La santa alleanza dei popoli (Mazzini)/La santa alleanza dei popoli/I

I.

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La santa alleanza dei popoli La santa alleanza dei popoli - II
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I.


Napoleone era caduto: il moto ascendente della rivoluzione francese, cessato. Ventidue anni di guerra avevano stancato l’Europa. La pace succedeva invocata; ed era benedetto, qualunque si fosse, chi la recava. Le vecchie dinastìe tornavano all’interrotta dominazione, riconsacrate dalla vittoria: le nuove si sperdevano nell’esilio, e l’eco delle fucilate, che uccidevano Murat al Pizzo, le ammoniva regalmente a non ritentare la via del seggio usurpato e perduto per sempre. La religione benediceva al rinnovamento; il dualismo dell’êra cristiana pareva cancellarsi in un patto di amore. Altare e trono si puntellavano l’uno con l’altro.

E nondimeno, inquieti e quasi tormentati da un presentimento, i re vincitori si stringevano a consiglio, e studiavano nuove difese contro tempeste che nulla annunciava. Il trionfo che quasi sempre disgiunse i collegati nella battaglia, suggeriva ad essi la necessità di un vincolo più potente. Gelosi, sospettosi l’uno dell’altro, soffocavano ogni gara, ogni diffidenza, per prepararsi, come contro un ignoto nemico, una forza comune. E gli atti del 9 giugno, del 25 settembre, e del 20 novembre 1815, l’ordinavano. Nel profanato [p. 2 modifica]nome di Dio, la Santa Alleanza inaugurava una nuova politica: i padroni del mondo s’univano contro l’avvenire. Cento sessantasette anni prima, il trattato di Vestfalia dava forza di legge a un sistema d’equilibrio e, come dicono i diplomatici, di contro forza, che lasciava sperare ai deboli minacciati un aiuto. Ora i forti dicevano ai forti: Noi ci colleghiamo perchè nessun debole s’attenti di mordere il freno che noi gli imponiamo: s’ei sorge, lo schiacceremo. La politica d’intervento a reprimere il principio progressivo, contenuto in germe nel trattato della Santa Alleanza, otteneva più chiaro e largo sviluppo il 12 maggio 1821 dal congresso di Laybac: applicazione prática di quel di Verona. D’allora in poi, dall’intervento francese in Ispagna nel 1823 sino all’intervento di tre monarchi e d’una repubblica contro Roma, dovunque un popolo è sorto per migliorare le proprie condizioni, dovunque una nazione oppressa o smembrata ha voluto rivendicare i proprii confini, il proprio libero voto, la Santa Alleanza è scesa a interporre divieto e proteggere gli oppressori.

Il patto del 1815 dava all’Europa un alto insegnamento che la democrazia non ha finora saputo raccogliere.

I potenti che lo segnarono indovinavano l’avvenire, e presentivano il nuovo avversario che, riavutasi dalla stanchezza, l’Europa avrebbe suscitato al loro dominio, il popolo. Il volgo, atterrito dallo spettacolo di quasi un milione di baionette dipendenti dai re collegati, non sapeva, ma essi sapevano che Napoleone era caduto, non tanto per la cieca forza maneggiata dai principi, quanto per la potenza di una idea popolare, e davanti al fremito dell’entusiasmo nazionale offeso dalla prepotenza del conquistatore: sapevano che la prima scena della catastrofe compita sui campi di Waterloo, s’era recitata da uomini di popolo nella Spagna: sapevano che alla guerra spagnuola del 1808, nei tentativi di reazione iniziati nelle Calabrie, ed altrove in Italia, nei moti germanici del 1813, aveva tolto forma e coscienza di sè un pensiero che diceva ai popoli: voi siete padroni del vostro suolo, soli interpreti della vostra legge di vita. E intendevano come quel pensiero avrebbe sviluppo; come, dopo avere osato levarsi a contrasto con Napoleone, non s’arretrerebbe davanti a principi inferiori a lui di potenza e di genio. Il patto del 1815, dissimile dalle leghe a tempo del 1793 contro il moto rivoluzionario di Francia, minaccioso [p. 3 modifica]a tutta Europa, e stretto nei giorni della vittoria, fu la prima confessione della potenza d’un elemento inavvertito allora dai più: un omaggio forzatamente reso alla solidarietà delle nazioni, all’unitá della vita europea; un’applicazione falsa e tirannica d’un principio vero, e che forma l’anima della nostra fede, il principio rivelatore d’una vita collettiva nell’umanità. Toccava a noi di opporre a quella un’applicazione legittima, fondata, non sul privilegio arbitrario dei pochi, ma sul diritto, e più, sul dovere di tutti. Toccava alla democrazia di levare arditamente in alto, a fronte della bandiera sulla quale gli uomini del 1815 avevano scritto Dio e i principi, la bandiera che porta scritto Dio e i Popoli.