Le donne che lavorano/Prefazione

Prefazione

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I. La questione della donna
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ALLE LETTRICI.


Voi, mie fedeli lettrici, vi sorprenderete che dopo avervi parlato della casa come del miglior centro dell’operosità femminile, io venga ora a dirvi:

La casa è bell’e buona come rifugio per riposare dalle fatiche della lotta per resistenza; ma voi pure dovete combattere, uscire dal vostro guscio e procurare di aver la vostra parte al banchetto della vita».

È, che dal giorno ch’io scrissi Il regno della donna il mondo è mutato, e le mie idee si sono andate modificando, come si è modificato l’ambiente in cui viviamo.

La ferrovia, l’elettricità, la diffusione delle idee col mezzo della stampa, le macchine perfezionate, tutto questo ha rimpicciolito e trasformato il mondo, tanto che la vita esteriore ha preso il sopravvento sulla vita interna e l’umanità va prendendo il posto della famiglia. [p. vi modifica]Non so se la trasformazione della casa e della donna sarà un bene o un male, ma è una necessità; e chi non sa piegarsi e modificarsi secondo l’ambiente, muore intristito come il fiore che si piega sullo stelo, quando tutto intorno a lui risorge al soffio vivificante della primavera.

In questi ultimi tempi ho molto studiato il nuovo ambiente che si è andato formando; e quasi una luce nuova ha rischiarato il mio spirito.

Ho veduto la donna del popolo accasciata sotto il peso d’un lavoro superiore alle sue forze, retribuito in modo che le impedisce appena di morire di fame, invecchiata e sciupata prima del tempo, abbandonata il giorno che le sue stanche membra si rifiutano ad un lavoro proficuo.

Ho veduto la donna borghese, se priva di danaro per comperare un marito, intristire fra le pareti domestiche senza la consolazione d’un lavoro che la occupi e la renda indipendente, avvizzire come una pianta priva di luce, oppure divenir acre e ribelle all’ingiustizia che l’opprime; e mi sono persuasa che col progresso dei tempi, [p. vii modifica]col mondo tanto mutato è necessario cambiare le idee che furono per molto tempo le nostre aspirazioni e portare la propria pietra affinchè la società possa esser basata sopra un sistema di maggior giustizia.

Vorrei che la donna, senza diventare una virago, fosse più libera e indipendente; e ora che si parla tanto della causa del debole e dell’oppresso, fosse anch’essa protetta da leggi più giuste e ragionevoli.

Non credo che la donna amerà meno la casa e i figli quando col suo lavoro contribuirà al loro benessere, nè che quando avrà coltivata l'intelligenza vorrà soverchiare l'uomo e tenerlo soggetto; come credo che non perderà nulla della sua femminilità quando sarà dedicata ad occupazioni meno frivole; e se gli sciocchi la deprezzeranno, l’uomo saggio e intelligente la stimerà di più e la troverà più degna d’essergli compagna.

Non parlo della categoria delle donne ricche le quali possono permettersi il lusso di annoiarsi nell’ozio e di stancarsi in mezzo ai piaceri; esse dovrebbero invece adoperare la loro influenza, il loro tempo e le [p. viii modifica] loro ricchezze a beneficio delle compagne diseredate.

Da quando ho comincialo questo libro, che per varie circostanze ho dovuto interrompere, la questione della donna ha fatto grandi progressi, molti pregiudizi contro la sua indipendenza sono caduti e l’idea del suo miglioramento si fa strada trionfalmente.

Ecco perchè voglio esporre, alle mie fedeli lettrici, le mie nuove convinzioni; e se riuscirò ad incoraggiare le fanciulle timide ed esitanti ad imparare un mestiere, a scegliere una professione colla quale possano guadagnarsi da vivere ora che i molti bisogni impostici dal progresso hanno reso la vita più difficile; se riuscirò a far sorgere nelle più fortunate l’idea di occuparsi e di aiutare quelle che sono condannate ad un lavoro improbo e mal retribuito, se riuscirò a risvegliare le anime dormenti delle donne impigrite nell’ozio, ed a far loro apprezzare la gioia sublime del lavoro, mi sembrerà che la mia opera non sia stata inutile.

Cordelia.