Le facciate del Duomo di Firenze/La facciata del Duomo ai nostri tempi

La facciata del Duomo ai nostri tempi

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LA FACCIATA DEL DUOMO AI NOSTRI TEMPI



Venendo ai nostri tempi, la prima volta che si cercò di dare finalmente compimento alla Cattedrale di Firenze fu nel 1822; un giovane pensionato a Roma per nome Giovanni Silvestri presentò un disegno, composto di 4 pilastri nei quali erano poste in basso delle edicole; il ballatoio ricorreva per tutta la facciata, e sopra di essa per termine dei pilatri, vi erano in ciascuno di essi una specie di candelabri sorretti ciascuno da due figure, ed in mezzo a questi e sulle navi minori era posto un tempietto per nave. Da quell’anno si va fino al 1842 quando furono proposti due progetti uno dell’Architetto Marchigiano Niccolò Matas, e l’altro di Gian-Giorgio Muller. Nel 1858 sotto il potere granducale fu fatto un bando per costituire l’associazione che doveva raccogliere il capitale necessario per erigere la facciata. L’associazione costituì nel suo seno una deputazione, con a capo S. A. l’arciduca Ferdinando, a vice presidente Mons. Giovacchino Limberti allora arcivescovo di Firenze, erano deputati il Gonfaloniere di Firenze Marchese Berte Dufour, il Principe Don Andrea Corsini, il Cav. Giovan Batta Fossi presidente della Camera di Commercio, il Cav. Bellini delle Stelle. Funzionava da segretario Mario Tabarrini; ma ecco che mentre l’associazione comincia i suoi lavori scoppia la memorabile guerra del 1859 che interrompe tutto.

Peraltro nel 1860 e il dì 22 di Aprile giorno di domenica, il re Vittorio Emanuele pose la prima pietra della facciata del Duomo dando l’iniziativa alle sottoscrizioni con lire Centomila; con tali auspici l’impresa [p. 21 modifica] della facciata del Duomo non poteva fallire. Subito dopo si ricostituiva una nuova deputazione promotrice con a capo S. A. il principe Eugenio di Savoia Carignano; a vice presidente della detta deputazione fu eletto il March. Ferdinando Bartolommei; erano consiglieri il principe Ferdinando Strozzi; il conte Ugolino della Gherardesca il cav. Giovanni Batta Fossi (tesoriere), ed il March. Lotteringo della Stufa (Segretario).

L’8 Novembre 1861 fu bandito il programma di concorso a cui tutti potevano concorrere. Il concorso si chiudeva il 30 Settembre 1862 ed erano assegnati tre premi, il primo di Lire 10080, il secondo di Lire 8400, il terzo di Lire 6720; la deputazione si impossessava dei tre disegni premiati.

La Giurìa era formata di membri scelti fra le primarie accademie di Belle Arti d’Italia ed era così composta:

Camillo Boito per l’accademia di Milano
Pietro Campori » » » Roma
Enrico Alvino » » » Napoli
Alessandro Antonelli » » » Torino
Gaetano Baccani » » » Firenze
Andrea Scala » » » Venezia
Fortunato Lodi » » » Bologna

Funzionava da Segretario Cesare Guasti.

Quantunque venissero prescelti i disegni del Peterson, del Coppi, e del Falconi, i tre premi non furono conferiti.

Allora nel mese di maggio dell’anno 1864 fu riaperto il concorso; si compose una nuova commissione formata, di Massimo d’Azeglio, Giovanni Duprè, Edoardo Van-der Nuli, Domenico Malvezzi, Ernesto Forster, e Coriolano Monti, con a segretario Guglielmo Enrico Saltini.

Furono presentati al giudizio 42 progetti, fra i quali piacquero più quelli del Peterson, dello Scala, del De Fabris e del Majorfi. Il progetto De-Fabris ebbe 4 voti in favore e due contrari; ma terminando con un coronamanto Tricuspidale, piovvero da tutte le parti vivissime proteste, poiché, dicevano, che quel coronamento rompeva l’armonia del resto dell’Edilìzio. Allora il 27 Novembre 1865 fu nuovamente aperto un concorso definitivo formando una nuova Giurìa composta del March. Pietro Selvatico, del Conte Carlo Porta, Prof. Emilio Santarelli, Prof. Giuseppe Bertini, Prof. Ernesto Forster, Cav. Domenico Malvezzi. Prof. Edoardo Van-Der-Null, Segretario il Cav. Ferdinando Martini. Dei quaranta disegni presentati che si esposero al pubblico nel Marzo del 1867 ne furono scelti sei, quelli del Cipolla e dell’Alvino basilicali, quello del Peterson basilicale con ballatoi inclinati, quelli del Partini, del Cipolla e del De-Fabris, Tricuspidali. L’architetto Lasinio espose fuori concorso