Le cento novelle antiche/Novella LXXIV
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Qui conta una Novella d’uno fedele e d’uno signore.
NOVELLA LXXIV.
Uno fedele d’uno signore che tenea sua terra, essendo a una stagione i fichi novelli, il signore passando per la contrada, vide in sulla cima d’un fico un bello fico maturo; fecelsi cogliere. Il fedele si pensò, dacchè li piacciono, io li guarderò per lui. Sì si pensò imprunarlo, e di guardarli. Quando furo maturi, si gliene portò una soma, credendo venire in sua grazia. Ma quando li recò, la stagione era passata; chè n’erano tanti, che quasi si davano a’ porci. Il signore veggendo questi fichi, sì si tenne bene scornato, e comandò a’ fanti suoi che ’l legassero, e togliessero que’ fichi, et a uno a uno li le gittassero entro il volto. E quando il fico li venia presso all’occhio, e quelli gridava: domine, ti lodo. Li fanti per la nuova cosa l’andaro a dire al signore. Il signor disse, perch’elli diceva così? E quelli rispose: messere, perchè io fu’ incorato1 di recare pesche; che s’io l’avessi recate, io sare’ ora cieco. Allora il signore incominciò a ridere, e fecelo sciogliere e vestire di nuovo, e donolli per la nuova cosa ch’avea detta.
Note
- ↑ io fu’ incorato. Io mi era posto in cuore; io ebbi intenzione.