Le mecaniche (Favaro)/Della stadera e della leva
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della stadera e della lieva.
L’aver inteso con certa dimostrazione uno dei primi principii, dal quale, come da fecondissimo fonte, derivano molti delli strumenti mecanici, sarà cagione di potere senza difficoltà alcuna venire in cognizione della natura di essi.
E prima, parlando della stadera, stromento usitatissimo, col quale si pesano diverse mercanzie, sostenendole, benché gravissime, col peso d’un picciolo contrapeso, il quale volgarmente adimandano romano, proveremo, in tale operazione nient’altro farsi, che ridurre in atto pratico quel tanto che di sopra abbiamo speculato. Imperò che, se intenderemo la stadera AB, il cui sostegno, altrimenti detto trutina, sia nel punto C, fuori del quale dalla piccola distanza CA penda il grave peso D, e nell’altra maggiore CB, che ago della stadera si adomanda, discorra inanzi ed indietro il romano E, ancorché di piccol peso in comparazione del grave D, si potrà nulla di meno discostar tanto dalla trutina C, che qual proporzione si trova tra li due gravi D, E, tale sia tra le distanze FC, CA; ed allora si farà l’equilibrio, trovandosi pesi ineguali alternamente pendenti da distanze ad essi proporzionali.Nè questo instrumento è differente da quell’altro, che vette e, volgarmente, lieva si adimanda; col quale si muovono grandissime pietre ed altri pesi con poca forza. L’applicazione del quale è secondo la figura posta qui appresso: dove la lieva sarà notata per la stanga, di legno o altra salda materia, BCD; il grave peso da alzarsi sia A; ed un fermo appoggio o sostegno, sopra il quale calchi e si muova la lieva, sia notato E. E sottoponendo al peso A una estremità della lieva, come si vede nel punto B, gravando la forza nell’altra estremità D, potrà, ancorchè poca, sollevare il peso A, tutta volta che qual proporzione ha la distanza BC alla distanza CD, tale abbia la forza posta in D, alla resistenza che fa il grave A sopra il punto B. Per lo che si fa chiaro, che quanto più il sostegno E si avvicinerà all’estremità B, crescendo la proporzione della distanza DC alla distanza CB, tanto si potrà diminuire la forza in D per levare il peso A.
E qui si deve notare (il che anco a suo luogo si anderà avvertendo intorno a tutti gli altri strumenti mecanici), che la utilità, che si trae da tale strumento, non è quella che i volgari mecanici si persuadono, ciò è che si venga a superare, ed in un certo modo ingannare, la natura, vincendo con piccola forza una resistenza grandissima con l’intervento del vette; perchè dimostreremo, che senza l’aiuto della lunghezza della lieva si saria, con la medesima forza, dentro al medesimo tempo, fatto il medesimo effetto. Imperò che, ripigliando la medesima lieva BCD, della quale sia C il sostegno, e la distanza CD pongasi, per essempio, quintupla alla distanza CB, e mossa la lieva sin che pervenga al sito ICG, quando la forza avrà passato lo spazio DI, il peso sarà stato mosso dal B in G; e perchè la distanza DC, si è posta esser quintupla dell’altra CB, è manifesto, dalle cose dimostrate, potere essere il peso, posto in B, cinque volte maggiore della forza movente, posta in D. Ma se, all’incontro, porremo mente al camino che fa la forza da D in I, mentre che il peso vien mosso da B in G, cognosceremo parimente il viaggio DI esser quintuplo allo spazio BG: in oltre, se piglieremo la distanza CL eguale alla distanza CB, posta la medesima forza, che fu in D, nel punto L, e nel punto B la quinta parte solamente del peso che prima vi fu messo, non è alcun dubbio, che, divenuta la forza in L eguale a questo peso in B, ed essendo eguali le distanze LC, CB, potrà la detta forza, mossa per lo spazio LM, trasferire il peso a sé eguale per l’altro eguale intervallo BG; e che reiterando cinque volte questa medesima azione, trasferirà tutte le parti del detto peso al medesimo termine G. Ma il replicare lo spazio ML niente per certo è di più o di meno che il misurare una sol volta l’intervallo DI, quintuplo di esso LM: adunque il trasferire il peso da B in G non ricerca forza minore, o minor tempo, o più breve viaggio, se quella si ponga in D, di quello che faccia di bisogno quando la medesima fosse applicata in L. Ed insomma il commodo, che si acquista dal benefizio della lunghezza della lieva CD non è altro che il potere muovere tutto insieme quel corpo grave, il quale dalla medesima forza, dentro al medesimo tempo, con moto eguale, non saria, se non in pezzi, senza il benefizio del vette, potuto condursi.