La secchia rapita (1930)/Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita/Canto sesto

Canto sesto

../Canto quinto ../Canto settimo IncludiIntestazione 19 dicembre 2020 75% Da definire

Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto quinto Dichiarazioni di Gaspare Salviani alla Secchia rapita - Canto settimo
[p. 247 modifica]

CANTO SESTO

S. 1, v. 1: Questo poeta non fu rubatore; ma le cose sue sono trovate da lui, e particolarmente le descrizioni, come questa del mezzogiorno e tant’altre dell’aurora e della notte. A Vergilio e al Tasso scema gran parte della lode l’essersi serviti delle invenzioni degli altri.

S. 16, v. 2: Dell’istessa lingua fiorentina riputata per ottima si serve a generare il ridicolo, sindacando la cattiva pronuncia d’alcune voci.

S. 77, v. 3: Introduce personaggi noti a molti e aggiustati [p. 248 modifica] all’azioni che lor fa fare. Il Teggia fu uomo di lettere, e cognito nella corte di Roma; e morí cieco: onde finge che fosse acciecato in questa guerra.

S. 21, v. 5: Sono cognomi di famiglie nobili bolognesi de’ nostri tempi.

S. 33, v. 5: Min del Rosso, Gabbion di Gozzadino, Carlon Cartari, Rufíin dalla Ragazza ed altri cosí fatti sono nomi notissimi tra i vecchi di Bologna.

S. 43, v. 3: «Lanzi» in Lombardia si chiamano i tedeschi: «sbittare» in bresciano significa saltar fuora e scappare, e «schitta» nello stesso linguaggio è l’istesso che cacarella o cacaiola.

S. 64, v. 1: Guido da Polenta signor di Ravenna e padre della Francesca da Rimini, di cui si ragionò di sovra, fioriva anch’egli in que’ tempi.

S. 66, v. 8: È detto da un nemico, che oppone ai romagnoli due pecche; cioè che sieno facili, quando sono banditi, a mettersi a rubare alla strada, e che scorticassero san Bartolomeo; ch’è una fama vana, perciò che san Bartolomeo morì in India.

S. 67, v. 3: In Modana sono veramente queste due fazioni. I «triganieri» sono una mano di scapigliati oziosi, che, non sapendo che farsi, si danno a far volar colombi ch’essi chiamano «trigani», e gli avezzano non solamente a condurne alle loro colombaie de’ forestieri, ma a portar anche delle lettere da luoghi distanti cinquanta e sessanta miglia: usanza conservata in quella cittá fin dalla sua prima origine; onde leggiamo in Plinio che, quando era assediata da Marc’Antonio con tanta strettezza che non ne poteva uscire uomo alcuno, furono mandate fuora colombe con lettere al collo, che furono cagione che ’l senato romano affrettasse il soccorso.

S. 67, v. 6: La compagnia de’ Bacchettoni ha preso questo nome da’ fiorentini; che chiamano «bacchettoni» certi che ’l giorno vanno baciando le tavoloccie e la sera s’adunano a disciplinarsi a calzoni calati. Ma l’origine di tal nome io non l’ho potuta sapere.

S. 69, v. 7: Questi sono i nomi di due «triganieri» famosi nella cittá di Modana e conosciuti da tutti gli osti e bettolieri.

S. 70, v. 4: Chi vuol sapere chi fosse santa Nafissa, o per dir meglio chi fosse la Nafissa riverita per santa dai maomettani, legga il Leoni nella descrizione dell’Africa, dove tratta delle curiositá e novitá che sono nella gran cittá del Cairo. E questo sia [p. 249 modifica] detto per rispondere a chi oppose giá al poeta che questo era un miscere sacra profanis, e che questo poema era una calza d’uno svizzero di due assise; non avendo mai letto Plinio secondo, nell’epistola XXI dell’ottavo libro ove egli favellò nella forma seguente: Ut in vita sic in studiis pulcherrimum et humanissimum existimo severitatem comitatemque miscere, ne illa in tristitiam, hæc in petulantiam excedat, etc.