La spedizione inglese in Abissinia (1869)/II

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I III
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II.

SENAFE, ADDI-GUERAT, ANTALO.

22 gennaio. — La strada che conduce a Komelu è tutta tracciata da due file parallele di pietre; comoda e larga nella pianura, va diventando irregolare di mano in mano che procede nelle colline: le principali difficoltà sono però superate e tutta la strada è praticabile ai carri. Il terreno non coperto che da gerbidi nella pianura, si [p. 11 modifica]pola d’alberi non appena comincia la parte collinosa: superata una prima ondulazione di terreno si veggono alcune poche tende piantate allo sbocco di una valle. Quelle tende sono l’accampamento di Komelu e la valle è quella appunto nella quale è praticata la strada che conduce a Senafe: la sua direzione, come appare distintamente dalle creste dei suoi versanti è press’a poco parallela a quella della valle dell’Haddas, e il torrente che vi scorre porta diversi nomi secondo le diverse parti della valle: Reraguddi alla testa, Nana Guddi e Undell nella parte media, Komelu allo sbocco; questo stesso torrente, subito dopo il suo sbocco dalla valle si divide in due rami: uno d’essi continua nella direzione seguita sino allora e va ad unirsi all’Haddas, l’altro torce a destra per gettarsi direttamente nella pianura e quindi nel mare.

Giungiamo a Komelu verso mezzogiorno dopo quattro ore di cammino, e siamo ricevuti dal generale Wilby comandante il campo.

Questa prima marcia è stata fatale per i nostri domestici; uno è rimasto per istrada, uno è stato preso da un colpo di sole, uno è scomparso, un altro si getta a terra appena giunto e protesta di non poter far nulla. Eccoci costretti a scaricare noi stessi i bagagli, a condurre gli animali a bere, ad assistere i nostri domestici!

23 gennaio. — Questa mattina gli ammalati di ieri hanno ritrovata la loro salute ed hanno ripreso coraggio: ci si presenta un arabo già mulattiere al servizio del governo e ci chiede di prenderlo con noi; noi lo accettiamo subito in sostituzione dello scomparso e facciamo procedere al caricamento del bagaglio. Di più per ovviare alla possibilità di rimanere affatto privi di aiuto, facciamo ricerca di tre indigeni; questa gente è molto amante della discussione, e il povero interprete incaricato di conchiudere l’affare deve perdere non meno di un’ora per venire ad un risultato. Si decide finalmente che i tre sciohos ci accom[p. 12 modifica]pagneranno ad Undell-Wells, vale a dire sino alla seconda stazione dopo Komelu; più in là esiste una tribù nemica alla loro, colla quale, a quanto sembra, non desiderano aver che fare. Il prezzo della loro opera sarà calcolato in ragione di un tallero ogni cinque giornate di lavoro.

Alle due la nostra caravana si mette in moto e alle 7 di sera giungiamo all’accampamento di Upper Suru.

La strada è tutta tracciata nel letto del torrente; la valle, sempre angusta, si restringe talvolta sino a non lasciare più di 5 o 6 metri tra le due pareti che si inalzano a picco; in que’ punti la costruzione della strada ha richiesto molto lavoro e molta fatica: si sono dovuti aprire passaggi per mezzo di mine, si sono dovuti incanalare alcuni rigagnoli, si sono fatti rialzi di terra e pietre, si sono dovuti sciogliere in una parola tutti i problemi che può offrire la costruzione di una strada; e fra qualche giorno si avrà la soddisfazione di vedere un carro passare per queste gole, difficilissime sino ad ora anche per una bestia da soma. Il passo, o meglio, la stretta di Suru è stupenda dal lato pittoresco ed offre alcuni punti di una bellezza selvaggia veramente imponente; alla quale poi le poche tende dei pionieri indiani, piantate qua e là dove lo spazio e il terreno lo permettono, i fuochi delle loro cucine, il suono stridulo delle loro trombe stranamente ripercosso dalle rocce, la loro foggia di vestire e le loro stesse figure vengono ad aggiungere il più spiccato carattere di strana poesia.

Subito dopo la gola di Suru la valle si allarga in una specie di bacino; e quivi è stabilita la seconda stazione delle truppe che gli inglesi chiamano col nome di Upper-Suru.

24 gennaio. — Da Upper-Suru ad Undell-Wells la valle è piuttosto larga; e la strada tracciata, anche lå per mezzo di due file di pietre nel letto del torrente, può considerarsi già pronta al passaggio dei carri. [p. 13 modifica]

25 gennaio. — Da Undell-Wells a Reraguddi la valle, ora larga, ora stretta, ma sempre di comodo passaggio, non ha offerto alcuna difficoltà alla costruzione della strada.

26 gennaio. — La pendenza della valle, regolarissima e quasi insensibile fino a Reraguddi, va rendendosi più in là sempre maggiore: la strada lascia ben presto il letto del torrente, si trasporta a zig-zag sulla testa della valle, e giunge sull’altipiano abissino dirimpetto al villaggio di Senafe. — L’ultimo tratto ha pure offerto qualche difficoltà; i lavori però sono avanzatissimi e saranno terminati a giorni.

Ecco dunque una strada carreggiabile che attraversa in tutta la sua lunghezza una valle di circa 100 chilom., compiuta in soli tre mesi di lavoro da poche compagnie di soldati indiani!

Questa valle sconosciuta finora è la più breve e più facile via di comunicazione tra il Mar Rosso e l’altipiano abissino; e il colonnello Phayre al quale se ne attribuisce la scelta, o meglio, la scoperta, può ben vantarsi di aver reso un segnalato servizio all’armata di spedizione.

La valle è quasi completamente disabitata, e i numerosi indigeni che vi si incontrano ora, attirati dal passaggio delle truppe, hanno per lo più le loro abitazioni sui versanti esterni: alcuni di essi camminano armati di lancia, scudo e scimitarra. Vengono pure a salutare l’armata che passa numerosi stuoli di scimmie, e più specialmente di babbuini che scendono sino in vicinanza dei campi a raccogliere i rimasugli del grano che forma la razione dei nostri quadrupedi: ad ogni passo si vedono poi scoiattoli, avoltoi ed uccelli bellissimi di ogni specie.

I versanti, nudi e rocciosi in alcuni punti, sono coperti di cespugli, e in altri di alberi numerosi di qualità che non ricordo aver mai visti in Europa: più frequenti di ogni altro si incontra l’euphorbia abissinica, che gli indigeni chiamano cholqual, ed un albero assai grosso e ricco di [p. 14 modifica]foglie che assomiglia molto al nostro fico e che gli indigeni chiamano uörka.

In ciascuna delle stazioni di Komelu, Upper-Suru, Undell-Wells e Reraguddi esiste un ufficio del Commissariato, con deposito di viveri per le truppe di passaggio. Ogni giorno poi arrivano da Zula a Komelu numerosi convogli di camelli e carri, con provvisioni da inoltrarsi di stazione in stazione sino a Senafe: il trasporto di tali provvisioni da una stazione all’altra oltre Komelu è poi eseguita da un distaccamento di muli e di bullocks addetto a ciascuna stazione.

L’acqua si trova in discreta quantità a Komelu, Upper-Suru ed Undell-Wells e quasi in abbondanza a Reraguddi: e nelle prime tre stazioni è fornita da pozzi già esistenti, ed allargati per l’uso della truppa; nella quarta si trova un piccolo corso di acqua perenne.

A Senafe l’acqua è piuttosto scarsa e le truppe sono costrette a cercarne a qualche chilometro di distanza.

Appena giunti al campo, ci presentiamo al generale Malcolm, comandante la stazione, al brigadiere Merewether, al colonnello Phayre; ed ecco le notizie che possiamo raccogliere:

Il signor Munzinger ed il maggiore Grant 1 sono partiti ieri per Adaua onde complimentare il re di Tigré: questi ha già fatto sapere che favorirà in tutti i modi la spedizione, e che si recherà in persona ad incontrare sir Robert Napier ad Addi-Gherat.

Sembra che re Teodoro da Debra Tabor voglia recarsi a Magdalà, trascinando seco i suoi pochi cannoni e i suoi tesori, e che sia costretto ad un lunghissimo giro per evitare i ribelli che si trovano tra l’una e l’altra città. I prigionieri in Magdalà sono nelle mani di quattro capi mi[p. 15 modifica]litari fedeli al re Teodoro, e sembra che quella fortezza non manchi di qualche importanza relativa, giacchè il re di Scioha, recatosi qualche tempo fa per assediarla, fu costretto a ritirarsi senza successo alcuno.

Il colonnello Phayre, accompagnato da un piccolo distaccamento, parte domani al far del giorno per Addi-Gherat, onde riconoscere il terreno e stabilire le stazioni successive delle truppe.

Non si parla ancora nè di divisioni, nè di brigate; ma solo di piccole colonne che saranno fatte venire a Senafe, e poscia spinte innanzi di mano in mano che le provvisioni qui accumulate lo permetteranno: finora il solo reggimento Scinde Horse ha lasciato Senafe, per recarsi ad Addi-Gherat; ma non si trova che ad una tappa di distanza a Guna-Guna, e dovrà probabilmente fermarsi colà o poco più innanzi, sino a che non siano compiute le ricognizioni; determinati i punti per dove dovrà passare la strada; fissate le stazioni e stabilito in ciascuna di esse un deposito di viveri: operazioni tutte che devono naturalmente precedere qualsiasi movimento di truppe in un paese come questo, quasi affatto sconosciuto, e dove un’armata non può far calcolo che sui propri mezzi.

Noi seguiremo la sorte del distaccamento di Scinde Horse col quale siamo venuti sin quà, e partiremo domattina per Guna-Guna.

Compiute le solite operazioni dell’incetta dei viveri, possiamo finalmente occuparci della nostra tenda e dare uno sguardo al terreno.

Questo primo saggio dell’altipiano abissino può definirsi un vasto bacino leggermente ondulato da dove s’alzano qua e là grandi massi rocciosi isolati; il villaggio di Senafe è appunto addossato al piede di uno di quei massi, e consiste di poche case di forma rettangolare disposte tutte su di una fila sola e assai consimili alle abitazioni degli arabi lungo il Nilo. — La sua popolazione è di circa [p. 16 modifica]200 abitanti. Il terreno all’intorno è quasi tutto coperto di verdura, ma gli alberi vi sono rarissimi.

27 gennaio. — Alle 11 ant. ci mettiamo in cammino col distaccamento per Guna-Guna. La strada è tutta quanta tracciata da due file di pietre ed è comodamente carreggiabile; il terreno che percorriamo può dirsi una successione di bacini sul genere di quello di Senafe: numerosi villaggi sono sparsi qua e là sulle sommità delle alture e ai piedi delle roccie; dopo tre ore circa di marcia si scende nella valle tracciata sulla carta col nome di Mai-Muna, e la strada lascia allora la direzione N. S. seguita sin là, per torcere a destra e rimontare la valle sin presso la testa; ivi, e precisamente ai piedi del villaggio di Guna-Guna, è stabilita la prima stazione delle truppe al di là di Senafe.

Il capitano Dickinson del reggimento Scinde Horse, comandante questa stazione, ci annuncia che il distaccamento col quale siamo arrivati dovrà fermarsi alcuni giorni. Il maggiore Briggs, colla maggior parte del reggimento, è partito oggi stesso per Fokada, seconda stazione dopo Senafe.

28 gennaio. — Ho approfittato della fermata per visitare una chiesa cristiana scavata nella roccia al disopra del villaggio di Guna-Guna.

La strada per giungervi è tutt’altro che facile, e non avrei certamente potuto trovarla, senza l’aiuto di un indigeno, che credo appunto il ministro o per lo meno il custode del tempio. Costui mi fece fermare un centinaio di passi prima di giungere alla chiesa, e mostrandomi una fonte d’acqua mi fece segno che, se volevo essere ammesso a pregare, dovevo prima lavarmi colà le mani e la faccia. Compiuta quest’operazione ci avanzammo verso la chiesa; consiste questa in una lunga grotta scavata nel fianco della montagna e divisa in quattro parti: nelle prime due, che devono essere come l’atrio del tempio, si trova un rozzo leggio formato da un tronco d’albero a tre ra[p. 17 modifica]mi, ed un alto seggiolone di paglia: un uscio separa la seconda dalla terza parte: otto colonne in legno disposte su due file precedono ivi una specie di cella nel cui centro è stabilito un armadio annerito dal tempo. Questa cella dev’essere il santuario del tempio, giacchè l’indigeno prima di entrare colà, si inginocchiò, baciò la terra, e, indicandomi l’armadio, pronunciò a voce bassa il nome di Jesus. — Dalla cella si passa finalmente nell’ultima parte della grotta che è affatto vuota.

Sulle pareti incrostate di calce si vedono dipinte, e mezzo cancellate dal tempo, rozze figure di angeli e santi a cavallo; qua e là vecchi messali o vangeli in lingua amarica su papiro mezzo roso dai vermi, e in un angolo della cella alcune croci di ferro e un incensorio. Uno dei vangeli, meglio custoditi degli altri, contiene le immagini degli apostoli e dei santi e i principali episodi della passione di G. C. dipinti a colori vivissimi e a tratti di un’arte assai ingenua.

Il culto del cristianesimo non comincia che oltre Senafe; gli abitanti di quest’ultimo villaggio, al pari delle tribù dei Sciohos, professano la religione di Maometto.

30 gennaio — I lavori della strada sono stati spinti in questi ultimi giorni con grande alacrità, ed un carro leggermente carico, partito da Zula, è giunto oggi a Guna-Guna: questo primo campione di un arnese di civiltà, sconosciuto sinora in questi paesi, sarà ben presto seguito da molti altri con non piccolo vantaggio dell’armata. Ecco un risultato al quale non ci attendevamo così presto.

Abbiamo avuto quest’oggi una visita di un inviato del principe di Tigré: veniva da Senafe, dove aveva portato a sir Robert Napier le espressioni amicizia del suo sovrano, e si era spinto sin quà per vedere il campo, accompagnato dal Capo-Distretto e da un altro dignitario.

Questi tre signori erano vestiti di una specie di toga già bianca, portavano sulle spalle un mantello, ugualmente [p. 18 modifica]bianco, foderato di rosso, ed erano armati di pistole e scimitarra; avevano testa e piedi nudi, ma in compenso portavano il parasole, ossia un disco di paglia, nel cui centro è infilato un lungo bastone.

La comitiva montata a cavallo d’asini, era preceduta e seguita da uomini a piedi, armati di moschetti... e che moschetti!

L’inviato ha avuta la sua educazione in un collegio di Bombay e parla benissimo l’inglese; si trattenne per qualche tempo, parlando delle favorevoli disposizioni del suo sovrano a riguardo della spedizione inglese, e poi riprese la via di Senafe. Sembra che questo signore accompagnerà come interprete il brigadiere Merewether.


Decisamente siamo circondati da tutto lo splendore del regno animale: un leopardo, avvicinatosi l’altra notte al nostro campo, si gettò sopra una mula e l’uccise: bande intiere di iene si divertono, di notte, a turbare coi loro urli i nostri sonni: tracce di leoni si vedono ogni giorno nella sabbia, presso l’acqua che scorre nella valle: stamane stesso un ufficiale inglese uscito a caccia fu caricato per un momento da uno stormo di cinocefali: i sciacalli passeggiano tranquilli dappertutto: nelle valli circostanti a quella che da Komelu conduce a Senafe, si sono visti degli elefanti.

4 febbraio. — Il movimento in avanti dell’armata incomincia; ed oggi è pure giunto a Guna-Guna il comandante in capo.

Un messaggero, giunto da Senafe alcuni giorni prima, s’era recato ad avvertire i capi-villaggi del prossimo passaggio di S. E. e ad esprimer loro in pari tempo il suo desiderio di vederli. I capi non mancarono all’invito, e fecero anzi capire che, oltre all’onore di essere presentati al generale, avrebbero anche aggradito un regalo di 30 dollari per ognuno: la domanda fu trovata equa, e i doni preparati e distribuiti. [p. 19 modifica]

3 febbraio. — Oggi finalmente alle 11 ant. lasciamo Guna-Guna, dove abbiamo avuto un sì lungo soggiorno.

Superato il versante meridionale della valle di Mai-Muna, si giunge su di un altipiano roccioso, da dove si offre alla vista il più splendido panorama che possa immaginarsi. Dall’immensa pianura, che si stende all’orizzonte solcata qua e là da valli profonde, e interrotta di quando in quando da monti isolati dalle forme più bizzarre, si innalza verso sud-ovest un lontano gruppo di monti altissimi frastagliati a punte; verso occidente una catena di monti dalla cresta quasi orizzontale, e ad oriente le alture che coronano il ciglio dell’altipiano.

Il tratto che percorriamo può dirsi la linea di displuvio che separa le acque del Mar Rosso da quelle del fiume Mareb; largo e spazioso in alcuni punti, si restringe in alcuni altri, sino a non formar più che una striscia limitata da una parte e dall’altra da profondi burroni; il terreno, roccioso per lo più e appena coperto da cespugli, offre talvolta alla vista larghi strati di vegetazione e campi immensi solcati dall’aratro.

La strada militare, quasi carreggiabile nel tratto da Guna-Guna fin sull’altipiano, si perde ivi giunta, in un sentiero battuto dagli indigeni; costeggia per lo più il ciglio orientale dell’altipiano e conduce dopo cinque ore di marcia a Fokada.

6 febbraio. — Da Fokada la strada continua per un tratto lungo il ciglio orientale dell’altipiano, e scende poscia in un bacino le cui acque si versano nelle valli che conducono al Mar Rosso; anche questo bacino, come i precedenti, può dirsi una pianura leggermente ondulata, interrotta qua e là da piccoli gruppi di alture: alla sua estremità meridionale si trova Addi-Gherat capo-luogo della provincia di Agamee. — Un castello collocato su una piccola elevazione di terreno, e assai consimile nella forma a quella di Vindicari e Pachino, lungo la costa orientale [p. 20 modifica]di Sicilia, indica la sede del governatore; il quale però fu fatto prigioniero l’anno scorso dal principe di Lasta, sicchè il castello non ospita ora che sua moglie e i figli.

7 febbraio. — Alle 5 pom. tutte le truppe sono sotto le armi e radunate in quadrato, per rendere gli onori ad una missione spedita dal principe di Tigré. L’inviato, parente del principe, è un giovane tra i 20 ed i 30 anni, dalla figura abbastanza rozza e insignificante, vestito di una toga di seta rossa a fiori d’argento e avvolto in un lenzuolo foderato di rosso gettato sulla spalle a mo’ di mantello: ha testa e piedi nudi e monta un cavallino del paese. Lo accompagnano, pure a cavallo, un prete, grande dignitario di corte, e due o tre domestici: una cinquantina di soldati a piedi gli servono di scorta. Questi ultimi hanno, per tutto vestito, un paio di pantaloni di tela ed il solito lenzuolo: una diecina di essi portano moschetti, e gli altri lancia e scudo. Seguono tutti il loro capo senza alcun ordine, come un branco di pecore.

Questa modestia di apparato, gli abiti luridi e sfilacciati di S. A., la bardatura stessa del cavallo, fanno naturalmente un certo quale contrasto colle belle tenute dei soldati inglesi, e col brillante seguito di sir Roberto Napier...

Resi e ricevuti gli onori, l’inviato è condotto in una tenda appositamente preparata: sir Robert Napier si siede in una poltrona e fa cenno all’inviato di accomodarsi sul tappeto; gli ufficiali inglesi da una parte, il prete ed i domestici dall’altra, assistono all’abboccamento.

S. A. non capisce l’amarico, e l’inglese di sir Robert Napier, tradotto in quella lingua da un interprete, deve essere nuovamente voltato in tigré: il risultato è il seguente:

Il principe sovrano non vuol venire in persona per risparmiare al paese la disgrazia di esser attraversato dai numerosi soldati che dovrebbe condurre con sè, e spedisce [p. 21 modifica]un suo parente incaricato di esprimere al comandante le truppe inglesi i suoi sentimenti di amicizia e il suo desiderio di aiutare la spedizione contro re Teodoro, suo capitale nemico.

Sir Robert dall’altra parte assicura che unico scopo della spedizione è quello del rilascio dei prigionieri: che egli non s’immischierà per nulla negli affari del paese, che egli desidera conservarsi amico con tutti.

Finita l’udienza, il generale fa consegnare in dono all’inviato due coperte di lana rossa, due scialli, un coltello e un porta solfanelli: l’inviato ringrazia, e si ritira al suo accampamento al suono di quattro trombe di legno.

8 febbraio. — Questa mattina, rivista delle truppe ed esercizi in onore dell’inviato.

Finiti gli esercizi, il generale in capo invita tutti gli ufficiali a recarsi alla chiesa di Addi-Gherat.

Questa chiesa situata su di un’altura, e tutta circondata da muro di cinta, consiste in un fabbricato a base rettangolare col tetto a due pioventi; l’interno del fabbricato è occupato da un atrio e poi da un dado in muratura, intorno al quale gira un corridoio; le pareti del corridoio e dell’atrio sono tutte coperte da dipinti su tela ad illustrazione dei principali fatti della scrittura; uno di essi rappresenta l’esercito di Faraone armato di moschetti, mentre sta per esser sepolto nelle onde del Mar Rosso: un altro rappresenta non so qual battaglia, e, proprio nel mezzo del quadro, si vede il vincitore nell’atto di mutilare il vinto. L’interno del dado è il santuario del tempio, e a nessuno di noi fu permesso il penetrarvi.

Lo spazio compreso tra il muro di cinta e la chiesa è tutto piantato di cholqual; ad una barra di legno appoggiata a due alberi sono sospese per mezzo di corde due pietre, che battute da un apposito martello, danno ciascuna un suono diverso e fanno l’ufficio che da noi le campane. [p. 22 modifica]

I preti cristiani, in questi paesi, si distinguono dagli altri indigeni dal turbante bianco che portano sul capo: non è difficile vederli girare per i campi portando messali ed immagini che offrono al primo venuto per il prezzo di qualche dollaro.

Un po’ prima di giungere ad Addi-Gherat, e molto più in questo paese, si può già ammirare un nuovo genere di architettura; si cominciano, cioè, a vedere le abitazioni a base circolare, con tetto conico di legno e paglia.

11 febbraio. — Poco dopo Addi-Gherat, la strada scompare affatto, e solo qua e là due file di pietre avvertono della direzione a prendersi. Dal bacino di Addi-Gherat, sempre costeggiando il ciglio orientale della gran catena, si passa in un altro bacino, e da questo si risale sull’altipiano. Larghi strati di arenaria, che bisogna attraversare, rendono la marcia piuttosto difficile e in alcuni punti pericolosa.

Il terreno è quasi tutto coltivato e coperto talvolta di verdura; l’acqua vi è abbondante e buona: pochissime abitazioni si offrono alla vista.

Dopo cinque ore di marcia si giunge ad una località denominata Mai-Uaiz dove è stabilita la prima stazione tra Addi-Gherat e Antalo.

12 febbraio. — Da Mai-Uaiz, procedendo per l’altipiano verso il sud, si incontra dapprima una piccola elevazione rocciosa e, superata questa, si scende poi in una vasta pianura leggerissimamente ondulata, tutta prati e campi, con rarissimi alberi e coperta da numerosi villaggi. Dopo cinque ore circa di marcia, le ondulazioni del terreno si fanno più sensibili, e si entra ben presto in un piccolo gruppo di colline, dove è situato il villaggio di Addi-Baghin e la nostra seconda stazione, dopo Addi-Gherat.

13 febbraio. — Tra Addi-Baghin e Don-Gollo continua la stessa regione collinosa; il terreno roccioso, per lo più, è coperto quasi esclusivamente da cespugli di acacie e da [p. 23 modifica]gran numero di cholqual. La marcia dura quattro ore: nessuna traccia di strada militare, ma solo un sentiero battuto dagl’indigeni, difficile anche per le bestie da soma.

14 febbraio. — Poco dopo Don-Gollo, sempre procedendo nella direzione verso mezzogiorno, cessano le colline e ricomincia la serie dei grandi bacini di pianura leggermente ondulata. — Un sentiero, che parte da Don-Gollo, conduce attraverso quei bacini nella valle dell’Agùla, proprio dirimpetto alle rovine dell’antico villaggio dello stesso nome.

La valle è assai spaziosa ed il terreno, al pari di quello che lo precede, è tutto scoperto ed arido.

15 febbrajo. — Subito dopo Agùla, cominciano a riapparire le tracce dei lavori dei Sappers and Miners: una buona strada mulattiera conduce dalla valle dell’Agùla in altre valli dello stesso aspetto, e disposte parallelamente ad essa; dopo tre ore di marcia, si giunge a Mai-Makda, quinta tappa tra Addi-Gherat e Antalo. Nessuna traccia di abitazioni lungo la strada, e pochissima acqua.

16 febbrajo. — Continua sempre lo stesso terreno, ma le ondulazioni sono più accentuate; dopo tre ore di marcia, si scende nella valle del torrente Gambela, dirimpetto al villaggio di Dollo.

19 febbrajo. — Dopo due giorni di riposo, oggi ci mettiamo in moto per Hay-Kallat. Continua sempre lo stesso terreno a larghe ondulazioni, arso e intieramente privo di alberi; nessuna traccia di abitazioni lungo la strada, e pochissima acqua.

20 febbrajo. — Un’altra piccola marcia ci porta finalmente a Boyah, a 8 chil. S. E. da Antalo, in un vasto bacino completamente nudo di alberi, la cui monotonia non è interrotta, che da qualche raro villaggio e da numerosi mucchi di ruine.

22 febbrajo. — Gli indigeni sono qui, a quanto pare, un po’ meno miserabili dei loro confratelli che abbiamo trovato per i primi. [p. 24 modifica]

Non si vedono più, come sin verso Addi-Gherat, quelle turbe di donne e di bambini che, appena levati i campi, si gettavano sullo spazio occupato già dai nostri cavalli a grattar la terra colle ugne, onde raccogliere tra le immondizie gli avanzi del grano e dell’orzo. Anche nel vestire, si osserva già un miglioramento: invece della semplice gonna di cuoio, che si usa tra i Sciohos, le donne portano qui una camicia di grossa tela stretta alla cintura, ed hanno, quasi tutte, braccialetti di filo torto di ferro o di rame, e collane di conchiglie o di vetro; alcune poi si colorano di rosso le unghie delle mani e dei piedi, e si coprono le gengive di certa pasta cenerastra che fa maggiormente risaltare la bianchezza dei denti. Il tatuaggio è pure molto in onore, e gran parte delle donne si coprono il seno di mille arabeschi.

Gli uomini portano pantaloni di tela ed una specie di lenzuolo sulle spalle, e marciano quasi tutti armati di lancia.

Una cosa, che pur troppo sembriamo destinati a trovar dappertutto, è l’orribile uso del burro: uomini e donne, non so se per diminuire gli effetti de’ raggi solari o per semplice moda, si coprono la testa di burro ancora solido e lasciano poi che il sole lo faccia colare liquefatto giù per il corpo 2.

Antalo, dal quale non ci separano che poche ore di cammino, è un grosso centro di abitazioni; ed ogni mercoledì vi si tiene un mercato, dove si trovano, press’a poco, tutti i prodotti del paese, come: granaglie, cera, miele, pane, tela, bestiami, e alcuni altri, come: stoffe grossolane, caffè, bicchieri di vetro, e che so io, provenienti dal centro della Abissinia e importati forse dalle carovane di Kartum. [p. 25 modifica]

Il commercio di questi paesi non si rivela che con simili fiere. — A rappresentarvi la moneta sono destinati dei pezzi di sale, lunghi un venti centimetri circa, stretti alle due estremità e un po’ più larghi nel mezzo: la sola moneta europea, conosciuta ed accettata in Abissinia, è il tallero di Maria Teresa col millesimo 1780; e il Governo inglese, invece di voler imporre le sue sterline, pensò bene di far coniare a Vienna non so quante migliaia di que’ talleri, e di provvederne il corpo di spedizione, onde facilitargli, fin dal principio, le relazioni cogl’indigeni. Questi ultimi infatti accorrono numerosi a portare i loro prodotti; ma hanno poi anche pensato di abolire affatto il sale nei loro contratti coll’armata, e in tal modo, non esistendo spezzati, ci obbligano a pagare un tallero per la più piccola cosa, per un fascio di paglia, per un po’ di miele, per un bicchiere di latte e così via.

In fatto d’industrie, io non ho potuto constatarne alcuna, eccettuata quella del tesser tela; esercitata s’intende dalle donne, giacchè gli uomini non sono qui che agricoltori o guerrieri. Forse questa poco lieta condizione di cose è affatto speciale alla regione che noi attraversiamo, troppo esposta alle selvagge scorrerie dei Gallas, e dotata per la sua grande elevazione sopra il livello del mare, di un clima comparativamente rigido. Verso il centro dell’Abissinia, e lungo le valli del Takazze e dei suoi affluenti, tutto porta a credere, che si debba trovare, con una maggiore ricchezza di prodotti naturali, anche un maggiore sviluppo di civiltà.

25 febbrajo. — Quest’oggi, in compagnia di alcuni ufficiali del Reggimento, ho fatto un’escursione sino a Celicut, a tre ore di marcia nord-ovest da questo campo: è il villaggio più grosso che abbia visto sinora, ed è indubitatamente anche il più bello. Situato nel fondo di una valle, tutto circondato da campi e da orti benissimo coltivati e tenuti, e frammezzato da piccoli giardini, da boschetti, da alberi, presenta l’aspetto il più ridente e tranquillo. Anche [p. 26 modifica]i fabbricati vi hanno un’aria più grandiosa e più agiata del solito, e la Chiesa poi (a base circolare e tetto conico), nascosta in mezzo a un bosco foltissimo di uörka e preceduta da abitazioni dalle forme più bizzarre, offre allo sguardo un certo sfoggio di pitture e d’arredi, ed una solidità di costruzione, quali davvero non potevamo attenderci. Persino gli abitanti ci parvero più intelligenti, più aperti, più ospitali degli altri; il capo del villaggio ci fece entrare in casa sua, e ci obbligò a dividere con lui un pane, e del latte.

2 marzo. — Oggi soltanto, siamo stati raggiunti dal comandante in capo; questo suo ritardo nel portarsi innanzi è derivato dall’aver egli voluto insistere per ottenere un abboccamento col Principe sovrano del Tigrè, la cui amicizia gli premeva assai di assicurarsi, sia come garanzia di non esser turbato nella sua linea d’operazione, sia per le conseguenze che spera ritrarne nell’approvigionamento del suo esercito.

Per quanto grande sia il desiderio di spinger alacremente la nostra marcia innanzi, e di poter terminare la campagna, prima che la stagione piovosa incominci, non si può a meno di approvare questo cauto procedere di Sir Robert Napier: l’amicizia dei capi indigeni è la prima condizione assoluta del buon esito della spedizione; e sono facili a prevedersi le disastrose conseguenze che potrebbero arrecare anche piccole bande di partigiani, sparse su una linea di 600 kilometri circa di lunghezza (giacchè tale è la distanza che separa Zula da Magdalà), e intese a turbare la marcia dell’armata, ad impedirle la raccolta dei viveri, ad assalire i convogli. Oltre a ciò, le difficoltà sempre più crescenti dei trasporti, e lo stesso bisogno di recarsi celeremente innanzi, rendono indispensabile il fare assegnamento sui prodotti del paese. E se, a tale riguardo, gioverà non poco l’amore del guadagno nelle popolazioni e la generosità, colla quale dall’amministrazione inglese [p. 27 modifica]sono versati a piene mani i talleri di Maria Teresa, non è men vero, che avrà pure una grandissima influenza l’amicizia dei capi, guadagnata con presenti, e con dimostrazioni di rispetto e di benevolenza.

Assicuratosi ormai l’alleanza del Principe di Tigré, il cui territorio comprende la metà circa della nostra linea di marcia e precisamente quella più vicina alla base di approvigionamento, il generale in capo potrà procedere più speditamente; ed oggi infatti sono arrivate con lui molte truppe, artiglieria, e grandi convogli di viveri. Sono anche state date disposizioni per rimandare a Zula buona parte dei camp-followers, non combattenti presso a poco inutili; ed è pure già uscito l’ordine che le truppe destinate a portarsi innanzi dovranno lasciare a questo campo la metà del bagaglio accordato sinora.

Siamo stati meravigliati quest’oggi di veder giungere quattro vetture d’artiglieria da campagna, trainate da cavalli: questo fatto ci assicura, che i lavori dei Miners and Sappers hanno progredito assai dopo il nostro passaggio. Abbiamo poi accolta con gran piacere la notizia, che verso la fine di marzo la strada ferrata tra Zula e Komelu sarà compita, e che alla stess’epoca la linea telegrafica giungerà sin quà.

Note

  1. Celebri ambedue per i loro viaggi in Africa; si misero a disposizione del governo inglese per il tempo della spedizione in Abissinia.
  2. Questa costumanza è comune in tutta l’Africa settentrionale, in particolar modo presso le tribù arabe del deserto: serve principalmente a garantire la testa dalle offese dei raggi solari; a seconda poi delle varie località si adopera, il burro, il grasso di bove, di montone, di elefante, non che l’olio denso di sesame. (La redazione).