La sesta crociata, ovvero l'istoria della santa vita e delle grandi cavallerie di re Luigi IX di Francia/Parte seconda/Capitolo XXXXVIII

Capitolo XXXXVIII

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Capitolo XXXXVIII.

Di alcuni Cavalieri stranii che vennero al Re a Cesarea, e di ciò ch’e feciono e raccontarono.


Or rivenendo dopo il trascorso a nostra materia, diremo così. Domentre che il Re faceva asserragliare Cesarea, di cui vi ho parlato davanti, venne ad esso Re un Cavaliero che si nomava Messer Elinardo di Seningaan, il quale diceva ch’egli era partito del Reame di Norone1, e là montato sovra mare, era venuto passando ed accerchiando tutta la Spagna e intromettendosi per lo stretto di Marocco, e che a molto greve periglio e dannaggio egli avea passato tutto ciò, e soffertovi molto di male avanti ch’elli potesse venire sino a noi. Il Re ritenne quel Cavaliere con altri nove alla sua bandiera, ed io gli udii dire che le notti nella terra del Reame di Norone erano sì corte nella State, che egli non ce n’avea alcuna, nella quale, anco nel suo più fitto, il lume del giorno non bruzzolasse. Or quando quel Cavaliero si fu adusato al paese si prese colle sue genti a cacciare al Lione; e molti ne presero perigliosamente ed in gran risico di loro corpi. Ed il modo, con che essi menavano la detta caccia, era ch’essi correvano su ai lioni a cavallo, e trovatone alcuno, il colpivano d’arco o di balestra, di che il Lione ferito correva alla sua volta su il primo ch’esso vedeva, e questi se ne fuggiva piccando degli speroni, e lasciando cadere a terra alcuna coverta, od una pezza di qualche vecchio drappo, ed il superbo [p. 196 modifica]animale apprendevala ed isquarciavala, credendo in essa tener l’uomo che l’avea colpito. Ed in quella che il lione s’arrestava a sdrucire la vecchia schiavina, gli altri uomini gli tiravano nuove frecciate, perchè la fiera lasciava lo sdrucio del pannuccio e correva su ’l suo nuovo uomo, il quale s’infuggiva altresì, ed altresì lasciava cadere un altro vecchio drappo, cui il lione similmente isquattrava; e così facendo soventi fiate, essi uccidevano finalmente la bestia di loro frecce. Un altro Cavaliere molto nobile venne al Re, durante che era a Cesarea, il quale si diceva essere di quelli di Toucy. E diceva il Re che quel Cavaliere era suo cugino, perciò ch’era disceso d’una delle sorelle di Re Filippo, che lo Imperadore di Costantinopoli ebbe a donna. Lo qual Cavaliere il Re ritenne per un anno con altri nove Cavalieri alla sua bandiera; ed appresso l’anno passato, egli se ne ritornò in Costantinopoli donde era venuto. Ed a quel Cavaliere udii dire e ritrarre al Re che lo Imperatore latino di Costantinopoli e le sue genti si allearono una fiata ad un Re, che l’uomo appellava il Re de’ Commani, per avere l’aìta loro a conquidere lo Imperadore di Grecia ch’avea in nome Vatacio. E diceva quel Cavaliere che il Re del popolo dei Commani, per avere sigurtà e fidanza fraterna dell’Imperadore di Costantinopoli, e per l’uno l’altro soccorrersi, volle ch’essi, e ciascuno delle lor genti d’una parte ed altra, si facessero punger le vene e che si dessero a vicenda a bere del sangue loro in segno di fratellanza, dicendo ch’essi erano così d’uno sangue e fratelli. E così convenne [p. 197 modifica]egli fare tra le nostre genti e le genti di quel Cavaliere, e mescolarono del sangue loro con vino, e propinandolo l’uno all’altro, dissero allora che eran fatti fratelli d’un sangue solo. Ed ancora fecero essi un’altra cosa, cioè feciono passare un cane tra essi e le genti nostre, drittamente spartite, e poscia ispezzarono tutto il cane di loro spade pronunciando a gran voce: così sieno ispezzati quelli che falliranno gli uni agli altri.

Un’altra grande e meravigliosa cosa contò al Re quel Cavaliere di Toucy; e diceva che nel paese del Re dei Commani era morto un gran ricco tenitore di terre e Principe, al quale, quando e’ fue morto, fu fatta in terra una gran fossa molto larga e molto cupa, e fu assiso quel morto in una cadiera molto nobilmente parata ed ornata. E con esso lui fu disceso in quella fossa ed il miglior cavallo ch’elli avesse e l’uno de’ suoi sergenti, tutti vivi l’uomo e ’l cavallo. Ed aggiungeva che ’l sergente, avanti che entrar nella fossa, prese congedo dal Re e dagli altri gran personaggi che là erano, e che ’l Re gli diede oro e argento a fusone addogandoglielo al collo, e facendogli promettere che, quando sarebbe nell’altro mondo, gliel renderebbe, il che il pro sergente gli promise. Ed appresso il Re gli diede lettere indiritte al primiero Re che fu de’ Commani, mandandogli per le stesse, che quel produomo aveva molto bene vissuto e bene lo avea servito, pel che pregavalo che bene altresì il volesse guiderdonare. Dopo di che essi covrirono la fossa sull’uomo morto, e sul sergente e cavallo tutti vivi, di grosse [p. 198 modifica]tavole incavigliate, ed innanzi il dormire, in memoria e rimembranza di coloro ch’ essi aveano interrato, levarono sul tavolato della fossa una gran montagna di pietre e di terra.

  1. Norvegia ?