La serva amorosa/Lettera di dedica

Lettera di dedica

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La serva amorosa L'autore a chi legge
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A SUA ECCELLENZA

IL SIGNOR MARCHESE SENATORE

FRANCESCO ALBERGATI

CAPACELLI.


Q
UESTA mia Commedia, che ha per titolo La Serva Amorosa, ricorre alla Protezione benignissima di V. E., perchè nulla le manchi per essere fortunata. Ella fu da me concepita l’anno scorso1 in Bologna; costì la scrissi, costì comparve per la prima volta alla luce, e in Paese sì colto, in un Teatro ripieno d’Uomini dotti, di Dame perspicacissime e di Cavalieri eruditi, fu acclamata, la poverella, con estremo giubbilo del proprio Autore, e fu con istrano modo, per le pubbliche acclamazioni, da’ Comici ripetuta. Comecchè conosco me stesso, e della insufficienza mia sono a ragion persuaso, parmi, rileggendo tale Commedia, aver fatto qualche cosa di più di quello può promettermi ordinariamente il mio scarso talento. Pensai talora fra me medesimo che il clima felicissimo di Bologna, atto a rischiarare le menti degli Uomini più che ogni altro, in me medesimo fatto avesse un prodigio, fondando io la ragione sulla copia maravigliosa de’ talenti felici che costì regnano, li quali fanno risplendere cotesto illustre Città sopra tutte le altre, e giustamente le serbano lo specioso titolo di Madre delle Scienze.

Senza però ricorrere alle costellazioni, delle quali non abbiamo niente di certo, trovo più da vicino la causa di qualche miglior lume acquistato. La conversazione degli Uomini dotti val più d’ogni studio; da essi apprendesi con facilità, ciò che dai libri a forza [p. 204 modifica] di sudori si acquista, nè passò giorno di mia dimora costì, in cui la società di cotesti grand’Uomini non mi arricchisse di nuovi lumi, e non isgombrasse dal mio intelletto qualche ombra di pregiudizio. Il maggior profitto però, che io abbia fatto costì, lo riconosco dall’amabilissima compagnia di V. E., poichè degnandosi Ella di seco volermi frequentemente, e in Città, e in Villa, e a tavola seco, e seco nelle conversazioni, dal modo suo di pensare, e dai ragionamenti suoi, ho concepita l’idea del vero Cavaliere, dotto, prudente, affabile e generoso, nemico della vanità e dell’ alterigia. Sembra quasi impossibile, che nell’età di cinque lustri appena vaglia un Uomo solo ad unire dentro di sè medesimo tanta erudizione, tanta dottrina; eppure l’E. V. in una sì verde etade, in mezzo a tanti Uomini illustri prodigiosamente risplende. Ella agli studi più serj, sotto l’infallibile scorta del celeberrimo Francesco Zanotti, unì felicemente gli studj più dilettevoli. Possedendo, oltre alla Latina e alla più perfetta Toscana la favella Tedesca, l’Inglese, la Francese e la Spagnuola, scrivendole e traducendole egregiamente, conosce di tutte il buono, e può agevolmente condursi all’ottimo. Con quanti ho io ragionato delle materie Teatrali, niuno ritrovai più esattamente informato di V. E. delle regole, de’ costumi, della cognizion degli Autori, e sulle Opere di loro Giudice più veridico non ho di Lei conosciuto. Aggiungesi in Lei alle cognizioni collo studio acquistate, un genio Teatrale comune alla maggior parte de’ valorosissimi Bolognesi, ma in Lei più vivace, più sorprendente; genio veramente maestro, a cui se accoppiata si fosse quella necessità che muove agli Autori la mano, tutti cederebbono a Lei la palma. Ma a cose molto maggiori è destinato da Dio un Cavaliere sì grande, d’una delle più antiche, delle più illustri Famiglie d’Italia, a cui le Sacre Romane Porpore, le Parentele e gli Onori hanno in ogni secolo i fregi moltiplicati; un Cavaliere, che dal materno lato non meno che dal paterno, una lunga serie d’Eroi conta gloriosamente per Avi; e siami qui permesso riflettere e ragionare, che se dal sangue e dalla educazione formasi il temperamento ed i costumi dell’Uomo, non potea l’E. V. meno perfettamente riuscire dal sangue nutrito di [p. 205 modifica] una sì eccelsa Dama2, e dalla savissima sua educazione perfezionato. Tre mesi, che soggiornai l’anno scorso in Bologna, formarono i più felici giorni della mia vita. Godere oltre la di Lei protezione, anche la deliziosissima Sua compagnia, è un bene che non ha pari, è un bene di cui la rimembranza, che ho nel cuore stampata, mi serve tuttavia di conforto. Vuole il mio destino che io Le viva lontano, ma col cuore umile e rispettoso Le tengo dietro per tutto, ed ora in luogo mio questa Commedia, che teneramente amo, all’E. V. indirizzo, raccomando ed umilmente offerisco. Nata sotto gli auspicj Suoi è a Lei giustamente dovuta, poichè fra le infinite Virtù che l’adornano, trionfa mirabilmente il di Lei cuore amoroso. Questo mi fa sperare un generoso perdono all’audace mia presunzione, la quale è certamente congiunta a quel profondo rispetto, con cui mi onoro di rassegnarmi

Di V. E.

Umiliss. Devotiss. e Obbligatiss. Serv.
Carlo Goldoni.



Note

  1. Questa lettera di dedica uscì la prima volta nel t. I dell’ed. Paperini di Firenze, a metà dell’anno 1753.
  2. S. E. la Sig. Marchesa Donna Eleonora Bentivoglio d’Aragona Albergati, Ferrarese. [nota originale]