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lauda xii | 23 |
Questa morte naturale — a lo corpo par che dia
la ferita che gli tolle — omne bona compagnia;
d’esto mondo l’ha gettato — che privato fuor ne sia,
co se fa la malsanía — che dai sani è separato.
Lo peccato sí fa a l’alma — la ferita cusí forte,
che li tolle Dio e i santi — e gli angeli con lor sorte;
de la chiesa è sbandita — e serrate i son le porte
e gli beni i son estorte — che nulla parte i sia dato.
Questa morte naturale — dá la sua percussione
che la carne sí sia data — a li vermi en comestione;
e li vermi congregati — d’esto corpo fon stacione;
non è fra lor questione — che ’l corpo non sia devorato.
Lo peccato sí fa a l’alma — la terribel sua usanza;
ché è data a le demonia — che stia en lor congreganza;
non la posson consumare, — fongli mala vicinanza;
dangli pene en abondanza — che convene al loro stato.
L’ultima che fa la morte — che dá ’l corpo a sepultura;
né palazo i dá né corte, — ma è messo en estrettura;
la lungheza e la lateza — molto glie se dá a mesura;
scarsamente la statura — so la terra è tumulato.
Lo peccato mena l’alma — al sepolcro de lo ’nferno;
e loco sí è tumulata — che non esce en sempiterno;
frate, lassa lo peccato — che te ce mena traenno;
poi ch’èi scritto nel quaderno, — averai cotal pagato.