Le monete attribuite alla zecca dell'antica città di Luceria/III Classe
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TERZA CLASSE
Delle monete coniate col nome di Louceri apertamente.
- 1. Quincunce del peso 1/2 oncia e trappesi 2.
Testa di Pallade galeata con morione a dritta, sopra cinque palle o globetti. Rov. Astro, ad otto raggi come una ruota, e nel vuoto de’ medesimi scritto Louceri; e quindi porzione di un asse di 1 oncia e mezza.
- 2. Triente del peso mezza oncia.
Testa di Ercole senza barba con pelle del leone a dritta, dietro quattro globetti. Rov. Turcasso, clava, ed arco, ed in mezzo a questi due ultimi, scritto, Louceri.
L’Avellino pubblicò una moneta di transizione alquanto somiglievole alla presente, e tre trappesi più pesante della descritta. E di stile più rozzo: rappresenta l’arco e clava soli, e la leggenda si è cosi Lovedei con l’ osco, e K invece del C; già del P. Basilice, ora posseduta dal citato ch. Canonico Lombardi (V. Bullettino archeologico napoletano Anno I, n. XVII, p. 129).
- 3. Quadrante del peso una terza di oncia.
Testa di Nettuno barbata a dritta, dietro tre globetti. Rov. Delfino guizzante a dritta, sotto Louceri.
- 4. Sestante del peso una quarta d’ oncia.
Testa di Venere velata a dritta. Rov. Pecten o guscio di conchiglia; sotto Louceri.
- 5. Oncia del peso trappesi cinque.
Testa di Apollo laureata a dritta, dietro un globetto. Rov. Ranocchia, attorno dalla parte di sotto Louceri.
- 6. Semoncia del peso trappesi due e acini 4.
Teste de’ Dioscuri con berretti, talvolta laureati, a dritta. Rov. Due Cavalli correnti, a dritta, sopra Louceri. Colla leggenda è sempre rara questa monetina, Talvolta i cavalli hanno le stelle sulle loro teste.
- 7. Altra diversa del peso trappesi 2 e mezzo.
Testa di Diana a dritta. Rov. Luna crescente, sopra circolarmente Louceri.
Circa l’ epoca di tali monete si è detto abbastanza di sopra. Al più tardi sarebbero del 440 di Roma in cui Lucera fu dedotta colonia. La esistenza di medaglie di rozzo stile senza i segni del triente, e colla leggenda osca anzicchè perfetta latina di sopra mentovata, fa rimontare questa monetazione ad epoca anteriore alla dedotta romana colonia; al passaggio insomma delle gettate col solo , osco od italico antico, a quello non pretto latino, ma di leggenda nazionale osca del pari, che era la comune lingua di queste regioni. Hassi dalla storia che i Canosini ed i vicini Lucerini, anche sotto il costituito dominio romano erano bilingui, cioè greci ed oschi, e forse trilingui perchè dovevano per forza sottostare alla conoscenza ed uso della lingua del lazio, essendo gli atti dell’autorità pubblica, e la corrispondenza con Roma, in lingua latina.
La semoncia colla mezza luna fu ignorata dagli antichi numismatici, fino a Carelli, che non la descrisse nelle sue tavole e catalogo. Fu pubblicata dal Mionnet (Supplemento t. I, p. 266), ed illustrata dal ch. Avellino (Opuscoli t. II, P. 63). Ora è moneta quasi comune e facile a rinvenirsi.
Singolarità di questa classe di monete Lucerine coniate, si è l’essere sfornite dell’asse e del semis, che secondo gl’illustratori del Museo Kircheriano mai dovettero possedere, conseguenza dell’orgoglio romano che disponendo delle conquiste dovette inibire l’impressione dell’asse, come credettero verificato altrettanto per Tivoli e Todi (V. Aes grave p. 116, quando col tempo non giunga a discoprirsi, siccome è avvenuto di altre medaglie, che la storia reclamava, e che dopo tanti secoli sonosi discoperte. Valgane di esempio Tiano sidicino di argento, colla sua peculiare leggenda Sidicino, come quelle di bronzo. Colla solita testa di Ercole triga e leggenda Tianud Sidicinum, si possiede dalla insigne collezione Santangelo. È marchevole in questa serie la corrispondenza del dritto di ciascuna medaglia col riverso di essa, siccome era stato osservato dal ch. Cavedoni1. Nè è poi vero, che queste medaglie, si elevino appena ad una discreta mediocrità, come dissero i lodati PP. Gesuiti 2. Noi, che moltissime ne abbiam potuto in più anni raccogliere, e quasi tutte quelle possedute da particolari collezioni di Puglia osservare, abbiam rilevata perfetta incisione in diverse di esse, peculiarmente tralle nostre un triente, più quadranti, diversi piccoli spezzati, malgrado la difficoltà nascente dalla stessa picciolezza de’ conî. Nelle due prime l’arte è eminente nelle teste di Ercole e Venere, siccome in una nostra bellissima de’ due cavalli correnti, da non fare invidia ai greci conî dell’Apulia e della Campania.
Note
- ↑ Spicilegio p. 16.
- ↑ Aes grave p. 116.