La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro secondo/Capitolo CXI

Libro secondo
Capitolo CXI

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Avendo del tutto finito il mio Crocifisso di marmo, ei mi parve che dirizzandolo e mettendolo levato da terra alquante braccia, che e’ dovessi mostrare molto meglio che il tenerlo in terra; e con tutto che e’ mostrassi bene, dirizzato che io l’ebbi, e’ mostrò assai meglio, attale che io me ne sattisfacevo assai: e cosí io lo cominciai a mostrare a chi lo voleva vedere. Come Iddio volse, e’ fu detto al Duca e alla Duchessa; di sorte che venuti che e’ furno da Pisa, un giorno innaspettatamente tutt’a dua loro Eccellenzie illustrissime con tutta la nobiltà della lor Corte, vennero a casa mia solo per vedere il detto Crocifisso: il quale piacque tanto che il Duca e la Duchessa non cessavano di darmi lode infinite; e cosí conseguentemente tutti quei Signori e gentili uomini che erano alla presenza. Ora quando io viddi ch’e’ s’erano molto sattisfatti, cosí piacevolmente cominciai a ringraziargli, dicendo loro che l’avermi levato la fatica del marmo del Nettunno si era stato la propia causa dell’avermi fatto condurre una cotale opera, nella quale non si era mai messo nessuno altro innanzi a me; e se bene io avevo durato la maggior fatica che io mai durassi al mondo, e’ mi pareva averla bene spesa, e maggiormente poi che loro Eccellenzie illustrissime tanto me la lodavano; e per non poter mai credere di trovare chi piú vi potessi essere degno di loro Eccellenzie illustrissime, volontieri io ne facevo loro un presente; solo gli pregavo che prima che e’ se ne andassino, si degnassino di venire innel mio terreno di casa. A queste mie parole piacevolmente subito rizzatisi, si partirno di bottega, ed entrati in casa viddono il mio modelletto del Nettuno e della fonte, il quale nollo aveva mai veduto prima che allora la Duchessa. E’ potette tanto negli occhi della Duchessa, che subito la levò un romore di maraviglia innistimabile; e voltasi al Duca disse: - Per vita mia, che io non pensavo delle dieci parti una di tanta bellezza -. A queste parole piú volte il Duca le diceva: - O non ve lo dicevo io? - E cosí infra di loro con mio grande onore ne ragionorno un gran pezzo; dipoi la Duchessa mi chiamò a sé, e dipoi molte lodi datemi in modo di scusarsi, ché innel comento di esse parole mostrava quasi di chieder perdono, dipoi mi disse che voleva che io mi cavassi un marmo a mio modo, e voleva che io la mettessi innopera. A quelle benigne parole io dissi, che se loro Eccellenzie illustrissime mi davano le comodità, che volentieri per loro amore mi metterei a una cotal faticosa impresa. A questo subito rispose il Duca e disse: - Benvenuto, e’ ti sarà date tutte le comodità che tu saprai dimandare, e di piú quello che io ti darò dappermé, le qual saranno di piú valore da gran lunga - e con queste piacevol parole e’ si partirno, e me lasciorno assai contento.