La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo LXXIV

Libro secondo
Capitolo LXXIV

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Con gran difficultà stette il Duca a udire queste mie ragione, che or si volgeva innun verso e or innun altro; e io disperato, poverello, che mi ero ricordato del mio bello stato che io avevo in Francia, cosí mi affliggevo. Subito il Duca disse: - Or dimmi, Benvenuto, come è egli possibile che quella bella testa di Medusa, che è lassú innalto in quella mano del Perseo, mai possa venire? - Subito io dissi: - Or vedete, Signor mio, che se Vostra Eccellenzia illustrissima avessi quella cognizione dell’arte, che lei dice di avere, la non arebbe paura di quella bella testa che lei dice, che la non venissi; ma sí bene arebbe ad aver paura di questo piè diritto, il quale si è quaggiú tanto discosto -. A queste mie parole il Duca mezzo adirato subito si volse a certi Signori che erano con Sua Eccellenzia illustrissima e disse: - Io credo che questo Benvenuto lo faccia per saccenteria il contraporsi a ogni cosa - e subito voltomisi con mezzo scherno, dove tutti quei che erano alla presenza facevano il simile, e’ cominciò a dire: - Io voglio aver teco tanta pazienza di ascoltare che ragione tu ti saprai immaginare di darmi, che io la creda -. Allora io dissi: - Io vi darò una tanto vera ragione che Vostra Eccellenzia ne sarà capacissima - e cominciai: - Sappiate, Signore, che la natura del fuoco si è di ire all’insú, e per questo le prometto che quella testa di Medusa verrà benissimo; ma perché la natura del fuoco nonn’è l’andare all’ingiú, e per avervelo a spignere sei braccia ingiú per forza d’arte, per questa viva ragione io dico a Vostra Eccellenzia illustrissima che gli è impossibile che quel piede venga; ma ei mi sarà facile a rifarlo -. Disse ’l Duca: - O perché non pensavi tu che quel piede venissi innel modo che tu di’ che verrà la testa? - Io dissi: - E’ bisognava fare molto maggiore la fornace, dove io arei potuto fare un ramo di gitto, grosso quanto io ho la gamba, e con quella gravezza di metallo caldo per forza ve l’arei fatto andare, dove il mio ramo, che va insino a’ piedi quelle sei braccia che io dico, nonn’è grosso piú che dua dita. Imperò e’ non portava ’l pregio; ché facilmente si racconcerà. Ma quando la mia forma sarà piú che mezza piena, sí come io spero, da quel mezzo in su, il fuoco che monta sicondo la natura sua, questa testa di Perseo e quella della Medusa verranno benissimo: sí che statene certissimo -. Detto che io gli ebbi queste mie belle ragioni con molte altre infinite, che per nonnessere troppo lungo io non ne scrivo, il Duca, scotendo il capo, si andò con Dio.