Le Laude (1915)/XII. Como l'anema deventa morta per el peccato
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | XI. De l'anema contrita de l'offesa di Dio | XIII. Como l'anima viziosa è inferno ; e per lume de la grazia poi se fa paradiso | ► |
XII
Como l’anema deventa morta per el peccato
Sí como la morte face — a lo corpo umanato,
molto peio si fa a l’anema — la gran morte del peccato.
Emprima la morte al corpo — sí glie fa mortal ferita
che da omne membro i tolle — e scarporiscene la vita;
glie membra perdon l’uso — poi che la vita è finita;
l’anema poi s’è partita, — lo corpo torna anichilato.
Lo peccato piú che morte — si fa sua ferita dura;
ché a l’alma tolle Dio — e corrompegl sua natura;
lo ben non pò operare; — ma li mali en gran plenura
cader en tanta affrantura — per cusí vil delettato.
Questa morte tol al corpo — la bellezza e ’l colore,
e la forma è sí desfatta, — ch’a veder dá un orrore;
non se trova sí securo — che nogl generi pavore
de veder quel terrore — de l’aspetto desformato.
Lo peccato sí fa a l’alma — sí terribele ferita,
che glie tolle la bellezza — che da Dio era insignita;
chi vedere la potesse — sí glie tollería la vita;
la faccia terribilita — crudel morte è ’l suo sguardato.
Questa morte sí fa el corpo — putredissimo, fetente;
e la puza stermenata — che conturba molta gente;
non si trova né vicino — né amico né parente
che voglia esser sofferente — de averlo un giorno a lato.
Tutta puza che nel mondo — fusse ensemora adunata,
solfenal de corpo morto — ed omne puza de privata
sí seria moscato ed ambra — po’ ’l fetor deglie peccata;
quella puzza stermenata — che lo ’nferno ha ’nputedato.
Questa morte naturale — a lo corpo par che dia
la ferita che gli tolle — omne bona compagnia;
d’esto mondo l’ha gettato — che privato fuor ne sia,
co se fa la malsanía — che dai sani è separato.
Lo peccato sí fa a l’alma — la ferita cusí forte,
che li tolle Dio e i santi — e gli angeli con lor sorte;
de la chiesa è sbandita — e serrate i son le porte
e gli beni i son estorte — che nulla parte i sia dato.
Questa morte naturale — dá la sua percussione
che la carne sí sia data — a li vermi en comestione;
e li vermi congregati — d’esto corpo fon stacione;
non è fra lor questione — che ’l corpo non sia devorato.
Lo peccato sí fa a l’alma — la terribel sua usanza;
ché è data a le demonia — che stia en lor congreganza;
non la posson consumare, — fongli mala vicinanza;
dangli pene en abondanza — che convene al loro stato.
L’ultima che fa la morte — che dá ’l corpo a sepultura;
né palazo i dá né corte, — ma è messo en estrettura;
la lungheza e la lateza — molto glie se dá a mesura;
scarsamente la statura — so la terra è tumulato.
Lo peccato mena l’alma — al sepolcro de lo ’nferno;
e loco sí è tumulata — che non esce en sempiterno;
frate, lassa lo peccato — che te ce mena traenno;
poi ch’èi scritto nel quaderno, — averai cotal pagato.