La signora dalle camelie (teatro)/Atto III/Scena settima

Scena settima

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Atto III - Scena sesta Atto IV
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SCENA SETTIMA


Armando, poi Nanetta, indi Commesso.


Armando. Buona Margherita!... la sola idea d’una separazione la spaventa! Nanetta, se viene un signore a chiedere di me, lo farete entrare subito in questa sala. Se bramasse vedere Margherita, gli direte che è ritornata a Parigi.

Nanetta. Va bene.

Armando. Datemi un lume ed apparecchiate la cena; il tempo mi sembra così lungo quando Margherita non è qui vicino a me!... Leggerò un poco. Che libro è questo? Manon Lescaut! Oh! la donna che ama veramente non farebbe mai quello che tu hai fatto, o Manon... Ma come mai questo libro si trova qui? (Nanetta, porta un lume ed esce) «Io ti giuro, mio bel cavaliere, che sei l’idolo del mio cuore; ma nella critica posizione in cui ci troviamo, la fedeltà diventa una virtù da pazzi. Ho vendute le mie gioie, la mia carrozza, i ricchi mobili della mia casa, ed ormai non ci resta più che l’amore, che non basterà a farci vivere un giorno di più. Lascia dunque che io m’occupi del nostro avvenire; è necessario che [p. 68 modifica]io abbia una fortuna e la troverò. Mio fratello ti darà mie notizie e ti dirà quanto ho pianto al momento in cui doveva separarmi da te.» (Getta il libro sul tavolo e resta per un momento pensieroso) Questa lettura mi fa male... ho bisogno di veder Margherita. (suona) Mio padre è probabile che non venga per questa sera: dite alla signora che può ritornare.

Nanetta. La signora non è ad Auteuil.

Armando. Come!

Nanetta. Credo sia andata a Parigi.

Armando. La signora Duvernoy è pure partita con lei?

Nanetta. No, era partita prima che voi ritornaste.

Armando. Va bene. (Nanetta esce) È capace di essere andata a Parigi per occuparsi della vendita progettata; per fortuna che la signora Duvernoy è da me prevenuta e la impedirà, (guarda per la finestra) Pure in giardino vi è qualcuno... Fosse già ritornata?.. Non so... ma questa solitudine mi spaventa! è necessario che mi assicuri io stesso. (per uscire).

Commesso. Il signor Armando Duval?

Armando. Sono io.

Commesso. Questa lettera è per voi.

Armando. Da qual luogo la recate?

Commesso. Da Parigi.

Armando. Chi ve l’ha consegnata?

Commesso. Una signora.

Armando. Ma come avete fatto a giungere sin qui?

Commesso. Il cancello del giardino era aperto, io non ho incontrato alcuno; ho veduto un lume in questa sala, ed ho creduto...

Armando. Va bene, andate. (Commesso esce) Questa lettera è di Margherita... Ma perchè io tremo nel[p. 69 modifica]l’aprirla?... senza dubbio ella m’aspetta in qualche luogo, e mi scriva perchè io vada a raggiungerla. (fa per aprire la lettera) Si direbbe che ho paura!... quanto sono fanciullo!... (in questo frattempo Duval è entrato e si è posta di dietro a suo figlio. Armando legge) «Al momento in cui riceverete questa lettera, Armando...» Ah! (si volge e vede suo padre) Padre! padre mio! (si getta nelle sue braccia singhiozzando. Duval prende la lettera e legge).

Duval. (Povera fanciulla! quanto avrà dovuto soffrire!)



fine dell’atto terzo.