Le donne che lavorano/I. La questione della donna
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I.
La questione della donna.
Fra le molte questioni che si agitano nel nostro tempo si può dire che quella della donna è all’ordine del giorno.
Si riuniscono continuamente congressi femministi, si fanno leghe per gl’interessi femminili, i giornali ne parlano, ne sorgono discussioni: l’esistenza della donna si fa sentire anche fuori delle pareti domestiche e ci si accorge che la più numerosa metà del genere umano esiste, e forse in un prossimo avvenire la donna non si contenterà più di essere una macchina per far figliuoli o una bambola da salotto; ma mostrerà che nella lotta libera delle forze individuali ha anch’essa il diritto di combattere per la propria indipendenza.
Ed è certo che il progresso dei tempi ha tanto mutato l’ambiente in cui viviamo, che la condizione della donna deve mutare per forza delle circostanze inevitabilmente; solo resta a sapersi se ciò si potrà fare in breve o lentamente; ma dato l’impulso, non si potrà più ritornare indietro, come non si può impedire ad un torrente di scendere la china dei monti e andare al suo destino.
È già molto che, se non si applaude al movimento in favore della donna, si accetta senza combatterlo, si sopporta senza deriderlo, come non si sarebbe fatto in altri tempi.
È certo però, che per ora la donna è ancora dipendente dall’uomo, il quale aggiunse alla sua forza fisica delle leggi che, mentre lo assolvono, abbandonano e condannano la sua compagna.
Soltanto fra certi popoli barbari, la donna è superiore all’uomo, oppure ciò accadeva in un tempo remoto quando era in vigore la potestà materna e la civiltà non avea dettato delle leggi ingiuste.
Se c’è un risveglio, non bisogna essere impazienti; non è facendo congressi, rivoluzioni, gridando o imprecando che si potrà modificare la sorte della donna, ma bensì aiutando le condizioni favorevoli al suo sviluppo morale e intellettuale.
Col lavoro intanto, la donna potrà emanciparsi economicamente dall’uomo e rendersi indipendente; e fatto il primo passo gli altri verranno da sè senza scosse o battaglie.
Finchè la donna si limiterà a chiacchierare e discutere, non farà molto cammino, ma se coll’opera mostrerà di saper far bene un lavoro finora riserbato all’uomo, tutti s’inchineranno al fatto compiuto e nessuno oserà dire che la donna non è adatta ad un genere di lavori in cui i fatti hanno provato il contrario.
È naturale che per ottenere anche qualche piccola concessione, c’è molto da lottare e molto cammino da fare.
Prima di tutto è difficile anche nelle stesse donne far entrare idee nuove e vincere la forza d’inerzia, per quella tema di ogni novità che ci fa adagiare tranquilli dicendo che si è sempre fatto così e così si può tirare innanzi. Poi c’è da vincere il pregiudizio che fino dal tempo di Demostene vuole che la donna sia destinata a fare figliuoli e custodire la casa, e che volerla togliere alle faccende domestiche sia un voler andare contro natura; e questa asserzione che forse poteva aver qualche valore nei secoli passati si ripete tutti i giorni come se il mondo non avesse fatto nessun passo nella via del progresso e l'ufficio di massaia sia tale da poter occupare tutta la vita e la operosità della donna.
Se invece di ripetere le frasi fatte si volesse un po’ ragionare, si vedrebbe che la donna, esclusivamente massaia, ha fatto il suo tempo, come i menestrelli del medio evo e le parrucche, le portantine e i guardinfanti del settecento.
Una volta l’intera giornata non poteva bastare a tutte le faccende domestiche.
La massaia, oltre a spezzare la legna per accendere il fuoco (e prima dell’invenzione dei fiammiferi ci voleva parecchio tempo) doveva preparare il pranzo, attingere l’acqua fuori di casa, filare, tessere, cucire, far calze, fare il bucato, il pane e tante altre cose che l’industria ora ci fornisce a prezzi minimi, sicché col progresso il lavoro della massaia è andato sempre diminuendo; ed ora le macchine da cucire che permettono di fare in poche ore il lavoro pel quale una volta occorrevano intere settimane, hanno dato l’ultimo colpo ai lavori d’ago che rendevano tanto orgogliose le nostre nonne e le tenevano occupate gran parte della giornata. S’aggiunga che nelle città coll’uso dei fornelli a gas, di acquedotti che portano l’acqua anche nei piani più alti e con tante altre facilitazioni, il governo della casa si riduce ad un semiozio, perchè il porre in assetto qualche stanza modesta e preparare un pasto frugale, come avviene nelle famiglie che non possono permettersi il lusso di pagare dei domestici, non potrà occupare che un paio d’ore; ed ancora mentre bolle la pentola, la massaia potrà dar qualche punto ai vestiti del marito o alla biancheria della casa. E tutte le altre ore come potrà impiegarle? Ad annoiarsi a girare per la città o a mirare le nuvole che passano? È forse un delitto se procura occupandosi utilmente di guadagnare qualche soldo onde aumentare il benessere della famiglia?
Nemmeno i bimbi ora dànno molto pensiero, per chi non può affidarli a nutrici o a bambinaie: ci sono gli ospizii per i lattanti e asili per l’infanzia, poi le scuole e così via di seguito, tanto è vero che nelle classi popolari l’emancipazione della donna si può dire un fatto compiuto e più di due milioni sono le donne occupate in Italia nelle officine. In principio per esservi ammesse hanno dovuto lottare coll’opposizione fatta loro dagli uomini che ne temevano la concorrenza, ma le occupazioni domestiche diminuite e il bisogno di procurarsi un certo benessere, l’insistenza e l’attitudine mostrata a certi lavori e più di tutto l’adesione degl’industriali, che pagandole meno avevano maggiori profitti, hanno dato loro la vittoria, e c’è soltanto da lamentare che lavorino troppo e si sottomettano a lavori faticosi che vanno a scapito della loro salute e di quella delle generazioni future.
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Dove la donna trova maggiori ostacoli e maggiore opposizione è nei lavori d’indole elevata, nelle lettere, nelle scienze, nelle arti. Poche sono quelle che si danno agli studii superiori, che frequentano le Università; e quelle poche non sono ben accolte nè dai professori nè dai compagni, per quanto studiose e diligenti; se riescono ad ottenere una laurea non possono servirsene perchè trovano mille ostacoli e mille pregiudizi che sorgono a sbarrar loro il cammino e dopo aver tanto sudato e affaticato sui libri non riescono a trar alcun profitto dalle loro fatiche, non si contentano di occupazioni materiali e rimangono avvilite e scoraggiate; ma è destino, ogni innovazione deve avere le sue vittime ed esse sono come gli avamposti in una battaglia destinate ad essere sacrificate al trionfo d’un’idea e preparare la strada per le generazioni future.
Si è sempre tentato di distogliere la donna dal dedicarsi agli studi severi, asserendo che non avrebbe mai potuto uguagliare l’uomo nel campo dell’intelligenza, perchè gli antropologhi e i filosofi avevano trovato che il suo cervello pesava meno di quello dell’uomo e da ciò arguivano la sua inferiorità.
Con gli studi più recenti si trovarono false quelle teorie, perchè paragonandolo agli altri organi si vede subito che la massa del cervello è proporzionata al volume del corpo, e se c’è una differenza è favorevole alla donna; poi non è detto che l’intelligenza consista nel peso del cervello, mentre molte volte il cervello d’un imbecille pesa assai più di quello d’un uomo di genio, e se non si badasse che alle sue proporzioni, un bue dovrebbe essere più intelligente d’un cane o d’una formica.
Si trovò sbagliato tutto quello che riguardo al cervello e all’intelligenza si credeva vent’anni fa ed ora si sa di certo che il cervello della donna è più pesante di quello dell’uomo, che la sua struttura istiologica è la stessa; se vi è una leggera differenza è nell’irrigazione del sangue che è più abbondante in quello della donna, ma supplisce al sangue più povero che possiede.
Del resto nessuno sa ancora il vero punto dove ha sede l’intelligenza, dove si forma il pensiero; e perchè poi dovrebbe essere l'uomo diverso da tutti gli altri animali, che vediamo vivere indipendenti senza riguardo al sesso e ognuno, maschio o femmina, soddisfare ai propri bisogni e procacciarsi il nutrimento allo stesso modo?
Se, eccetto che nel periodo della maternità, la leonessa è uguale al leone, il gatto alla gatta, il cavallo alla cavalla, perchè la donna dovrebbe essere diversa dall’uomo?
Se esiste differenza è nell’educazione e nell’ambiente in cui è vissuta finora. Ristretta fra la cerchia delle occupazioni domestiche, non ha potuto sviluppare la sua intelligenza e la sua operosità; in modo’ che in lei si sono affievolite quelle qualità che coll’esercizio si sono fatte nell’uomo; più forti e gagliarde.
Quante intelligenze saranno rimaste assopite, chiuse fra le pareti della casa, occupate di meschine e incessanti cure domestiche? Quanti germi si saranno spenti perchè privi di quel raggio che valesse a scuoterli e a ravvivarli?
Due piante della stessa specie, seminate e coltivate in condizioni diverse, non vegetano allo stesso modo, e due individui anche appartenenti alla stessa famiglia, l’uno posto in un ambiente intellettuale e raffinato e l’altro lasciato crescere in mezzo ai campi, senza istruzione, come un’erba incolta, dopo pochi anni non sembreranno più appartenenti alla stessa famiglia: tanto l’educazione e l’ambiente hanno influenza sulle qualità fisiche, morali e intellettuali dell’individuo.
Da tutto questo si vede possibile che col progresso dei tempi la donna possa anch’ essa sviluppare la propria intelligenza per poter bastare a sè stessa.
Intanto, dagli studi fatti recentemente, dobbiamo concludere che l’intelligenza della donna non è minore di quella dell’uomo, ma è d’un’altra specie; che non esiste inferiorità, ma qualche diversità, sicché non sarà mai identica all’uomo moralmente, come non lo è fisicamente, e come identici non sono nemmeno individui dello stesso sesso; ma che agguerrendosi meglio alle battaglie della vita e ricevendo un’educazione più pratica e più intelligente, avrà maggiori attrattive senza perdere la sua femminilità.
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Abbiamo veduto che ora le faccende domestiche si riducono a così poca cosa che non bastano ad occupare ed a riempire la vita d’una donna, per cui senza far rivoluzioni, purché abbia del coraggio, potrebbe riuscire col tempo e gradatamente ad invadere i campi che finora rimasero chiusi alla sua operosità, e ciò non le impedirebbe d’esser buona moglie e buona madre. Se l’uomo trova tempo di dedicarsi oltre che alla propria professione, alla politica, allo sport, ai divertimenti, non lo potrà trovare la donna per la propria casa e per i propri figli? Anzi il trovarlo le riuscirà facile e piacevole perchè vi si sentirà spinta naturalmente dall’affetto e dalle antiche consuetudini.
E poi il formarsi una famiglia è un problema che diviene ogni giorno più difficile, e migliaia di donne a cui sono negate le gioie domestiche nel lavoro soltanto potranno trovare quel conforto che la società non ha loro concesso e si sentiranno rialzale moralmente all’idea di bastare a sè stesse e al proprio sostentamento, senza aspettare la manna dai genitori, ed essere di peso ai parenti.
Naturalmente la donna dovrà lavorar meno dell’uomo per riserbare le forze all’ufficio della maternità, ma nell’esercizio moderato delle proprie facoltà troverà una fonte di salute. Coll’esercizio si rinvigoriscono i muscoli, si rafforza l’intelligenza, lavorando si mangia con miglior appetito e il nutrimento si assimila con maggior facilità; non c’è tempo di pensare a tanti malucci che spesso sono immaginari o nati e cresciuti nell’ozio; si è più contenti di sè stessi e dei propri simili.
La donna che lavora non avrà tempo di girare per la città a comperare degli oggetti inutili, oppure a dir male del prossimo colle amiche e a farsi corteggiare dai bellimbusti; potrà invece trar profitto dal suo lavoro e contribuire col marito al benessere della famiglia.
In casa avrà degli argomenti meno frivoli e più interessanti per intrattenere il suo compagno, potrà comprenderlo meglio e spiegarsi certe sue preoccupazioni, perchè anch’essa le prova; non lo annoierà perchè la conduca ai divertimenti, perchè dopo una giornata operosa si sentirà anch’essa stanca e avrà voglia di riposare. Se sarà una donna di cuore, serberà sempre una pareo, anzi la migliore, a beneficio della sua casa e dei suoi figli, mentre se non avrà affetto per la famiglia, anche non avendo occupazioni proficue, la trascurerà per l’ozio e i piaceri frivoli.
È naturale, il lavoro non è un divertiimento e richiede dei sacrifici; non può lavorare chi vuole, ma chi fin dalla prima età ha imparato l’abitudine del lavoro e a tener calcolo del tempo; perciò ognuno dovrà scegliere un’occupazione adatta alla propria indole e alla propria inclinazione.
Se secondare le proprie facoltà è un dovere, sforzarle è un delitto; perciò la donna non dovrà sopraccaricarsi di lavoro, ma subordinarlo alle proprie forze e alla condizione della propria famiglia. Se prenderà interesse al proprio lavoro vedrà le sue giornate trascorrere rapidamente senza un minuto di noia, proverà il sublime godimento di chi ha impiegato il tempo utilmente, compiangerà quelle che non hanno mai provato la gioia di compiere un lavoro e di essere utili a sè e alla propria famiglia.
Non mi si venga a dire che la casa e le cure della maternità sono incompatibili con un lavoro continuato e proficuo.
Si è valuto come col progresso dei tempi il governo della casa si è semplificato, e quelle che danno tanta importanza alle modeste occupazioni domestiche vuol dire che non apportandovi ordine ed intelligenza, trascinano tutto il giorno un lavoro pel quale non occorre che poco tempo, oppure esagerano le loro occupazioni per farsi valere maggiormente. In quanto ai figliuoli, potranno occupare per qualche anno, ma non tutta la vita e poi basta sul principio educarli bene e non dar loro cattive abitudini.
Non voglio dire che ora non esiste più famiglia, ma è molto mutata da quello ch'era una volta, basta dare uno sguardo al passato per accorgersene.
Una volta la famiglia era addirittura una tribù: tutti i figli maschi si sposavano in casa, erano sottomessi al padre, e per la madre era un’occupazione importante dirigere una famiglia molto numerosa e composta di persone di età e caratteri diversi.
Ora, non solo quando i figli si sposano, ma spesso quando hanno una professione, escono di casa; le ragazze, se trovano, vanno a marito e si formano piccole famigliuole che si possono condur bene senza fatica e senza sprecar tanto tempo, dove il marito esce pei suoi affari, i bambini vanno a scuola e la moglie ha tutto il tempo, d’annoiarsi se non si dedica a qualche occupazione utile o piacevole.
Poi mettiamo il caso che il marito non riesca a procurarle il sostentamento, qual vita meschina sarà la sua?
Abbiamo un bel ripetere che l’ufficio della donna è di badare alla pentola, come farà se non ha niente da farvi bollire e se non ha imparato il modo di procurarselo? A questo proposito voglio riportare un aneddoto letto in un volume che parla della vita americana:
«Una professoressa di matematica annunciò il suo matrimonio. Una signora europea, d’idee ristrette ed antiquate, le chiese:
— Ma sapete voi far da mangiare?
— No, — rispose la professoressa, — ma ho sulle altre donne il vantaggio che, essendo abituata allo studio, lo imparerei molto facilmente e in ogni caso posso guadagnare colla mia professione abbastanza, per pagare una cuoca.»
La casa, la famiglia, tutte belle cose, ma prima di tutto bisogna vivere; se ognuno penserà ai casi suoi, la famiglia andrà bene come le ruote d’una macchina che funziona perfettamente, e la casa sarà come un porto dove i figli che ritornano dalla scuola e i genitori che vengono dal lavoro si ritroveranno e scambieranno tranquillamente le loro idee, sarà un rifugio lontano dalle tempeste del mondo, un asilo per la vecchiaia dove ognuno potrà riposarsi dalle fatiche passate.