Gianpiero Ponti

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La segnaletica stradale bilingue: salvaguardia e promozione del ladino nell'alto Bellunese
6 Ladin! 2011

Gianpiero Ponti

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La segnaletica stradale bilingue: salvaguardia e promozione del ladino nell'alto Bellunese


In un articolo apparso sul numero di giugno 2010 di questa rivista è stato descritto ed analizzato il percorso che ha portato all’adozione di segnaletica stradale verticale bilingue nel territorio ladino altobellunese1 . Quale risultato ottenuto grazie alla stretta collaborazione fra l’Istituto Ladin de la

1 Nel linguaggio tecnico del Codice della strada “segnali verticali” indica ciò a cui comunemente ci si riferisce con l’espressione generica “cartelli stradali”. La qualifica “orizzontali” rimanda invece ai vari segnali tracciati sulla strada.

I progetti presi in considerazione nel precedente articolo (G. Ponti, “Legge 482/99: i Progetti della Provincia di Belluno in materia di toponomastica ladina”) sono quelli che l’Amministrazione provinciale di Belluno realizza a favore dei 35 Comuni che aderiscono al suo Istituto di cultura ladina, l’Istituto Ladin de la Dolomites di Borca di Cadore. 2 L’impellenza della realizzazione dei progetti finanziati dallo Stato diede impulso all’adozione di una grafia ladina unificata elaborata con metodo scientifico. Inoltre la segnaletica da installare ha caratteristiche identiche per tutto il territorio, allo scopo di unificare e caratterizzare la zona in oggetto rispetto al resto del territorio provinciale. Per i dettagli si veda l’articolo citato. 1

Dolomites, la Provincia ed i Comuni, già allora emergeva la caratterizzazione del territorio sulla base di elementi identitari autentici, costituenti un minimo comun denominatore capace di unificare realtà simili, ma distanti l’una dall’altra per ragioni di ordine geografico ed anche storico2 . Giustamente in quella sede si disse che tutto ciò era stato reso possibile dalle risorse economiche messe a disposizione dallo Stato con il finanziamento della legge n. 482 del 1999, nell’ambito dei quali fondi è prevista una specifica voce per progetti in materia di toponomastica3 .

Quelle prime osservazioni necessitano però di essere precisate e sviluppate, perché non sorga un’erronea convinzione, e cioè che quanto è stato fatto finora nella nostra provincia sia propriamente e direttamente attuazione delle norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche. Infatti l’attuale segnaletica stradale verticale bilingue di localizzazione territoriale dei confini comunali, che manifesta la ladinità delle valli bellunesi, avrebbe potuto essere legalmente installata a prescindere dalle disposizioni specifiche della legge n. 482 del 1999.

E non solo. Sulla scorta di semplici scelte a livello locale, tutti i 69 Comuni del Bellunese potrebbero avere sui propri confini la stessa segnaletica che oggi hanno i paesi ladini4 . Invero, potrebbero averle tutti i Comuni italiani, poiché il Codice della strada prevede che si possano “utilizzare, nei segnali di localizzazione territoriale del confine del comune, lingue regionali o idiomi locali presenti nella zona di riferimento, in aggiunta alla denominazione 3 Di fatto, i progetti toponomastica 482/99 presentati ogni anno dall’Amministrazione provinciale di Belluno ottengono il finanziamento ogni 2/3 anni. A questa voce lo Stato non finanzia studi e pubblicazioni in materia di toponomastica, ma segnaletica. 4 Comprese le appendici con saluti di benvenuto e commiato bilingui poste al di sotto delle targhe con la denominazione bilingue del Comune, in quanto tali aggiunte sono segnali turistici. Vedi infra Nota 25. 5 Cfr. Art. 37, comma 2-bis, del Codice della strada. Il corsivo è nostro. Lo stesso articolo, al primo comma, stabilisce quali siano i soggetti cui spetta l’apposizione e la manutenzione della segnaletica: a seconda dei casi, gli enti proprietari delle strade o i comuni. 6 Si tratta della sent. n. 88 del 2011, scaturita da un ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per il giudizio di costituzionalità su di una singola disposizione contenuta nella legge regionale Friuli Venezia Giulia n. 5 del 2010 “Valorizzazione dei dialetti di origine veneta parlati nella regione Friuli Venezia Giulia”. Nel citare la Corte si riportano in corsivo parole e locuzioni che nella sentenza sono virgolettate. nella lingua italiana”5 .

Non c’è quindi un riferimento limitato alle lingue o, ancora più restrittivamente, a quelle delle minoranze linguistiche storiche riconosciute e tutelate dallo Stato. Al contrario, è palese che si faccia riferimento anche ai dialetti italiani.

Recentemente ciò è stato ribadito anche dalla Corte costituzionale, in una cui sentenza6 si legge: “... la speciale legislazione di tutela delle minoranze linguistiche storiche non esaurisce la disciplina sollecitata dalla notoria presenza di un assai più ricco e variegato pluralismo culturale e linguistico, che va sotto i termini di lingue regionali ed idiomi locali, per utilizzare il linguaggio usato dal legislatore statale nell’art. 1 del decreto legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 1° agosto 2003, n. 214, o di dialetti, idiomi o anche vernacoli, come si esprime l’Avvocatura generale dello Stato...”. Inoltre, sempre nel contesto della stessa sentenza, la Corte afferma che la legge n. 482 del 1999 “si riferisce esclusivamente alla tutela delle minoranze linguistiche storiche, caratterizzate non solo dalla loro particolare origine storica, ma anche dal loro significativo insediamento in precise aree territoriali.

7 I segnali di località e localizzazione sono soltanto una parte della segnaletica verticale di indicazione prevista dal Codice, ovvero dei segnali che forniscono agli utenti della strada informazioni necessarie per la corretta e sicura circolazione, nonché per l’individuazione di itinerari, località, servizi ed impianti stradali (art. 124 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada). Restano esclusi dalle presenti osservazioni segnali quali quelli di direzione, conferma, itinerario ed altri. Segnaletica fornita dall'Amministrazione provinciale in esecuzione del Progetto ex Lege 482/99. (Foto G. Ponti) Sicché, essa attribuisce ai loro appartenenti una serie di speciali diritti...”.

Allora resta da chiedersi quale sia la segnaletica stradale con testi bilingui che sta oltre il caso previsto dall’art. 37 del Codice della strada e la cui adozione costituirebbe esercizio di uno “speciale diritto”, esclusivo delle minoranze linguistiche storiche. Cosa potrebbe essere adottato nel territorio ladino (e germanofono) e non anche nel resto della provincia?

Qui di seguito ci limitiamo a trattare la segnalazione dei nomi delle località7 , ambito in cui il Codice prevede casi di obbligatorietà e casi di facoltà.

In particolare, come si vedrà più avanti, l’obbligo della segnalazione riguarda il “centro abitato”, entità geografica che nel contesto della normativa stradale rileva a vari fini e della quale viene pertanto fornita una precisa definizione: “insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada” (art. 3, Codice della strada).

Nella realtà del linguaggio comune si riscontrano però imprecisioni e promiscuità nella terminologia che fa riferimento alle varie tipologie di località, soprattutto se abitate. É quindi opportuno dare conto di alcune nozioni di realtà geografiche che 8 Le definizioni che seguono sono tratte dal Glossario del 14° Censimento Generale della Popolazione e delle Abitazioni (Censimento 2001), reperibile all’indirizzo http://dawinci.istat.it. 9 Per il centro abitato la definizione ISTAT differisce da quella del Codice della strada. L’una ha a fondamento fenomeni di aggregazione e di gravitazione sociale, l’altra poggia su di un dato quantitativo (il numero di fabbricati). 10 La nozione di quartiere rimanda alle suddivisioni interne al centro abitato, o meglio, alle sue componenti. 11 La definizione ha delle ulteriori precisazioni. Ne riportiamo alcune di particolare interesse per il territorio di cui trattiamo, alpino-rurale e turistico. Carattere di nucleo è riconosciuto anche a: gruppo di case, anche minimo, vicine tra loro, situate in zona montana, quando vi abitino almeno due famiglie e le condizioni della viabilità siano tali da rendere difficili e comunque non frequenti i rapporti con le altre località abitate (nucleo speciale montano); all’aggregato di case (dirute e non dirute) in zona montana, già sede di numerosa popolazione ed ora completamente o parzialmente disabitato a causa dello spopolamento montano (nucleo speciale montano già nucleo ora spopolato); ai fabbricati di aziende agricole e zootecniche noti nelle diverse regioni con varie denominazioni anche se costituiti da un solo edificio, purché il numero di famiglie in esso abitanti non sia inferiore a cinque (nucleo speciale azienda agricola e/o zootecnica); agli insediamenti residenziali con popolazione non stabile, occupati, stagionalmente a scopo di villeggiatura, di cura, ecc., con almeno 10 abitazioni (nucleo speciale insediamento residenziale con popolazione non stabile). hanno notevole rilevanza soprattutto a fini statistici pubblici e sono così oggetto di definizione da parte dell’ISTAT8 .

Infatti in occasione di ogni censimento della popolazione e delle abitazioni esso pubblica i dati relativi ai residenti ed aggiorna l’elenco di tutti i centri abitati d’Italia. La località abitata è l’area più o meno vasta di territorio, conosciuta di norma con un nome proprio, sulla quale sono situate una o più case raggruppate o sparse, e può essere di tre tipi: centro abitato, nucleo abitato, case sparse. Il centro abitato9 è costituito da un aggregato di case contigue o vicine con interposte strade, piazze e simili, o comunque brevi soluzioni di continuità per la cui determinazione si assume un valore variabile intorno ai 70 metri, caratterizzato dall’esistenza di servizi od esercizi pubblici (scuola, ufficio pubblico, farmacia, negozio o simili) costituenti la condizione di una forma autonoma di vita sociale, e generalmente determinanti un luogo di raccolta ove sono soliti concorrere anche gli abitanti dei luoghi vicini per ragioni di culto, istruzione, affari, approvvigionamento e simili, in modo da manifestare l’esistenza di una forma di vita sociale coordinata dal centro stesso. I luoghi di convegno turistico, i gruppi di villini, alberghi e simili destinati alla villeggiatura, abitati stagionalmente, sono considerati centri abitati temporanei, purché nel periodo dell’attività stagionale presentino i requisiti del centro10. Il nucleo abitato è la località priva del luogo di raccolta del centro abitato, costituita da un gruppo di case contigue e vicine, con almeno cinque famiglie, con interposte strade, sentieri, piazze, aie, piccoli orti, piccoli incolti e simili, purché l’intervallo tra casa e casa non superi trenta metri e sia in ogni modo inferiore a quello intercorrente tra il nucleo stesso e la più vicina delle case manifestamente sparse11. Le case sparse sono case disseminate nel territorio comunale a distanza tale tra loro da non poter costituire nemmeno un nucleo abitato. Quello di frazione è un termine spesso usato in modo improprio, ad indicare genericamente una località abitata, soprattutto che non sia capoluogo di Comune. A rigore si tratta di una realtà geografica definita quale “area del territorio comunale comprendente - di norma - un centro

12 Dal censimento del 1991 sono state pubblicate solo le popolazioni riferite alle località abitate e non più quelle delle frazioni geografiche. 13 La frazione, nell’ambito del proprio Comune, può godere di un certo grado di autonomia amministrativa, tanto che l’ordinamento prevede la figura del prosindaco quale delegato dal sindaco a svolgere in loco le sue funzioni, soggetto responsabile di una particolare sezione comunale con registri dell’anagrafe e dello stato civile separati da quelli del capoluogo. 14 Non è questa la sede per affrontare, nemmeno superficialmente, le complesse e delicate questioni di ordine storico, giuridico e sociale riguardanti le interferenze della nozione di frazione con quella di Regola, tanto importanti per il territorio alto bellunese. Qui basta rilevare che in alcune parti del Paese le frazioni non sono soltanto suddivisioni amministrative, ma anche soggetti di diritto pubblico aventi un proprio separato demanio su cui i loro abitanti godono di diritti di uso civico. 15 Cfr. Art. 131, comma 2, lett. a) del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. L’obbligatorietà riguarda la segnalazione della denominazione ufficiale in lingua italiana. Non esistono obblighi di indicazione in lingua minoritaria, né previsti dal Codice della strada né dalla legge n. 482 del 1999. 16 Cfr. Art. 37, comma 1, lett. b) del Codice della strada. 17 Cfr. Art. 131, comma 2, lett. a) del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. 18 Cfr. Art. 131, comma 5 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. 19 Anche per questo cfr. Art. 131, comma 5 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. 20 Cfr. Art. 131, comma 8 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. In abbinamento con il segnale di inizio centro abitato possono essere installati soltanto segnali con prescrizioni valide per l’intera stessa località. Il segnale di inizio centro abitato ha valore anche per segnalare per i centri abitati il limite di velocità e il divieto di segnali acustici, quindi non è necessario aggiungere i rispettivi segnali di prescrizione. Per queste due precisazioni cfr. comma 4. 21 D.P.R. 2 maggio 2001, n. 345, modificato dal D.P.R. 30 gennaio 2003, n. 60. abitato, nonché nuclei abitati e case sparse gravitanti sul centro”, in passato rilevante ai fini dei censimenti della popolazione12. Le frazioni che compongono il territorio comunale sono spesso enumerate negli Statuti o nei loro regolamenti e possono costituire suddivisione amministrativa del Comune13, come pure un particolare soggetto di diritto pubblico14. Come già accennato, la segnalazione dell’inizio del centro abitato è obbligatoria15 e spetta al Comune16, il quale è tenuto all’apposizione di targhe a fondo bianco con cornice e lettere nere17 lungo tutte le strade dirette alla località segnalata18. Qualora si tratti di frazione di un Comune, il nome di quest’ultimo può figurare tra parentesi a carattere ridotto, al di sotto del nome della località segnalata19. Non è consentito aggiungere al nome della località altre iscrizioni, né porre sotto il segnale altre scritte sia pure con pannello aggiuntivo20.

L’Art. 10 della legge n. 482 del 1999 prevede che in aggiunta ai toponimi ufficiali, i Consigli comunali possono deliberare l’adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali e, come precisa il suo Regolamento d’attuazione21, nel caso siano previsti segnali indicatori di località anche nella lingua ammessa a tutela, si applicano le normative del Codice della strada, con pari dignità grafica delle due lingue. Fermo restando, ed anche questo è stato rimarcato dalla Corte costituzionale nella sentenza citata, che la denominazione in lingua minoritaria può essere aggiunta a quella in italiano, ma non mai sostituirsi ad essa.

Pertanto i Comuni ladini potrebbero procedere predisponendo elenchi bilingui dei toponimi che costituiscono denominazione dei loro centri abitati e delle loro frazioni, eventualmente documentando

22 Operazioni di questo tipo non presentano grosse difficoltà dal punto di vista pratico e sono oggi scientificamente supportabili. Infatti tutto l’ampio territorio ladino altobellunese dispone di validi strumenti (in primis di vocabolari corredati di riferimenti ai principali toponimi e talvolta addirittura ricchi di microtoponomastica, ma poi anche di atlanti ed altre specifiche raccolte di toponimi) di cui esiste una raccolta specializzata presso la Biblioteca dell’Istituto Ladin de la Dolomites. Per quanto riguarda la trascrizione si veda quanto detto alla precedente Nota 2: da anni esiste una grafia unitaria ladina già impiegata dall’Amministrazione provinciale e dai Comuni per la realizzazione di segnaletica stradale bilingue. Più in generale si tenga presente che il supporto agli Enti Locali in queste attività è una delle funzioni istituzionali di uno speciale ente di cultura quale appunto l’Istituto Ladin de la Dolomites. 23 Dell’esistenza di casi di Comuni altobellunesi particolarmente sensibili a questi temi, che abbiano, in tempi diversi e con modalità diverse, adottato autonomamente segnaletica bilingue per le loro varie località, è stato riferito nel precedente articolo. In quella sede si disse anche che in occasione del primo locale Progetto toponomastica finanziato dalla legge n. 482 del 1999 (presentato nel 2002 e realizzato nel 2005) alcuni Comuni misero a disposizione dell’Amministrazione provinciale elenchi bilingui di loro località. 24 Cfr. Art. 134, comma 3 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. 25 Cfr. Art. 134, comma 4 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della strada. La possibilità di ricorrere a segnali di dimensioni ridotte, all'atto pratico, non è cosa di poco conto: diminuiscono i costi. 26 In questa zona (Cortina d’Ampezzo/Anpezo, Colle S. Lucia/Col e Livinallongo del Col di Lana/Fodom), dove i progetti toponomastica - come del resto la generalità dei progetti in materia di tutela della minoranza linguistica ladina - sono indipendenti da quelli dell’Amministrazione provinciale, è stato scelto di anteporre sulle varie targhe la dicitura in ladino a quella in italiano. Progetti toponomastica indipendenti dalla Provincia, con alcune soluzioni simili a quelle dei tre Comuni ex asburgici, sono stati realizzati anche dal Comune di Rocca Pietore/La Rocia. anche le designazioni di altre località del proprio territorio, abitate e non, che dovessero ritenere di particolare interesse22.

Tali repertori andrebbero poi fatti oggetto di deliberazione consiliare per divenire i documenti ufficiali su cui poggiare la continuazione delle iniziative di salvaguardia e di promozione della toponomastica ladina attraverso la segnaletica stradale, nel momento in cui dovesse presentarsi l’occasione di qualche finanziamento specifico, statale o di altra provenienza. Non è poi da escludere che un singolo Comune a fronte della periodica necessità di sostituire la propria segnaletica per obsolescenza o per qualsivoglia altra ragione, decida di provvedere da sé alla realizzazione di simili progetti. In questo caso c’è senz’altro da auspicare che lo faccia secondo una linea di continuità con i progetti di respiro (sub) provinciale legati alla legge n. 482 del 1999 di cui si sta trattando in questa serie di articoli, anche perché il primo ente locale che proceda in tale direzione potrebbe costituire un valido esempio da prendere a modello, come pure fare da traino ad altri con stessa intenzione23. La segnalazione di luoghi, località abitate e non, aventi caratteristiche diverse rispetto ai centri abitati definiti dal Codice, è facoltativa e con oneri gravanti sul soggetto interessato all’installazione, che potrebbe essere diverso dall’ente proprietario della strada24. In questi casi si dovrebbe fare ricorso a segnali turistici e di territorio, a fondo marrone con cornici ed iscrizioni di colore bianco. L’inizio di località entro il territorio comunale di particolare interesse può essere indicato con segnali rettangolari di dimensioni ridotte25. Nell’ambito del territorio della Provincia di Belluno attualmente esiste già un’areola ladina, quella costituita dai tre Comuni “sellani”, dove sono riscontrabili, con continuità ed omogeneità, vari tipi di segnaletica bilingue: quella per i confini comunali, quella per i centri abitati e quella per altre località26.

  1. Segnaletica installata dipropria iniziativa daun Comune dell'arealadina altobellunese.(Foto G. Ponti)