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Sezione decima - Capitolo secondo - Canone cronologico per dar i principi alla storia universale

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Sezione decima - Capitolo secondo - Canone cronologico per dar i principi alla storia universale
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[CAPITOLO SECONDO]

canone cronologico per dar i principi alla storia universale, che deono precorrere alla monarchia di nino, dalla qual essa storia universale incomincia.

736In forza adunque della detta teogonia naturale, che n’ha dato la detta cronologia poetica ragionata, e con la scoverta delle anzidette spezie d’anacronismi notati sopra essa storia poetica, ora, per dar i principi alla storia universale, che deon precorrere alla monarchia di Nino, dalla qual essa storia universale incomincia, stabiliamo questo canone cronologico: che dalla dispersione del gener umano perduto per la gran selva della terra, che ’ncominciò a farsi dalla Mesopotamia (come traile Degnitá n’abbiamo fatta una discreta domanda), per la razza empia di Sem nell’Asia orientale soli cento anni, e dugento per l’altre due di Cam e Giafet nelle restanti parti del mondo, vi corsero di divagamento ferino. Da che, con la religione di Giove (che tanti, sparsi per le prime nazioni gentili, ci approvarono, sopra, l’universale diluvio), incominciarono i principi delle nazioni a fermarsi in ciascheduna terra, dove per fortuna dispersi si ritrovavano, vi corsero i novecento anni dell’etá degli dèi, nel cui fine — perché quelli si erano per la terra dispersi per cercar pasco ed acqua, che non si truovano ne’ lidi del mare, le nazioni si eran fondate tutte mediterranee — dovettero scender alle marine; onde se ne destò in mente de’ greci l’idea di Nettunno, che trovammo l’ultima delle dodici maggiori divinitá. E cosí, tra’ latini, dall’etá di Saturno, o sia secolo dell’oro del Lazio, vi corsero da novecento anni che Anco Marzio calasse al mare a prendervi Ostia. Finalmente vi corsero i dugento anni ch’i greci noverano del secolo eroico, ch’incomincia da’ corseggi del re Minosse, séguita con la spedizione navale che fece Giasone in Ponto, s’innoltra [p. 362 modifica] con la guerra troiana e termina con gli error degli eroi fin al ritorno d’Ulisse in Itaca. Tanto che Tiro, capitale della Fenicia, si dovette portare da mezzo terra a lido, e quindi in un’isola vicina del mar fenicio, da piú di mille anni dopo il diluvio. Ed essendo giá ella celebre, per la navigazione e per le colonie sparse nel Mediterraneo e fin fuori nell’Oceano, innanzi al tempo eroico de’ greci, vien ad evidenza pruovato che nell’Oriente fu il principio di tutto il gener umano, e che prima l’error ferino per gli luoghi mediterranei della terra, dipoi il diritto eroico e per terra e per mare, finalmente i traffichi marittimi de’ fenici sparsero le prime nazioni per le restanti parti del mondo. I quali principi della commigrazione de’ popoli (conforme ne proponemmo una degnitá) sembrano piú cagionati di quelli i quali Wolfango Lazio n’ha immaginati.

737Or, per lo corso uniforme che fanno tutte le nazioni, il quale si è sopra pruovato coll’uniformitá degli dèi innalzati alle stelle, ch’i fenici portarono dall’Oriente in Grecia e in Egitto, hassi a dire che altrettanto tempo corse a’ caldei d’aver essi regnato nell’Oriente, talché da Zoroaste si fusse venuto a Nino, che vi fondò la prima monarchia del mondo, che fu quella d’Assiria; altrettanto che da Mercurio Trimegisto si venisse a Sesostride, o sia il Ramse di Tacito, che vi fondò una monarchia pur grandissima. E, perch’erano entrambe nazioni mediterranee, vi dovettero da’ governi divini, per gli eroici, e quindi per la libertá popolare, provenire le monarchie, ch’è l’ultimo degli umani governi, acciocché gli egizi costino nella loro divisione degli tre tempi del mondo scorsi loro dinanzi. Perché, come appresso dimostreremo, la monarchia non può nascere che sulla libertá sfrenata de’ popoli, alla quale gli ottimati vanno nelle guerre civili ad assoggettire la loro potenza; la qual poi, divisa in menome parti tra’ popoli, facilmente richiamano tutta a sé coloro che, col parteggiare la popolar libertá, vi surgono finalmente monarchi. Ma la Fenicia, perché nazione marittima, per le ricchezze de’ traffichi si dovette fermare nella libertá popolare, ch’è’l primo degli umani governi.

738Cosi con l’intendimento, senz’uopo della memoria, la [p. 363 modifica] quale non ha che fare ov’i sensi non le somministrano i fatti, sembra essersi supplita la storia universale ne’ suoi principi e dell’antichissimo Egitto e dell’Oriente, ch’è dell’Egitto piú antico, e, in esso Oriente, i principi della monarchia degli assiri; la quale finora, senza il precorso di tante e sí varie cagioni, che le dovevano precedere per provenirvi la forma monarchica, ch’è l’ultima delle tre forme de’governi civili, esce sulla storia tutta nata ad un tratto, come nasce, piovendo l’está, una ranocchia.

739In questa guisa la cronologia ella ci vien accertata de’ suoi tempi col progresso de’ costumi e de’ fatti, co’ quali ha dovuto camminare il gener umano. Perché, per una degnitá sopra posta, ella qui ha incominciato la sua dottrina dond’ebbe incominciamento la sua materia: da Χρόνος, Saturno (onde da’ greci fu detto χρόνος il tempo), numeratore degli anni con le raccolte, e da Urania, contemplatrice del cielo, affin di prender gli augúri, e da Zoroaste, contemplatore degli astri per dar gli oracoli dal tragitto delle stelle cadenti (che furon i primi μαθήματα, i primi Θεωρήματα, le prime cose sublimi o divine che contemplarono ed osservaron le nazioni, come si è sopra detto); e poi, col salire Saturno nella settima sfera, indi Urania divenne contemplatrice de’ pianeti e degli astri, e i caldei, con l’agio delle lor immense pianure, divennero astronomi ed astrologhi, col misurarne i lor moti e contemplarne i di lor aspetti, ed immaginarne gl’influssi sopra i corpi che dicono «sublunari» ed anco, vanamente, sopra le libere volontá degli uomini. Alla qual scienza restaron i primi nomi, che l’erano stati dati con tutta propietá: uno di «astronomia» o sia scienza delle leggi degli astri, l’altro di «astrologia» o sia scienza del parlare degli astri, l’uno e l’altro in significato di «divinazione», come da que’ «teoremi» funne detta «teologia» la scienza del parlar degli dèi ne’ lor oracoli, auspíci e augúri. Onde, finalmente, la mattematica scese a misurare la terra, le cui misure non si potevan accertare che da quelle dimostrate del cielo, e la prima e principale sua parte si portò il propio nome, col qual è detta «geometria». [p. 364 modifica]

740Perché, adunque, non ne incominciarono la dottrina donde aveva incominciato la materia ch’essi trattavano — perché incominciano dall’anno astronomico, il quale, come sopra si è detto, non nacque tralle nazioni che dopo almeno un mille anni, e che non poteva accertargli d’altro che delle congiunzioni ed opposizioni che le costellazioni e i pianeti si avessero fatti nel cielo, ma nulla delle cose che con proseguito corso fussero succedute qui in terra (nello che andò a perdersi il generoso sforzo di Piero Cardinal d’Alliac) — perciò tanto poco han fruttato a pro de’ principi e della perpetuitá della storia universale (de’ quali dopo essi tuttavia pur mancava) i due maravigliosi ingegni, con la loro stupenda erudizione, Giuseppe Giusto Scaligero nella sua Emendazione e Dionigi Petavio nella sua Dottrina de’ tempi.