Le cento novelle antiche/Novella XXXI

Novella XXXI

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Qui conta d’uno novellatore di messere Azzolino.


NOVELLA XXXI.


Messere Azzolino avea uno suo novellatore, il quale facea favolare, quando erano le notti grandi di verno. Una notte avvenne che ’l favolatore avea grande talento di dormire. Et Azzolino il pregava che favolasse. Il favolator incominciò a dire una favola d’uno villano ch’avea suoi cento bisanti. Il quale andò a uno mercato a comperare berbici1, et ebbene due per bisante. Tornando con le sue pecore, uno fiume ch’avea passato era molto cresciuto per una grande pioggia che venuta era. Stando alla riva, vide uno pescator povero con uno suo burchiello a dismisura picciolino, si che non vi capea se non il villano et una pecora per volta. Allora il villano cominciò a passare con una berbice, e cominciò a vogare: lo fiume era largo. Voga, e passa. E lo favolatore restò di favolare. Et Azzolino disse: va oltre. E lo favolatore rispose: lasciate passare le pecore, e poi racconterò il fatto; che le pecore non sarebbeno passate in uno anno, sì che intanto puotè bene ad agio dormire.

Note

  1. Berbice, pecora. Forse dal lat. vervex, che val castrone, dice la Crusca.„ — “Viene sicuro dal femminile berbix, originato dal mascolino vervex.„ Menag. Orig. della lingua ital. Potrebbe anche esserci venuto dal francese brebis. Si sa che molte voci hanno pigliate i nostri antichi dalla lingua francese.