La vedova scaltra/L'autore a chi legge
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L'AUTORE
A CHI LEGGE.
Schiamazzino pure i Critici a loro posta, perchè nella Vedova Scaltra un Inglese, un Francese, uno Spagnuolo parlano ben l’Italiano; che gran maraviglia? come se il nostro linguaggio non fosse coltivato in tutte le più polite Corti di Europa da tutte quasi le persone di conto, e non fosse costume di parlar il linguaggio della nazione, tra la quale un si trova, quando adeguatamente favellar quello sappia; o come s’io fossi il primo Autor di azioni Teatrali, che introducendo nelle sue Favole Attori forestieri, parlar li faccia nella lingua del Paese, e non nella nativa, o vogliasi creder tradotta la Favola stessa, o vogliansi supporre gli Attori periti dell’idioma che parlano. L’Arlecchino, il Dottore parlano francese, per queste ragioni, a Parigi: Plauto, Terenzio han le lor Commedie la maggior parte di personaggi Greci composte, e per questo li fan essi parlar greco o latino? E nelle Tragedie sarebbe una delizia per gl’Italiani il sentir parlar turco od arabo un Orbecche, un Solimano; parlare scita un Oronte, caldeo una Semiramide, persiano un Ciro. Si dee supporre che gli uditori si figurino di sentir parlare gli Attori la loro lingua nativa, benché di fatto parlino la paesana; tosto che al carattere ne conoscano la nazione, e ciò con ragione e per una spezie di necessità; perciocché le lingue straniere non sarebbono intese dalla maggior parte dell’Uditorio, di esse ignorante; e sarebbe facile che i Comici le storpiassero parlandole, onde gl’imperiti non goderebbono la Commedia, per non intenderne il linguaggio, ed i periti si sdegnerebbono in sentir maltrattati gl’idiomi.
Ma è vano ch’io cerchi su questa ed altre imputazioni giustificarmi. La Commedia è piaciuta al Pubblico, il Pubblico la difende, e su tal difesa m’acquieto. Si acchetino i Critici ancora, se loro piace; quando no, si assicurino ch’io faccio il sordo.
Note
- ↑ Intendi l’ed. Paperini di Firenze (t. III, 1753), donde il Pasquali ricopiò fedelmente la prefazione.