Gabriela Willeit

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L'asimmetria della disciplina a tutela delle minoranze linguistiche in Italia
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Nella Costituzione della Repubblica italiana la disposizione principale riguardante le minoranze linguistiche è dettata dall’articolo 6: “La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche”. L’articolo 6 fu approvato dall’Assemblea Costituente come reazione alla politica fascista1 che aveva, nei decenni precedenti, esaltato in modo ossessivo i valori dell’unità della nazione, adottando una politica repressiva e promovendo frequenti azioni di assimilazione forzata2 . Dopo un animato dibattito questa disposizione costituzionale fu inserita tra i Principi Fondamentali della Costituzione3 , poiché si ritenne che la tutela delle situazioni minoritarie dovesse comunque riguardare l’intera Repubblica e non solo singole autonomie regionali4 . Così anche l’uso terminologico di “Repubblica” invece di Stato all’interno dell’articolo 6 non può che significare che la tutela delle minoranze linguistiche è un compito che incombe a tutte le autorità dell’ordinamento, a tutti i livelli di governo e non soltanto allo Stato5 .

I criteri in base ai quali un gruppo sociale si trasforma in minoranza sono sempre di carattere pre-giuridico6 . È pacifico, per quanto riguarda le minoranze linguistiche, che si tratti di un concetto relativo, impiegato per identificare comunità numericamente inferiori al resto della popolazione di uno Stato, o in ogni caso in posizione non dominante, i cui membri sono cittadini dello Stato stesso, che sono connotate da tratti differenziali comuni e manifestano, quanto meno implicitamente, la volontà di preservare la loro cultura, tradizione, religione, e lingua7 .

Manca però a tutt’oggi una definizione di minoranza che sia universalmente riconosciuta. L’omissione di una definizione generale del concetto di minoranza sia sul piano interno che sul piano internazionale è anche frutto della volontà degli Stati di conservare le proprie prerogative sovrane “selezionando” i gruppi ritenuti meritevoli. Infatti, solo attraverso un atto formale di riconoscimento di questi fattori di rilevanza sociale e politica, i criteri di Gabriela Willeit L’asimmetria della disciplina a tutela delle minoranze linguistiche in Italia 1 Del Giudice F., (a cura di), La Costituzione esplicata, Napoli, 2006. 2 Si pensi per esempio all’italianizzazione per opera di Ettore Tolomei, dei cognomi e dei toponimi in Alto Adige. 3 Artt. 1-12 della Costituzione della Repubblica italiana. 4 Per le vicende evolutive dell’articolo 6 si veda Bifulco R., Celotto A., Olivetti M., (a cura di), Commentario alla Costituzione, Milano, 2006. 5 Woelk J., Il rispetto della diversità: La tutela delle minoranze linguistiche, in Casonato C., (a cura di), Lezioni sui principi fondamentali della Costituzione, pag. 177, Torino, 2010. 6 Per studi in argomento cfr. in particolare Shaw M.N., The Definition of Minorities, citato in Piergigli V., Diritti dell’uomo e diritti delle minoranze nel contesto internazionale ed europeo: riflessioni su alcuni sviluppi nella protezione dei diritti linguistici e culturali, in Rassegna Parlamentare 1/1996, pp. 33 ss., nota 6. 7 Bifulco R., Celotto A., Olivetti M., (a cura di), Commentario cit., pag. 157.

distinzione di una minoranza possono acquisire rilevanza giuridica8 . L’articolo 6 costituisce in questo senso una norma di principio che deve essere attuata dal legislatore nazionale, al quale è lasciata ampia discrezionalità nella scelta fra una normativa a carattere generale, oppure una normativa speciale con cui regolare situazioni minoritarie differenti. Questa discrezionalità concessa nel dare attuazione alla norma dell’articolo 6 spiega in qualche modo, ma non giustifica, il lungo, lento e parziale processo di concretizzazione della disposizione prevista dall’articolo 6. Ci sono infatti voluti più di cinque decenni affinché il legislatore italiano emanasse, attraverso la legge-quadro n. 482 del 1999 , una disciplina generale d’attuazione dell’articolo 6 della Costituzione. L’Italia è caratterizzata da una forte asimmetria nella tutela delle minoranze. Mentre le minoranze “nazionali” (la minoranza francofona della Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, la minoranza germanofona del Trentino-Alto Adige/Südtirol e la minoranza slovena del Friuli Venezia Giulia) godono dagli inizi della Prima Repubblica di uno status giuridico privilegiato, attraverso la garanzia di un livello elevato di protezione fondata sull’autonomia speciale10, risaltava fino a poco più di un decennio fa la quasi assenza di tutela per gli appartenenti ai restanti gruppi alloglotti insediati sul territorio nazionale. In assenza di un riconoscimento, il fondamento della tutela per tutti gli altri gruppi linguistici minoritari doveva, prima, dell’emanazione della suddetta legge-quadro n. 482/99, essere ricercato soltanto nel disposto generale dell’articolo 6 Cost.

Il diverso grado di tutela per le situazioni minoritarie in Italia ci permette oggi di suddividere le minoranze linguistiche in tre categorie11: le minoranze che sono riconosciute e “superprotette” attraverso le autonomie speciali; le minoranze riconosciute a tutela eventuale, da attivare attraverso le procedure previste nella legge n. 482 del 1999, e le minoranze non riconosciute, e perciò non protette, come i gruppi di immigrati, oppure i Sinti e i Rom. Gli appartenenti a gruppi minoritari che non sono riconosciuti dall’ordinamento possono solo fare riferimento alle garanzie individuali, che si basano in questo caso soprattutto sul principio di non discriminazione e sui diritti fondamentali individuali. Le minoranze c.d. superprotette sono a loro volta soggette a modalità di tutela differenti. Mentre per esempio in Valle d’Aosta si è optato per un bilinguismo diffuso e una parificazione della lingua italiana e francese, in Alto Adige si è seguita la strada del separatismo linguistico, che garantisce maggiori diritti di tutela in forma assoluta per la lingua minoritaria a livello statale, ma favorisce anche l’acuirsi dei contrasti tra i diversi gruppi linguistici12. La minoranza linguistica slovena in Friuli Venezia Giulia invece, non ha mai potuto 8 Woelk J., Il rispetto della diversità cit., pag. 182. 9 Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche. 10 Bisogna ricordare che nei confronti di queste minoranze riconosciute sono intervenuti, oltre all’incisività numerica e alla dimensione territoriale già presenti, obblighi internazionali che hanno reso necessarie e opportune l’attribuzione alle “minoranze maggiori” di forme di autonomia territoriale e l’adozione di norme interne di rango costituzionale. 11 Cfr. in particolare Palici di Suni Prat E., Intorno alle minoranze, Torino, 1999, pp. 29 ss. 12 Palici di Suni Prat E., La legge italiana sulla tutela delle minoranze linguistiche storiche nel quadro europeo, in Diritto pubblico comparato e europeo, 1/2000, pag. 110.

usufruire di norme statutarie indirizzate in particolare alla sua protezione. Nello statuto speciale del Friuli Venezia Giulia è contenuto solo un riferimento generale alla tutela delle caratteristiche etniche e culturali dei gruppi linguistici13. Con la legge regionale n. 38 del 23 febbraio 2001 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli Venezia Giulia) si è cercato di dare più organicità al sistema di tutela della minoranza slovena14.

Per quanto riguarda molti altri gruppi alloglotti presenti in Italia, essi hanno ottenuto un riconoscimento giuridico soltanto dopo l’approvazione della legge-quadro nazionale n. 482/1999. Le minoranze linguistiche elencate dalla legge-quadro n. 482/1999 che dopo più di cinquant’anni hanno ottenuto un riconoscimento dallo Stato Italiano15 godono di una tutela di tipo meramente eventuale. Infatti la loro protezione dipende soprattutto dalla volontà sociale e politica di dare attuazione concreta ai meccanismi di tutela previsti dalla legge. Questa legge dà pertanto luogo ad una tutela alquanto differenziata dei vari gruppi minoritari e ciò in conseguenza della implementazione concreta della legge di cui ogni minoranza potrà godere.

Nella terza categoria rientrano invece le minoranze che non sono state riconosciute dalla legge-quadro del 1999 e che perciò non sono protette. Questi gruppi minoritari, anche se in possesso del requisito soggettivo della richiesta di riconoscimento come gruppo distinto, non hanno ottenuto il riconoscimento da parte del potere pubblico e perciò sono giuridicamente irrilevanti e non godono di alcuna tutela specifica, ma soltanto di garanzie individuali che si fondano sul principio di non discriminazione. L’esempio della minoranza linguistica ladina Come esempio paradigmatico della presenza di una disciplina e di conseguenza di una tutela asimmetrica delle minoranze linguistiche in Italia, si desidera in questo luogo fare riferimento alla situazione della minoranza linguistica ladina16. I Ladini si presentano come un’unica minoranza linguistica, che gode di un diverso grado di tutela a seconda della Provincia in cui è presente. Per quanto riguarda i Ladini delle 13 Articolo 3 della legge costituzionale n. 1 del 31 gennaio 1963, (Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia): “Nella Regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento a tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche etniche e culturali.” 14 Attraverso ulteriori testi normativi la Regione Friuli Venezia Giulia ha disciplinato la tutela delle altre minoranze linguistiche presenti sul territorio, si menzionano in questo luogo la legge n. 29/2007, (Norme per la tutela, valorizzazione e promozione della lingua friulana) e la legge n. 20/2009, (Norme di tutela e promozione delle minoranze di lingua tedesca del Friuli Venezia Giulia). 15 Cfr. art. 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482: In attuazione dell’articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il francoprovenzale, il friulano, il ladino, l‘occitano e il sardo. 16 Per un’analisi più approfondita in argomento si rimanda a Willeit G., Lo status giuridico della minoranza linguistica ladina, Tesi di laurea, Trento, 2010.

Province autonome di Bolzano e Trento essi godono dello status di minoranza c.d. superprotetta17, perché sono presenti in un territorio che gode dell’autonomia speciale proprio grazie alla particolarità di regione di confine e alla presenza della minoranza linguistica tedesca dell’Alto Adige. Rispetto al gruppo linguistico tedesco dell’Alto Adige, i Ladini presenti in questa Provincia autonoma non godono però di un livello di tutela così elevato18, mentre la comunità ladina presente nella Provincia autonoma di Trento usufruisce di un livello di tutela relativamente sviluppato19 rispetto alle altre due minoranze più piccole, dei Cimbri e dei Mòcheni ivi presenti. In Provincia di Belluno invece i Ladini godono meramente dello status di minoranza linguistica riconosciuta attraverso la legge quadro n. 482/1999, e la loro tutela dipende perciò soprattutto dal grado e dall’effettiva attuazione di questa legge. Per completare il cerchio si cita in questo luogo anche la situazione particolare dei Nonesi e dei Solandri. I risultati dell’ultimo censimento generale della popolazione nel 2001 hanno infatti dimostrato che in Val di Non e in Val di Sole c’è una parte della comunità che presenta i principali indici di riconoscibilità di una minoranza linguistica, ossia l’uso di una lingua differente da quella della maggioranza e il comune sentimento d’appartenenza ad una formazione sociale che si distingue dal resto della popolazione del Paese.

I risultati del censimento e la richiesta di riconoscimento come minoranza linguistica ladina20 indirizzata alla Provincia autonoma di Trento non hanno però, fino ad oggi, ottenuto risposta positiva.

Il differente grado di tutela dei Ladini è in realtà una conseguenza assurda degli avvenimenti storici che hanno portato alla divisione di questo gruppo linguistico in tre distinte Province. Non c’è alcuna spiegazione che giustifichi coerentemente lo status giuridico asimmetrico attuale dei Ladini, se ci si basa sul dispositivo dell’articolo 6 della Costituzione, che “tutela con apposite norme le minoranze linguistiche” e che persegue attraverso la legge n. 482/1999 la tutela di una sola minoranza ladina e non di più minoranze linguistiche ladine. Per ciò che riguarda la tutela delle minoranze in Italia sotto un profilo generale, è dunque stato sostenuto che si possa parlare di una Costituzione asimmetrica21: se da un lato la Costituzione garantisce il principio generale di rispetto e di promozione della diversità e riconosce il diritto di essere diversi, dall’altro lato questo principio e questo diritto non sono riconosciuti e garantiti in modo uniforme per tutti, ma vengono riconosciuti nei loro contenuti caso per caso, con il fine di trovare in ogni situazione l’equilibrio giusto tra la differenza ammessa e l’uguaglianza richiesta dal diritto generale. 17 Palermo F., La tutela delle minoranze nell’ordinamento italiano, in Pfoestl E., (a cura di), Valorizzare le diversità: tutela delle minoranze ed Europa multiculturale, Roma 2003, pag. 198. 18 Si rimanda a mero titolo esemplificativo agli artt. 50 comma 2 e 91 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670: approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige. 19 Cfr. per esempio art. 48 comma 3 del D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 che garantisce l’assegnazione di un seggio nel Consiglio provinciale al territorio coincidente con i comuni d’insediamento della minoranza linguistica ladina. 20 Cfr. il sito dell’Associazione Rezia che opera in questo ambito: www.associazionerezia.it. 21 Woelk J., Il rispetto della diversità cit., pag. 198.