Giuseppe Gioachino Belli

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Le funtane L'immasciatori de Roma
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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LA VANOSA.1

     Che jj’amanca a mmadama Patanfrana?2
Caso che jj’amancassi er pettabbotto,3
Je lo pozzo abbottà cór un cazzotto,
Senza mettejje a cconto la dogana.

     Nun è affare de mezza sittimana,4
Che mme chiese una vesta pe’ dde sotto;
E io, cojjone de marc’e ccappotto,5
Je l’ho ffatta trovà pe’ la bbefana.

     Mo un pettine, mo un busto, mo un zinale,6
Oggi er vezzo, domani l’orecchini,
’Gnisempre cianerie,7 ’gnisempre gale!

     A mmé cchi mme li dà ttanti cudrini?
Perchè llei nun ze trova un cardinale,
In cammio de sti guitti de paìni?8

25 gennaio 1832.

Note

  1. Vana.
  2. Nome di scherno a donna pingue: patanflana.
  3. Antica foggia pel seno.
  4. È appena mezza settimana.
  5. Superlativo. [Presa la metafore dal gioco de’ tressetti, in cui il marcio e cappotto è la maggior perdita.]
  6. Grembiale.
  7. Ornamenti affettati.
  8. Nome generico dato dai Romaneschi a chiunque non vesta di corto com’essi, ma per lo più ai giovani. [Guitti: spiantati. — Sul vestiario de’ Romaneschi, a cui il Belli qui accenna, si veda la nota 5 del sonetto: La milordarìa, 27 nov. 32.]