La scienza nuova seconda/Libro secondo/Sezione undecima/Capitolo secondo
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[CAPITOLO SECONDO]
corollario
della venuta d’enea in italia
770Per tutto lo fin qui ragionato si può dimostrare la guisa com’Enea venne in Italia e fondò la gente romana in Alba, dalla qual i romani traggon l’origine: che una sí fatta cittá greca posta nel lido del Lazio fusse cittá greca dell’Asia, dove fu Troia, sconosciuta a’ romani finché da mezzo terra stendessero le conquiste nel mar vicino; ch’a far incominciarono da Anco Marzio, terzo re de’ romani, il quale vi die’ principio da Ostia, la cittá marittima piú vicina a Roma, tanto che, questa poscia a dismisura ingrandendo, ne fece finalmente il suo porto. E ’n cotal guisa, come avevano ricevuto gli arcadi latini, ch’erano fuggiaschi di terra, cosí poi ricevettero i frigi, i quali erano fuggiaschi di mare, nella loro protezione, e per diritto eroico di guerra demolirono la cittá. E cosí arcadi e frigi, con due anacronismi, gli arcadi con quello de’ tempi posposti e i frigi con quello de’ prevertiti, si salvarono nell’asilo di Romolo.
771Che se tali cose non andaron cosí, l’origine romana da Enea sbalordisce e confonde ogn’intendimento, come nelle Degnitá l’avvisammo; talché, per non isbalordirsi e confondersi, i dotti, da Livio incominciando, la tengon a luogo di favola, non avvertendo che, com’abbiam nelle Degnitá detto sopra, le favole debbon aver avuto alcun pubblico motivo di veritá. Perché egli è Evandro sí potente nel Lazio, che vi riceve ad albergo Ercole da cinquecento anni innanzi la fondazione di Roma; ed Enea fonda la casa reale d’Alba, la quale per quattordici re cresce in tanto lustro, che diviene la capitale del Lazio; e gli arcadi e i frigi, per tanto tempo vagabondi, si ripararono finalmente all’asilo di Romolo! Come da Arcadia, terra mediterranea di Grecia, pastori, che per natura non sanno cosa sia mare, ne valicarono tanto tratto e penetrarono in mezzo del Lazio, quando Anco Marzio, terzo re dopo Romolo, fu egli il primo che menò una colonia nel mar vicino? e vi vanno, insieme co’ frigi dispersi, dugento anni innanzi che nemmeno il nome di Pittagora, celebratissimo nella Magna Grecia, a giudizio di Livio, arebbe, per mezzo a tante nazioni, di lingue e di costumi diverse, da Cotrone potuto giugner a Roma? e quattrocento anni innanzi ch’i tarantini non sapevano chi si fussero i romani, giá potenti in Italia?
772Ma pure, come piú volte abbiam detto, per una delle degnitá sopra poste, queste tradizioni volgari dovettero da principio avere de’ grandi pubblici motivi di veritá, perché l’ha conservate per tanto tempo tutta una nazione. Che dunque? Bisogna dire che alcuna cittá greca fusse stata nel lido del Lazio, come tante altre ve ne furono e duraron appresso ne’ lidi del Mar Tirreno; la qual cittá innanzi della legge delle XII Tavole fusse stata da’ romani vinta, e per diritto eroico delle vittorie barbare fussesi demolita, e i vinti ricevuti in qualitá di soci eroici; e che, per caratteri poetici, cosí cotesti greci dissero «arcadi» i vagabondi di terra ch’erravano per le selve, «frigi» quelli per mare, come i romani i vinti ed arresi loro dissero «ricevuti nell’asilo di Romolo», cioè in qualitá di giornalieri, per le clientele ordinate da Romolo quando nel luco aprí l’asilo a coloro i quali vi rifuggivano. Sopra quali vinti ed arresi (che supponiamo nel tempo tra lo discacciamento degli re e la legge delle XII Tavole) i plebei romani dovetter esser distinti con la legge agraria di Servio Tullio, ch’aveva permesso loro il dominio bonitario de’ campi; del quale non contentandosi, voleva Coriolano, come sopra si è detto, ridurre [essi plebei] a’ giornalieri di Romolo. E poscia, buccinando dappertutto i greci la guerra troiana e gli errori degli eroi, e per l’Italia quelli d’Enea, come vi avevano osservato innanzi il lor Ercole, il lor Evandro, i loro cureti (conforme si è sopra detto), in cotal guisa, a capo di tempo, che tali tradizioni per mano di gente barbara s’eran alterate e finalmente corrotte; in cotal guisa diciamo, Enea divenne fondatore della romana gente nel Lazio. Il quale il Bocharto vuole che non mise mai piede in Italia, Strabone dice che non uscí mai da Troia, ed Omero, c’ha qui piú peso, narra ch’egli ivi morí e vi lasciò il regno a’ suoi posteri. Cosí, per due borie diverse di nazioni — una de’ greci, che per lo mondo fecero tanto romore della guerra di Troia; l’altra de’ romani, di vantare famosa straniera origine, — i greci v’intrusero, i romani vi ricevettero finalmente Enea fondatore della gente romana.
773La qual favola non potè nascere che a’ tempi della guerra con Pirro, da’ quali i romani incominciarono a dilettarsi delle cose de’ greci; perché tal costume osserviamo celebrarsi dalle nazioni dopo c’hanno molto e lungo tempo praticato con istranieri.