Le Laude (1915)/XXVIII. De la impazienzia che fa tutti li beni perdere

XXVIII. De la impazienzia che fa tutti li beni perdere

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XXVIII. De la impazienzia che fa tutti li beni perdere
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XXVIII

De la impazienza che fa tutti li beni perdere

     Assai me sforzo a guadagnare — se ’l sapesse conservare.
     Relioso sí so stato, — longo tempo ho procacciato;
ed aiolo sí conservato, — che nulla ne pos mostrare.
     Stato so en lezione, — esforzato en orazione,
mal soffrir a la stagione — ed al pover satisfare.
     Stato so en obedenza, — povertate e sofferenza;
castetate abbe en piacenza — secondo ’l pover mio afare.
     E molta fame sostenía, — freddo e caldo soffería;
peregrino e longa via — assai m’è paruto andare.
     Assai me lievo a matutino — ad officio divino,
terza e nona e vespertino — po’ compieta sto a veghiare.
     E vil cosa me sia ditta, — al cor passa la saitta;
e la lengua mia sta ritta — ad voler fuoco gettare.
     Or vedete el guadagnato, — co so ricco ed adagiato!
ch’un parlar m’ha sí turbato — ch’a pena posso perdonare.