Lasciai le rive del bellissim'Arno
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XLIII
AL SIG. JACOPO CICOGNINI
Sospira la quiete fuor della Corte Romana.
Lasciai le rive del bellissim’Arno,
Rive da me fuor di misura amate,
Bramoso di veder l’onde sacrate
Dell’almo Tebro, ed or le veggio indarno;
5Non perchè Roma dentro se non chiuda
Ingegni illustri, ed in virtù supremi;
O perchè nieghi avaramente i premi
A chi per via d’onor travaglia e suda:
Perciò non già; fora parlare invano,
10Negar del Vatican gl’incliti pregi,
Se lo cosparge d’ornamenti egregi
L’alta bontà del sacrosanto Urbano.
Tutto ciò, che d’ulivo, e che d’alloro
Fa che fronte gentil quaggiù s’adorni,
15Chiaro vi splende, e se ne vanno i giorni
In guisa tal, che hanno a chiamarsi d’oro.
Io fui de’ lusinghier sempre nemico:
Non sorga, o Cicognin, chi mi condanni,
Fra’ sette colli d’ôr si volgon gli anni;
20D’ôr, ma d’oro contrario all’oro antico.
Allor d’oltraggi la stagion sicura
Di riposo accendea tutti i desiri,
Ne v’ebbe folle cor, che con martíri
Amasse di comprar lieta ventura
25Oggidì che diremo? Alma contenta
Rimirarsi non sa d’ozio gentile;
Anzi il valore e la virtute è vile,
Se con lungo sudor non ci tormenta.
Con pensieri inquïeti a sè nemici,
30Ciascun di ceppi qui diviene amante,
Che l’alme in val del Tebro han per costante
Farsi con lucid’ostro i guai felici.
O rive d’Arno, o Fiesolane piagge,
Ove un Sole Oriente oggi risplende1;
35Deh chi di me pietoso a voi mi rende,
Ed a questi tumulti, ahi! mi sottragge?
Io solitario, e fin dagli anni acerbi
Uso alle selve, odio palagi alteri,
Nè soffro onda di Duci in su’ destrieri,
40E grandi in toga gareggiar superbi.
Però bramo oggimai giunto all’Occaso
Pur boschi, ma d’allôr cinto le chiome,
Ed ivi alzar di Ferdinando il nome,
Destinato Signor del mio Parnaso.
Note
- ↑ Allude a Ferdinando II, che regnava in età minore sotto la tutela della madre e dell’avola.