Le mie prigioni/Cap XCVII
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Capo XCVII.
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La mattina del 10 settembre abbracciai il mio eccellente commissario, e partii. Ci conoscevamo solamente da un mese, e mi pareva un amico di molti anni. L’anima sua, piena di sentimento del bello e dell’onesto, non era investigatrice, non era artifiziosa; non perchè non potesse avere l’ingegno di esserlo, ma per quell’amore di nobile semplicità ch’è negli uomini retti.
Taluno, durante il viaggio, in un luogo dove c’eravamo fermati, mi disse ascosamente: — Guardatevi di quell’angelo custode; se non fosse di quei neri, non ve l’avrebbero dato.
— Eppur v’ingannate, gli dissi; ho la più intima persuasione che v’ingannate.
— I più astuti, riprese quegli, sono coloro che appaiono più semplici.
— Se così fosse, non bisognerebbe mai credere alla virtù d’alcuno.
— Vi son certi posti sociali, ove può esservi molta elevata educazione per le maniere, ma non virtù! non virtù! non virtù! —
Non potei rispondergli altro, se non che:
— Esagerazione, signor mio! esagerazione!
— Io sono conseguente, insisté colui. —
Ma fummo interrotti. E mi sovvenne il cave a consequentiariis di Leibnizio.
Pur troppo la più parte degli uomini ragiona con questa falsa e terribile logica: — Io seguo lo stendardo A, che son certo essere quello della giustizia; colui segue lo stendardo B, che son certo essere quello dell’ingiustizia: dunque egli è un malvagio. —
Ah no, o logici furibondi! di qualunque stendardo voi siate, non ragionate così disumanamente! Pensate che partendo da un lato svantaggioso qualunque (e dov’è una società od un individuo che non abbiane di tali?) e procedendo con rabbioso rigore di conseguenza in conseguenza, è facile a chicchessia il giungere a questa conclusione: "Fuori di noi quattro, tutti i mortali meritano d’essere arsi vivi". E se si fa più sagace scrutinio, ciascun de’ quattro dirà: "Tutti i mortali meritano d’essere arsi vivi, fuori di me".
Questo volgare rigorismo è sommamente antifilosofico. Una diffidenza moderata può esser savia: una diffidenza oltrespinta, non mai.
Dopo il cenno che m’era stato fatto su quell’angelo custode, io posi più mente di prima a studiarlo, ed ogni giorno più mi convinsi della innocua e generosa sua natura.
Quando v’è un ordine di società stabilito, molto o poco buono ch’ei sia, tutti i posti sociali, che non vengono per universale coscienza riconosciuti infami, tutti i posti sociali che promettono di cooperare nobilmente al ben pubblico, e le cui promesse sono credute da gran numero di gente, tutti i posti sociali, in cui è assurdo negare che vi sieno stati uomini onesti, possono sempre da uomini onesti essere occupati.
Lessi d’un quacchero, che aveva orrore dei soldati. Vide una volta un soldato gettarsi nel Tamigi, e salvare un infelice che s’annegava; ei disse: “Sarò sempre quacchero, ma anche i soldati son buone creature”.