse, non può con precisione, asseverarsi. Rimonta per altro ad antichità molto rimota. Altrove sostenemmo con qualche dato probabile3, che Roma da’ primordi della sua grandezza avesse avuta la moneta dell’aes grave. I popoli confinali usavano di questo sistema, e da essi i romani dovettero apprenderlo. E contemporalmente doveva anche Lucera usare di questa maniera di monetazione. Quindi le gettate monete lucerensi, non conterebbero meno di 23 o 24 secoli, avendosi, secondo Varrone, nel corrente anno 2598 ab urbe condita4.
In quanto alle rappresentanze, giusta il costume italico e greco, dominati quei popoli dalle idee religiose, e tutto addebitando agli dei del paganesimo, rappresentarono le loro divinità tutelari Ercole, Minerva, Giove, tanto colle loro teste o busti, quanto co’ simboli, cioè fulmine clava ec: od i ricordi di loro origini provvenienti da’ luoghi marittimi, col pecten, delfino ec:; agli oggetti abbondanti nell’attuale loro patria, come il cavallo in ricordanza delle buone razze di cavalli pugliesi; l’astragalo in rimembranza delle famose greggi di Puglia, giacchè gli astragali usati dagli antichi ricavavansi precipuamente dalle pecore e dagli agnelli; la punta di lancia alla loro guerriera bravura, che non restò conquisa, se non tardi, dall’ellenica disciplina; la spiga all’abbondanza del grano nelle vaste pianure pugliesi; la ranocchia in dimostrazione delle tante paludi che accerchiano la Puglia, malgrado il ritiro del mare 5, quando non fosse segno di religioso significato. Infine l’astro a sei raggi, il sole, la mezza luna Diana; le tede lucifere, quando quelle del pentobolo il fossero, si riferirebbero a Diana medesima; e quindi allusive alle cennate divinità, od al nome della città medesima Louceri. Luna crescens, astrum octiradium (dice il lodato Cavedoni Spicilegio num. pag. 16.) riportando le parole del Sestini6. «Congetturai già, prosiegue, che sì la luna, come l’astro alludono al nome Louceri, del pari che il sole e la luna, alludono al nome e prenome di Lucio Lucrezio Trione, ne’ denari di quel triumviro monetale, e poscia mi compiacqui di vedere che similmente, al chiaro Avellino, la luna crescente e la ruota del sole, parvero armi parlanti allusive al nome Luceria, derivato da lux». E nella nota rimarca, che non è ruota ad otto raggi, ma astro di otto raggi, astrum octiradium, giusta il Sestini. Del resto l’Avellino sembra, che abbia inteso parlare della moneta coniata colla luna7, ed all’altra parimente coniata colla ruota di otto raggi. Le gettate rassegnano indubitatamente l’astro ad otto raggi nella seconda classe, mentre la corrispondente di questa serie, già descritta, ha costantemente sei raggi soli, come ognuno può agevolmente rimarcare da per se stesso8.
Note
- ↑ Aes grave del Museo Kircheriano pag. 116.
- ↑ « Anche a me pare, dice il ch. Abate Cavedoni, che sia verisimilmente ritratta la testa di Pallade Iliade nelle monete di Lucera in riguardo al palladio in essa traslato da Diomede. ed al sacrario dedicatovi alla dea (Strabo VI. p. 264. 281. 284. e Bullettino napoletano anno I, pag. 102. ed anno II, pag. 103). Soggiugne ivi: « anche la testa femminile di fronte ritratta nel dritto dell’aes grave di Lucera, armata di galea, sembra di Pallade Iliade, poichè ricorre simile in monete di Eraclea nella Lucania ove parimente dicevasi conservarsi il palladio come in Lucera. (Mus. Kircher. tav. ult. e penult.) ». In tale supposto non si sa comprendere una divinità greca in popoli Sanniti od Osci, come ritiene il ch. scrittore nello stesso luogo, pegli abitatori di Lucera. È ciò ammessibile in tempi posteriori quando i coloni greci si rammescolarono cogli aborigini. Le due summentovate grandi monete però mai sonosi rinvenute ne’ tenimenti di Lucera o dell’Apulia, altrimenti quelli e non altri sarebbero i primitivi assi gravi lucerini, tanto per la iniziale della zecca, che per la rappresentanza del bove o toro appulo, comune emblema della vicinissima Arpi. Il ch. Avellino vi propese, ma non seppe decidersi. (Bullettino anno II. pag. 70.)
- ↑ Riccio le monete di famiglie romane p. 247, seconda edizione.
- ↑ Su questa materia è d’uopo studiare con accuratezza e raffrontare le dottrine dell’Avellino, del Borghesi, del Gennarelli, del Cavedoni, e del Principe di S. Giorgio, recentemente pubblicate in proposito.
- ↑ La rana, che nelle monete di Venosa, fa bel riscontro al granchio marino, del pari che in quella di Lucera, pare riferirsi ai laghi e paludi dell’Apulia, e segnatamente alla Salapina, dice il ch. Cavedoni (Osservazione sulle monete di città greche di Fiorelli Bullettino Napoletano anno II, p. 103).
- ↑ Sestini Museo Hederv. t. I, n.° 3, 6. Museo Fontana P. III, t. I, n.° 3.
- ↑ V. Opuscoli t. II, p. 64.
- ↑ I tipi de’ maggiori astri del Cielo, manifesta il lodato Cavedoni ben si convengono all’Apulia detta Χώρα εὐδεινή (Strabo VI, p. 284); conforme al detto di Orazio (Epod. III, 15. Cf. H, 41) Siderum insedit calor situ culose Appuline.