Le Danaidi/Libro secondo/Le Ninfe di marmo
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LE NINFE DI MARMO
Del mar fremente a specchio, ove si scheggia
La riva e larga si distende in arco,
Fitto di smisurate arbori il parco,
E denso di secrete ombre, nereggia.
Il parco annoso cui dall'alto scopre
Austero in vista il baronale ostello,
L'ostel, di vite già sonoro e d'opre,
Muto e tristo oggimai come un avello:
In mezzo a un prato d'ingiocondo tasso
Ricinto, intorno a un'erma di Pomona,
Dodici ninfe di polito sasso
Tra i fiori e l'erbe formano corona.
In atto stan di danzatrici, e l'ima
L'altra mirando, immobile sorride:
Tali le vide il sol, tali la luna,
Son già più di trecento anni, le vide.
Intorno ad esse inaridir le fonti
Scherzose e i queti laghi di cristallo:
Esse non declinâr le bianche fronti,
Non ritrassero il pie dal muto ballo.
Tutta perì, guardando il cielo e il mare,
La stirpe stanca dei signor del loco:
Esse da lunge videro le bare
Passar tra 'l verde e non cessâr dal gioco.
Di tanto in tanto un'arbore nel folto
Per troppa età ruina all'improvviso:
Non lascian esse di guardarsi in volto,
Sempre ridendo dell'istesso riso.
E senza fine alto volando il vento
Empie di voci e di sospiri il bosco,
E senza fine il mar, lucido o fosco,
Rompe alla riva con cupo lamento.