La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo LXXIII

Libro secondo
Capitolo LXXIII

../Capitolo LXXII ../Capitolo LXXIV IncludiIntestazione 21 luglio 2008 75% Autobiografie

Libro secondo - Capitolo LXXII Libro secondo - Capitolo LXXIV

Avendo gittata la Medusa, ed era venuta bene, con grande speranza tiravo il mio Perseo a fine, che lo avevo di cera, e mi promettevo che cosí bene e’ mi verrebbe di bronzo, sí come aveva fatto la detta Medusa. E perché vedendolo di cera ben finito ei si mostrava tanto bello, che (vedendolo il Duca aqquel modo e parendogli bello; o che e’ fussi stato qualche uno che avessi dato a credere al Duca che ei non poteva venire cosí di bronzo, o che il Duca da per sé se lo immaginassi; e venendo piú spesso a casa che ei non soleva) una volta infra l’altre e’ mi disse: - Benvenuto, questa figura non ti può venire di bronzo, perché l’arte non te lo promette -. A queste parole di Sua Eccellenzia io mi risenti’ grandemente, dicendo: - Signore, io conosco che Vostra Eccellenzia illustrissima m’ha questa molta poca fede: e questo io credo che venga perché Vostra Eccellenzia illustrissima crede troppo a quei che le dicono tanto mal di me, o sí veramente lei non se ne intende -. Ei non mi lasciò finire appena le parole che disse: - Io fo professione di intendermene, e me ne intendo benissimo -. Io subito risposi e dissi: - Sí, come Signore, e non come artista; perché se Vostra Eccellenzia illustrissima se ne intendessi innel modo che lei crede di intendersene, lei mi crederrebbe mediante la bella testa di bronzo che io l’ho fatto, cosí grande, ritratto di Vostra Eccellenzia illustrissima che s’è mandato all’Elba, e mediante l’avere restauratole il bel Ganimede di marmo con tanta strema difficultà, dove io ho durato molta maggior fatica che se io lo avessi fatto tutto di nuovo; e ancora per avere gittata la Medusa, che pur si vede qui alla presenza di Vostra Eccellenzia: un getto tanto difficile, dove io ho fatto quello che mai nessuno altro uomo ha fatto innanzi a me, di questa indiavolata arte. Vedete, Signor mio: io ho fatto la fornace di nuovo, a un modo diverso dagli altri; perché io, oltre a molte altre diversità e virtuose iscienze che innessa si vede, io l’ho fatto dua uscite per il bronzo, perché questa difficile e storta figura innaltro modo nonnera possibile che mai la venissi: e sol per queste mie intelligenzie l’è cosí ben venuta, la qual cosa non credette mai nessuno di questi pratici di questa arte. E sappiate, Signor mio, per certissimo, che tutte le grandi e difficilissime opere che io ho fatte in Francia sotto quel maravigliosissimo re Francesco, tutte mi sono benissimo riuscite, solo per il grande animo che sempre quel buon Re mi dava con quelle gran provvisione, e nel compiacermi di tanti lavoranti quanto io domandavo; che gli era talvolta che io mi servivo di piú di quaranta lavoranti, tutti a mia scelta; e per queste cagioni io vi feci tanta quantità di opere in cosí breve tempo. Or, Signor mio, credetemi e soccorretemi degli aiuti che mi fanno di bisogno, perché io spero di condurre a fine una opera che vi piacerà; dove che, se Vostra Eccellenzia illustrissima mi avvilisce d’animo e non mi dà gli aiuti che mi fanno di bisogno, gli è impossibile che né io né qualsivoglia uomo mai al mondo possa fare cosa che bene stia.