Le cento novelle antiche/Novella LX
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Qui conta come Carlo d'Angiò1 amò per amore.
NOVELLA LX.
Carlo nobile re di Cicilia e di Gerusalem, quando era conte d’Angiò, sì amoe per amore la bella contessa di Teti, la quale amava medesimamente il conte d’Universa. In quel tempo il re di Francia avea difeso2 sotto pena del cuore, che ninuo torneasse. Il conte d’Angiò, volendo provare qual meglio valesse d’arme tra lui e ’l conte d’Universa, sì si provide, e fu con grandissime preghiere a messer Alardo de’ Valleri, e manifestolli dove elli amava, e che si era posto in cuore di provarsi in campo col Conte d’Universa,
pregandolo per amore che accattasse la parola dal re, che solo un torneamento facesse con sua licenzia. Quelli domandò cagione. Il conte d’Angiò l’insegnò in questa guisa. Il re si è quasi beghino, e per la grande bontade di vostra persona elli spera di fare prendere a voi drappi di religione per aver la vostra compagnia. Onde in questa domanda sia per voi chesto in grazia, che uno solo torneamento lasci a voi fedire3. E voi farete quanto che a lui piacerà. E messere Alardo rispose: or mi di’, conte, perderò io la compagnia de’ cavalieri per uno torneamento? E ’l conte rispose: io vi prometto lealmente ch’io ve ne diliberrò. E si fece elli in tale maniera come io vi conterò. Messer Alardo se n’andò al re di Francia, e disse: messere, quando io presi armi il giorno di vostro coronamento, allora portaro arme tutti li migliori cavalieri del mondo; onde io per amar di voi, volendo in tutto lasciare il mondo, e vestirmi di drappi di religione, piaccia a voi di donarmi una nobile grazia, cioè che un torneamento feggia4, là dove s’armi la nobiltà de’ cavalieri, si che le mie arme si lascino in grande festa come si presero. Allora lo re l’otriò5. Ordinossi un torneamento. Dall’una parte fu il conte d’Universa.
E dall’altra il conte d’Angiò. La reina con contesse, dame e damigelle di gran paraggio furo alle loggie, e la contessa di Teti vi fue. In quel giorno portaro arme li fiori de’ cavalieri del mondo dall’una parte e dall’altra. Dopo molto torneare, il conte d'Angiò e quello d’Universa fecero diliverare l’arringo, e l’uno incontro all’altro si mosse, alla forza de’ poderosi destrieri, con grosse aste in mano. Or avvenne che nel mezzo dell’arringo il destriere del conte d’Universa cadde col conte in un monte, onde le donne discesero delle loggie, e portarlone in braccio molto soavemente. E la contessa di Teti vi fue. Il conte d’Angiò si lamentava fortemente, dicendo: lasso! perchè non cadde mio cavallo, siccome quello del conte d’Universa, che la contessa mi fosse tanto di presso, quanto fu a lui. Partito il torneamento, il conte d’Angiò fu alla reina, e chiesele mercè, che ella per amore de’ nobili cavalieri di Francia dovesse mostrare cruccio al re; poi nella pace li domandasse un dono, e ’l dono fosse di questa maniera: che al re dovesse piacere, che giovani cavalieri di Francia non perdessero sì nobile compagnia, come era quella di messere Alardo di Valleri. La reina così fece. Crucciò col re, e nella pace li domandò quello che ella volea. E ’l re le promise il dono. E fu diliberato messer Alardo di ciò ch’avea
promesso, e rimase con gli altri nobili cavalieri torneando e facendo d’arme, siccome la rinomea per lo mondo si corre sovente di grande bontade e d’oltremaraviglioseFonte/commento: 170 prodezze.
Note
- ↑ Qui conta come Carlo d'Angiò. Nella stampa del Benedetti ha Carlo Magno. È manifesto che s’è fatto Magno in luogo d’Angiò, che dovea esser nell’originale. Da dangio a Magnio, come scrivevasi allora, è facile lo scambio. Nella impressione del 72 si fece d’Angiò.
- ↑ avea difeso. Difendere per vietare è gallicismo; e quantunque trovisi anche in altri scrittori del trecento, oggi non è da usarsi, se non forse da qualche poeta tiratovi dalla necessità della rima.
- ↑ lasci a voi fedire. Fedire torneamento, lo stesso che giostrare. Che lasci a voi fare una sola giostra.
- ↑ un torneamento feggia. “Feggia, terminazione antica dal verbo fedire, che si dicea, come or da vedo, veggio.„ Borghini. Usò questa voce anche Dante.
- ↑ l’otriò. L’edizione di Bologna ha per errore di stampa ottiò. Otriare, voce antica, corrisponde al francese octroier, e vale concedere. Il Menagio deriva questo verbo dallo spagnolo otorgar.