La saggezza di Padre Brown/II
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Traduzione dall'inglese di Gian Dàuli (1930)
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Il grande Muscari, uno dei più originali tra i giovani poeti toscani, entrò a passi rapidi nel suo ristorante favorito, il quale era coperto da un gran tendone ed ombreggiato da alberi di aranci e limoni, in vista al mare Mediterraneo. Camerieri in grembiali bianchi, preparavano già le tavole per una elegante colazione, e questo sembrava aumentare una soddisfazione che toccava già i limiti della vanteria. Muscari aveva un naso aquilino simile a quello di Dante; i suoi capelli scuri e un fazzoletto da collo pure scuro, svolazzavano liberamente; indossava un mantello nero, e se avesse portato anche una maschera nera, avrebbe avuto l'aria di un personaggio da melodramma veneziano. Le sue maniere erano quelle di un trovatore antico che sente di avere un posto ben definito nella società, come l'ha un vescovo. Egli era un Don Giovanni redivivo, per quanto il suo secolo lo permettesse, e non gli mancava lo spadino e la chitarra. Poichè non viaggiava mai senza portar seco una cassetta di spade colle quali aveva combattuto molti brillanti duelli, o senza l'astuccio del mandolino col quale pel momento dare serenate a Miss Ethel Harrogate, la distintissima figlia di un banchiere di Yorkshire che era in vacanza. Eppure non era un ciarlatano nè un bambino; ma era un naturale e caldo esemplare di razza latina che se amava qualche cosa, era coerente a se stesso. La sua poesia era così schietta e limpida, come avrebbe potuto esserlo la prosa di chiunque altro. Il suo desiderio di fama e di vino, o di bellezza femminile, era di una focosa e traboccante evidenza, inconcepibile fra i nebulosi ideali e i nebulosi compromessi del temperamento nordico. Per razze più indeterminate, la sua intensità dava come un'apprensione di pericolo ed anche di delitto. Come il fuoco e il mare egli era troppo semplice per non ispirare diffidenza.
Il banchiere e la sua bella figliola inglese alloggiavano all'albergo annesso al ristorante frequentato da Mascari; che era per questo il suo ristorante preferito. Girando lo sguardo per la stanza, egli si accorse però subito che il banchiere e sua figlia non erano ancora discesi. Il ristorante era tutto illuminato ma ancora quasi vuoto. Due preti parlavano seduti a una tavola in un angolo, ma Muscari (un ardente cattolico) non fece più attenzione a loro di quel che avrebbe fatto per una coppia di cornacchie. Ma da un sedile ancor più lontano, in parte nascosto da un albero nano di arance dorate, si eresse e si avanzò verso il poeta una persona vestita con un gusto diametralmente opposto al suo. Indossava un abito di panno grezzo a scacchi, con cravatta rossa e colletto duro, e calzava delle scarpe di un color giallo vistoso. Pareva che, secondo la tradizione di Arry in Margate, egli cercasse insieme di dar nell'occhio e di sembrare alla buona. Ma quando questa apparizione di damerino e gonzo di Londra fu più vicina, Muscari fu stupito di accorgersi che la testa era affatto differente dal resto della persona.
Era una testa d'Italiano, espressiva, abbronzata e vivacissima, che si ergeva bruscamente fuori del colletto dritto come un cartone e della comica cravatta rossa. Infatti era una testa che egli già conosceva. La riconobbe al disopra della tremenda cammuffatura di quell'abbigliamento da inglese in vacanza, come la testa di un antico mai dimenticato amico a nome Ezza. Questo giovane era stato un prodigio nel convitto e all'età di soli 15 anni pareva che lo attendesse una fama europea, ma quando apparve nel mondo, decadde prima come demagogo e drammaturgo, e in seguito per anni, come attore, come viaggiatore, come agente commissionario e giornalista. Muscari l'aveva conosciuto ultimamente dietro le quinte del teatro; il suo temperamento armonizzava molto bene coll'eccitamento di tale professione, ma si diceva che qualche calamità morale avesse finito per abbatterlo ed inghiottirlo.
— Ezza! – gridò il poeta alzandosi e stringendogli la mano con meraviglia e piacere. – Ti ho veduto già sotto molte spoglie nel ridotto del teatro, ma non avrei mai creduto di vederti vestito come un inglese.
— Questo – rispose Ezza con serietà – non è l'abbigliamento di un inglese, ma dell'Italiano del futuro.
— In questo caso – rispose Muscari,— confesso che preferisco l'italiano del passato.
— Questo è il tuo antico errore, Muscari – disse l'uomo in abito a scacchi, scuotendo la testa – e l'errore dell'Italia. Nel secolo decimosesto noi toscani eravamo all'avanguardia; il nostro acciaio, i nostri intagli, la nostra chimica erano sempre i più moderni. Perchè non dovremmo avere anche adesso le fabbriche e i motori più moderni, la finanza più nuova, gli abiti di ultimo modello?
— Perchè essi non meritano la nostra preferenza – rispose Muscari. – Non è possibile far degl'italiani un popolo veramente progredito; essi sono troppo intelligenti. Uomini che conoscono la strada più breve per viver bene, non si indurranno mai a percorrere le nuove elaborate vie del progresso.
— Ebbene, per me Marconi, non d'Annunzio è la stella d'Italia – disse l'altro. – Ecco perchè io sono divenuto futurista e corriere.
— Corriere! – esclamò Muscari ridendo. – È questo l'ultimo nella lista dei tuoi impieghi? E chi accompagni?
— Oh! È un uomo che si chiama Harrogate, e la sua famiglia, credo.
— Non è forse il banchiere che è nell'albergo? – interrogò il poeta con premura.
— È proprio desso – rispose il corriere.
— Paga bene? – domandò semplicemente il trovatore.
— Per me va bene – disse Ezza con un sorriso enigmatico. – Ma io sono un corriere un po' originale. – Poi, come cambiando soggetto disse all'improvviso: – Egli ha una figlia e un figlio.
— La figlia è divina, – affermò Muscari – il padre ed il figlio sono semplicemente umani, credo. Ma date le sue qualità inoffensive, questo banchiere non ti colpisce come uno splendido esempio del mio argomento? Harrogate ha dei milioni nelle sue banche, ed io ho tutto il mio avere in tasca. Ma tu non puoi dire che egli sia più abile di me, e più orgoglioso di me, od anche più energico. Egli non è abile; ha degli occhi simili a due bottoni azzurri, non è energico; passa di sedia in sedia come un paralitico. Egli è un coscienzioso, gentile, vecchio baggiano; ma ha del danaro perchè fa collezione di danaro, come un ragazzo fa collezione di francobolli. Tu hai una mente troppo forte per riuscir bene in affari, Ezza. Vedrai che non andrai molto avanti. Per aver l'abilità di ottenere tutto questo danaro, bisogna essere abbastanza stupidi per desiderarlo.
— Io sono abbastanza stupido per questo – disse Ezza cupamente. – Ma ti consiglio di sospendere la tua critica del banchiere, perchè egli sta venendo.
Il signor Harrogate, il grande finanziere, entrava infatti nella camera, ma nessuno lo guardò. Egli era un uomo piuttosto attempato, di massiccia statura, con occhi azzurri velati, e dei mustacchi scoloriti grigio sabbia, ma, per le sue spalle incurvate, si sarebbe detto un colonnello. Portava in mano molte lettere ancora sigillate. Suo figlio Franck era veramente un bel ragazzo, dalla testa ricciuta, abbronzato dal sole, e gagliardo; ma, anche lui, nessuno si curò di guardarlo. Invece tutti gli occhi si volsero, come sempre, all'ultimo momento, su di Ethel Harrogate la cui testa dorata dal profilo greco e il volto soffuso dal color dell'aurora, sembravano farla risaltare sopra questo mare di zaffiro come fosse una Dea.
Il poeta Muscari trasse un profondo respiro come se dovesse bere qualche cosa, e così infatti era. Egli beveva la bellezza classica che i suoi padri avevano inteso e creato. Ezza la studiava con uno sguardo ugualmente intenso e molto più sconcertante.
Miss Harrogate era in quel giorno più radiosa che mai, e disposta a conversare; e la sua famiglia aveva adottato l'uso continentale di una più facile socievolezza, permettendo allo straniero Muscari ed anche al corriere Ezza, di sedersi a tavola con loro e di chiacchierare insieme. Ciò che vi era di convenzionale in Ethel Harrogate assumeva una perfezione e uno splendore tutto suo proprio. Orgogliosa della prosperità di suo padre, appassionata dei suoi divertimenti alla moda, essa era una figlia amante ed anche una esperta civettuola; ma a tutto questo univa una specie di buon umore radioso che rendeva piacevole il suo stesso orgoglio e la sua rispettabilità mondana, una cosa piena di freschezza e cordialità.
Essi erano in un turbine di eccitamento riguardo ad alcuni supposti pericoli sulla strada di montagna dove desideravano salire in quella settimana. Il pericolo non doveva provenire da rocce o valanghe ma da qualche cosa di più romantico. Ethel era stata premurosamente avvertita che dei briganti, i veri scannatori della leggenda moderna infestavano ancora quella cima e tenevano in loro potere quel passo degli Appennini.
— Dicono – essa esclamò con quel tremendo gusto per le cose spaventevoli che hanno le ragazze di scuola, – che tutta questa zona non è governata dal Re d'Italia, ma dal Re dei ladri. Chi è il Re dei Ladri?
— Un grand'uomo, – rispose Muscari – che può stare a pari col vostro stesso Robin Hood, signorina. Montano, il re dei ladri, fece parlar di sè come abitatore di queste montagne, circa 10 anni fa, quando la gente diceva che la razza dei briganti era estinta. Ma la sua selvaggia autorità si propagò colla velocità di una silenziosa rivoluzione. Gli uomini trovarono le traccie di questa fiera autorità scolpite in ogni villaggio montano; le sue sentinelle, i fucili alla mano, in ogni burrone. Sei volte il governo italiano si provò di farlo sloggiare, ma fu battuto in altrettante battaglie campali come se avesse avuto a che fare con un Napoleone.
— Cose simili non potrebbero mai succedere in Inghilterra – osservò il banchiere con ponderazione. – Ad ogni modo sarebbe forse meglio scegliere un'altra strada. Ma il corriere pensa che non ci sia alcun pericolo.
— E non ve n'è assolutamente nessuno – disse il corriere con disprezzo. – Sono stato là più di venti volte. Vi sarà stato forse qualche evaso di carcere chiamato Re ai tempi dei nostri nonni; ma ciò appartiene alla storia, se non alla favola. Il brigantaggio è totalmente scomparso.
— Non può mai essere totalmente scomparso – rispose Muscari – perchè la rivolta armata è una reazione naturale nei meridionali. I nostri contadini sono come le montagne, ricche di grazia e di gaiezza, ma col fuoco nell'interno. Vi è un punto dell'umana disperazione, in cui il nordico infelice si abbandona al bere, ed il nostro impugna la spada.
— Un poeta è privilegiato – replicò Ezza con un risolino di scherno. – Se il signor Muscari fosse inglese, si preoccuperebbe dei malandrini nel Wandsworth. Credetemi, non vi è maggior pericolo di esser catturato in Italia, che di esser scorticato a Boston.
— Sicchè voi proporreste di tentare quella ascensione? – chiese il signor Harrogate, corrugando la fronte.
— Oh, mi sembra una cosa spaventevole! – esclamò la fanciulla volgendo i suoi occhi scintillanti su Muscari. – Pensate davvero che quel passo sia pericoloso?
Muscari scosse indietro la sua nera capigliatura.
— Io so che è pericoloso – disse, – Voglio traversarlo domani.
Il giovane Harrogate restò indietro un momento per vuotare un bicchiere di vino bianco ed accendere una sigaretta, mentre la bella si ritirava col banchiere, e il corriere ed il poeta si palleggiavano delle satire giocose. Quasi allo stesso tempo, i due preti nell'angolo si alzarono; il più alto, un italiano coi capelli bianchi, prese congedo, il più piccolo si voltò, avanzandosi verso il figlio del banchiere che fu molto stupito di vedere che egli, quantunque prete cattolico, era un inglese. Ricordava vagamente di averlo incontrato in qualche riunione di suoi amici cattolici, ma il prete parlò prima che egli potesse rendersi conto di lui.
— Ella è il signor Frank Harrogate, credo – disse. – Io ho avuto una presentazione, ma non è di questa che ora intendo servirmi. La strana cosa che debbo dirle, è meglio ch'io la dica come sconosciuto. Signor Harrogate, una sola parola e vado: abbia cura di sua sorella nel suo grande dolore.
— Intende ella alludere ai briganti? – egli domandò, rammentando un suo vago timore – oppure teme qualche cosa da Muscari?
— Non si può mai pensare a uno speciale dolore – disse lo strano prete. – Si può soltanto cercar di aiutare quando viene.
E si allontanò rapidamente dalla camera lasciando l'altro quasi a bocca aperta per lo stupore.
Uno o due giorni dopo, una carrozza con tutta la compagnia si trascinava e barcollava su pei fianchi di quelle temute giogaie montane. La famiglia inglese in mezzo ai due fuochi della baldanzosa sicurezza di Ezza e dell'ostinata contrarietà di Muscari, si decise a mettere in esecuzione il suo piano primitivo: e Muscari fece coincidere la sua ascensione colla loro. Alla stazione di una cittadina della costa ebbero la sorpresa di trovare il piccolo prete del ristorante, che spiegò la sua presenza in quei luoghi come dovuta ai suoi affari privati. Ma per il giovane Harrogate, questa apparizione era connessa coi mistici timori e gli avvertimenti del giorno avanti. La carrozza era una specie di comodo vagone inventato dal moderno talento del corriere, che dominava la spedizione colla sua scientifica attività e la sua fresca arguzia. Il pensiero del pericolo dei briganti era svanito da ogni mente, e non se ne parlava più; benchè fosse stato convenuto di prendere qualche leggera precauzione. Il corriere e il giovane banchiere portavano dei revolver carichi, e Muscari, con giovanile godimento, si affibbiò alla cintura sotto il mantello nero una specie di scimitarra. Egli si era collocato su d'un sedile volante vicino alla bella inglesina; dall'altro lato di questa sedeva il prete che si chiamava Brown, e che fortunatamente era un individuo silenzioso; il corriere, il banchiere ed il figlio erano al banco dietro. Muscari era in istato di eccitazione, e i suoi discorsi con Ethel avrebbero potuto farlo credere un maniaco. Ma vi era qualche cosa in quella primitiva e gloriosa ascesa, in mezzo a balze e picchi coperti di boschi simili a pometi, che sollevava lo spirito della fanciulla con quello di lui, in rosate e fantastiche regioni dove roteavano soli meravigliosi. La strada bianca si arrampicava come un gatto bianco; pareva una corda tesa sopra burroni senza sole.
Eppure per quanto andassero in alto per quei luoghi solitari, dappertutto si vedevano boccioli in fiore come fosse un roseto. I prati erano bruniti dal sole e dal vento coi colori del tordo marino, del pappagallo e del colibrì; variopinti da centinaia di fiorellini sbocciati. Non vi sono prati più incantevoli, nè terreni boschivi di un verde più tenero di quelli inglesi; nè creste o fenditure più imponenti di quelle di Snowdon e Glencoe. Ma Ethel Harrogate non aveva mai veduto prima i parchi del mezzogiorno sospesi sui picchi frastagliati del Nord; la gola di Glencoe carica dei frutti del Kent. Non vi era là nulla di quel gelo e di quella desolazione che in Inghilterra va sempre associata cogli austeri e selvaggi panorami delle altitudini. Era piuttosto come un palazzo di mosaico rovinato da un terremoto, o come un giardino olandese di tulipani che la dinamite ha fatto saltare fino alle stelle.
— Somiglia ai giardini di Kew sulla spiaggia di Head – disse Ethel.
— È il nostro segreto – egli rispose – il segreto del Vulcano, è anche il segreto della rivoluzione, che una cosa possa essere violenta ed insieme fruttifera.
— Voi stesso siete piuttosto violento – essa disse sorridendogli.
— Eppure infruttuoso – egli riconobbe. – Se io morissi questa notte morrei solo ed inutile come uno stupido.
— Non è mia colpa se siete venuto – essa disse dopo un silenzio piuttosto penoso.
— Non è mai vostra colpa, – rispose Muscari; – non fu vostra colpa se Troia cadde.
Mentre parlavano giunsero sotto un dirupo incombente, che si protendeva a guisa di ali su di un'estremità pericolosa. Offesi dalla grande ombra sullo stretto sentiero, i cavalli si imbizzarrirono dubbiosi. Il cocchiere saltò a terra per tener loro ferma la testa, ma essi divennero indomabili. Un cavallo si rizzò in tutta la sua altezza, la titanica e terrificante altezza di un cavallo quando diviene bipede. Fu abbastanza per alterare l'equilibrio. Il carrozzone sobbalzò e si rovesciò come una nave in tempesta e andò a fracassarsi fra i cespugli del dirupo. Muscari con un braccio prese Ethel per la vita, e questa si avvinghiò a lui gridando disperatamente. Ma era per momenti simili che egli aveva desiderato di vivere. Mentre nella vertigine della caduta, il poeta vedeva l'imponente masso di montagna girar nella sua testa come un molino a vento color porpora, accadde una cosa che a prima vista potè sembrare anche più stupefacente. Il vecchio, letargico banchiere, balzò dritto nella carrozza e spiccò un salto al disopra del precipizio, prima che il veicolo, ribaltando, ve lo gettasse. A prima vista questa mossa parve come un suicidio, ma in verità era stata molto accorta e l'aveva portato a salvamento. L'uomo del Yorkshire aveva dato prova di prontezza di spirito e sagacità più di quanto Muscari ne lo avesse giudicato capace. Poichè egli andò a cadere in una zolla erbosa coperta di trifoglio che sembrava messa là apposta per riceverlo. Accadde invero che tutta la compagnia fu ugualmente fortunata, benchè meno dignitosa nel modo con cui fu proiettata, poichè sotto quel brusco svolto di strada c'era un piccolo avvallamento tutto erboso e fiorito a guisa di praticello; una specie di tasca verdeggiante nel lungo strascico della collina verde. In quello stesso punto si trovarono tutti rovesciati con un capitombolo e con poco danno, eccetto per i loro piccoli bagagli e il contenuto delle loro tasche, che si sparse dappertutto sull'erba intorno. La carrozza danneggiata sospesa in alto, affondata nel ciglio della strada, e i cavalli invischiati nel terreno molle giù per la china.
Il primo a sedersi fu il piccolo prete che si grattava la testa con un'espressione piena di folle stupore. Frank Harrogate lo sentì dire a sè stesso: «Perchè mai siamo andati a cadere proprio in questo punto?» Girò lo sguardo inquieto intorno a sè e raccolse il suo rozzo ombrello. Poco più in là vide il cappello a larghe falde caduto dalla testa di Muscari e vicino ad esso una lettera di affari sigillata che, dopo dato uno sguardo all'indirizzo consegnò al vecchio Harrogate. Dall'altra parte, mezzo nascosto dall'erba giaceva il parasole di Miss Ethel, e al di là di questo una curiosa bottiglina alta appena due o tre centimetri. Il prete la raccolse e rapidamente, senza farsi scorgere, l'aprì, l'odorò, e la sua faccia prese il color terreo della creta.
— Santi del cielo aiutateci! – mormorò. – Questa non può appartenerle certo. O che il dolore si sia già abbattuto su di lei? – E intanto fece scivolare la bottiglina nella tasca del suo panciotto. – È meglio così – disse – finchè non vedo più chiaro in questo affare.
Gettò uno sguardo di compassione verso la fanciulla che in quel momento si sollevava di mezzo ai fiori aiutata da Muscari, che intanto le diceva:
— Siamo caduti in cielo; questo è buon segno. I mortali salgono e cadono giù; ma soltanto gli dei e le dee possono cadere verso l'alto.
Infatti essa sorse da quel mare di colori come una visione di tale bellezza e felicità, che i sospetti del prete ne furono scossi e fugati. «Dopo tutto», pensò, «il veleno non appartiene forse a lei; sarà uno dei trucchi melodrammatici di Muscari». Questi intanto aiutata gentilmente la giovine donna ad alzarsi in piedi, le fece un esagerato inchino teatrale, e poi sfoderando la sua scimitarra picchiò con forza sui lombi dei cavalli che si rizzarono sulle gambe e rimasero così nell'erba tutti tremanti. Dopo ch'egli ebbe fatto questo, accadde una cosa molto rimarchevole. Un uomo dall'aspetto molto tranquillo, poveramente vestito e col viso abbronzato dal sole, venne fuori dai cespugli e diede di piglio alla testa dei cavalli. Aveva un coltello di forma strana, molto largo e ricurvo attaccato alla cintura; non c'era null'altro di notevole in lui, eccetto il suo subitaneo e silenzioso apparire. Il poeta gli domandò chi fosse, ma egli non rispose. Guardando intorno a sè ed osservando nel piccolo concavo di terra i suoi compagni confusi e smarriti, Muscari scorse un altro uomo pure abbronzato ed in cenci che li guardava dalla rocca sporgente sotto di loro, appoggiando il gomito all'orlo della pietra. Si volse poi a guardare dalla parte della strada da dove erano caduti, e vide la bocca di quattro altre carabine, e quattro altre faccie brune, con occhi lucenti ma immobili.
— I briganti! – gridò Muscari con una specie di mostruosa gaiezza. – Questa è un'imboscata. Ezza, mi farete un gran piacere di fucilare il cocchiere per primo, potremo allora trovare ancora una via d'uscita. Vi sono soltanto sei di questi uomini.
— Il cocchiere, – disse Ezza che stava in piedi con occhio torvo, le mani in tasca – è al servizio del signor Harrogate.
— Una ragione di più per fucilarlo – esclamò il poeta con impazienza – egli è stato pagato per rovinare il suo padrone. Poi, mettiamo la signora in mezzo a noi, e sbaraglieremo quella fila di uomini con un assalto. – E ingolfandosi fra quell'erba e quei fiori selvatici, avanzò senza timore verso le quattro carabine; ma vedendo che nessuno lo seguiva eccetto il giovane Harrogate, si voltò brandendo la scimitarra per far cenno agli altri di muoversi. Mirò il corriere ancora fermo con noncuranza, colle gambe allargate, sempre colle mani in tasca, nel mezzo del cerchio erboso; e la sua testa d'italiano, ironica e un po' curva, pareva divenir sempre più allungata nella luce della sera.
— Voi pensate, Muscari, che io abbia avuto completo insuccesso fra i miei condiscepoli, e che voi invece siate riuscito con onore. Ebbene, io ho avuto maggior successo di voi e rappresento nella storia una parte più importante. Io ho compiuto delle epiche gesta, mentre voi le avete soltanto scritte.
— Venite, tuonò Muscari dall'alto, venite, vi dico. Volete star lì a parlare delle vostre stupidaggini, davanti a una donna che bisogna salvare, e con tre uomini forti pronti ad aiutarvi? Che nome potete voi darvi?
— Io mi chiamo Montano – gridò lo strano corriere con una voce forte e piena. – Io sono il Re dei ladri, e v'invito a venir tutti alla mia dimora estiva.
E mentre parlava altri cinque uomini silenziosi con le armi pronte sbucarono dai cespugli fissando gli occhi verso di lui per ricevere gli ordini. Uno di essi teneva in mano un grande foglio scritto.
— Questo grazioso piccolo nido dove siamo tutti riuniti – continuò il corriere-brigante collo stesso facile sorriso, – costituisce, insieme con le caverne sottostanti, ciò che è conosciuto sotto il nome di Paradiso dei Ladri. È la mia principale fortezza in queste colline, poichè (come avrete certo notato), il covo è nascosto e non si può scorgere nè dalla strada nè dalla valle di sotto. È qualche cosa non solo di inespugnabile, ma di invisibile. Qui io passo la maggior parte della mia vita, e qui certamente io morrò se i gendarmi arriveranno a scoprirmi. Io non appartengo a quel genere di criminali che tengono in serbo la loro difesa, ma a quelli molto superiori che hanno pronta l'ultima cartuccia.
Tutti lo guardarono fissamente, immobili e come fulminati, eccetto Padre Brown che trasse un profondo sospiro di sollievo, e accennando alla piccola fiala che aveva in tasca «Dio sia ringraziato» mormorò, «questo è più probabile. Il veleno appartiene certamente a questo capo brigante. Egli lo porta sempre con sè per non farsi mai catturare, come Catone».
Il Re dei Ladri continuava intanto la sua arringa colla stessa pericolosa cortesia.
— Ora non mi resta che spiegare ai miei ospiti le condizioni nelle quali avrà il piacere di albergarli – egli disse. – Non ho bisogno di esporre lo strano vecchio rito di riscatto che è incombente per me di osservare; e questo è da applicarsi soltanto a una parte della compagnia. Il Reverendo Padre Brown e il celebrato signor Muscari saranno liberi domani all'aurora e accompagnati ai miei confini. Poeti e preti (scusate il mio semplice parlare) non hanno mai denaro. Perciò, giacchè non mi è possibile ricavar nulla da loro, cogliamo l'occasione per mostrare la nostra ammirazione per i classici e il nostro rispetto per la Santa Chiesa.
Si arrestò un momento con un sorriso spiacevole, e Padre Brown lo sogguardò ripetutamente, mentre lo ascoltava con viva attenzione. Il brigante capitano prese il largo foglio dalle mani dell'assistente brigante, e scorrendolo collo sguardo continuò:
— Le mie intenzioni sono chiaramente espresse in questo pubblico documento, che darò a leggere a tutti fra un momento, e che poi sarà affisso ad un albero, in ogni villaggio della vallata, e ad ogni crocevia della collina. Non voglio annoiarvi con tante parole, visto che potrete da voi verificare il documento. Il nocciolo del mio proclama è questo. Io annuncio prima di tutto di aver catturato il milionario inglese, il colosso della finanza, signor Samuele Harrogate. Secondo, che ho trovato su di lui delle banconote e delle obbligazioni per la somma di duemila sterline che egli mi ha consegnate. Ora, siccome non sarebbe giusto annunciare una tal cosa al pubblico ingenuo se non fosse avvenuta, è mio parere che questo debba avvenire senza alcuna dilazione, quindi consiglio il signor Harrogate di consegnarmi all'istante le duemila sterline che ha in tasca.
Il banchiere gli lanciò uno sguardo fosco; aveva il viso infiammato e burbero ma che esprimeva anche l'avvilimento. Il salto fatto dalla carrozza precipitante sembrava aver consumato le sue ultime energie. Egli aveva preso un atteggiamento da ribaldo, quando suo figlio e Muscari si erano slanciati animosamente per sventare l'imboscata brigantesca. Ma adesso la sua mano rossa e tremante cercava con riluttanza nella tasca del panciotto, e ne tirò fuori un pacco di carte e buste che consegnò al brigante.
— Magnifico – esclamò il fuoruscito allegramente. – Finora va tutto a meraviglia. Ora riassumo i punti del mio proclama che al più presto saranno pubblicati per tutta Italia. Il terzo punto è quello del riscatto. Io chiedo agli amici della famiglia Harrogate una taglia di tremila sterline; e la richiesta è talmente moderata che può sembrare quasi insultante per una famiglia di tale importanza. Chi non pagherebbe volentieri il triplo di questa somma per aver l'onore ed il piacere di trovarsi nella società di tali persone? Non voglio nascondervi che il documento termina con certe frasi riguardanti le cose spiacevoli che potrebbero accadere se il danaro non fosse pagato; ma intanto, signore e signori, permettetemi di assicurarvi che la mia abitazione qui è comoda e confortevole; non manca di vino e sigari, ed io vi invito a passar con me dei giorni di piacevoli divertimenti nella casa lussuosa che è il «Paradiso dei Ladri».
Mentre questo discorso aveva luogo, gli uomini dallo sguardo immobile, dai sudici cappelli a sghembo, armati di carabine, si erano raccolti silenziosamente in tal numero preponderante, che anche Muscari era costretto a riconoscere l'inutilità di un assalto colla sua spada. Egli gettò uno sguardo attorno a sè; la fanciulla si era già avvicinata a suo padre, per calmarlo e confortarlo, poichè la sua affezione per lui era più forte ancora dello smodato orgoglio pei suoi trionfi e successi. Muscari, con la illogicità dell'amante, ammirò quell'atto di devozione filiale, e insieme ne fu irritato. Rinfoderò la spada e si sdraiò con aria tetra su uno dei banchi erbosi. Poco distante da lui sedeva il prete, e Muscari volse verso di lui gli occhi e il naso aquilino in un impeto di irritazione.
— Ebbene – chiese il poeta con tono brusco, – mi si giudica ancora un romantico? Sono o non sono rimasti i briganti nelle montagne?
— Può darsi che ci siano – rispose padre Brown agnostico.
— Che cosa volete dire? – riprese l'altro con asprezza.
— Voglio dire che non mi raccapezzo – rispose il prete. – Non capisco più niente riguardo a Ezza o Montano o comunque si chiami il giovanotto. Mi pare ancora più inesplicabile come brigante di quanto lo fosse come corriere.
— Ma perchè? – insistette il compagno. – Santa Maria! avrei pensato che il brigante fosse abbastanza spiegabile.
— Trovo tre strane difficoltà – cominciò il prete con voce pacata: – Amerei sapere la vostra opinione su di esse. Anzitutto devo dirvi che stavo facendo colazione in quel ristorante della costa. Quando usciste tutti e quattro dalla sala, voi e Miss Harrogate camminavate avanti, discorrendo e ridendo; il banchiere e il corriere venivan dietro, scambiandosi poche parole a voce piuttosto bassa, ma senza volerlo udii Ezza dire queste parole: «Ebbene, è meglio per ora che essa si diverta; voi sapete che da un momento all'altro può venire il colpo che l'abbatta». Il signor Harrogate non rispose nulla, sicchè quelle parole debbono aver avuto qualche significato. Nell'impulso del momento avvertii il fratello di lei che essa si sarebbe forse trovata in pericolo, non potei dire di qual natura, perchè non ne sapevo nulla. Ma questo non poteva essere l'imboscata sulla collina, sarebbe un controsenso. Perchè il corriere brigante avrebbe avvertito il suo padrone anche solo con un cenno, quando il suo scopo era di attirarlo nella trappola della montagna? Non potevano però certo quelle parole alludere a questo. Ma allora qual'è quest'altro disastro conosciuto dal corriere e dal banchiere, che è sospeso sul capo di Miss Harrogate?
— Un disastro per la signorina Harrogate? – esclamò il poeta con espressione quasi feroce, accomodandosi a sedere. – Spiegatevi meglio, continuate.
— Eppure, dove più mi lambicco il cervello è intorno al nostro capo bandito – conchiuse il prete riflettendo. – E qui siamo al secondo punto. Perchè nella sua domanda di riscatto egli ha voluto mettere così in evidenza il fatto di aver già preso dalle sue vittime sul luogo duemila sterline? Questo non giova per nulla allo scopo di spingere a pagare la taglia richiesta. Anzi, è il contrario. Gli amici di Harrogate avrebbero più ragione di temere per la sua sorte se pensassero che i ladri sono disperati e nella miseria. Eppure la spogliazione fatta sul posto è stata messa in grande evidenza e fra i primi punti. Perchè Ezza Montano ci tiene tanto a che tutta Europa conosca che egli ha vuotato le tasche del banchiere prima che avvenisse il suo riscatto?
— Io non capisco nulla – disse Muscari ficcando le mani fra i capelli con un gesto, contro il suo solito, spontaneo e senza affettazione. – Voi pensate forse d'illuminarmi, ma invece mi rendete più folte le tenebre. Qual'è la terza obbiezione al Re dei Ladri?
— La terza obbiezione – disse Padre Brown, ancora meditabondo, – è questa specie di terrazzo dove siamo seduti. Perchè il nostro brigante corriere lo chiama la sua principale fortezza e il Paradiso dei Ladri? È invero un morbido sito per cadervi dentro, e piacevole a riguardare; è anche vero, com'egli dice, che è invisibile tanto dalla valle che dai picchi sporgenti, e quindi è un luogo nascosto; ma non è una fortezza, anzi sarebbe la peggiore fortezza che si possa immaginare. In alto è dominato dalla strada principale che attraversa la montagna e che è proprio quella certamente battuta dalla polizia. Ebbene, cinque miseri fucili circa mezz'ora fa ci hanno resi impotenti; ma bastava la quarta parte di una compagnia qualunque di soldati per mandarci tutti giù nel precipizio. Qualunque sia il significato di questo strano cantuccio erboso e fiorito, certo però non è una posizione trincerata. È qualche cosa d'altro, e avrà qualche importanza di un altro genere; un valore che io non posso capire. Somiglia piuttosto a un teatro accidentale o ad una naturale stanza verde; si direbbe la scena per qualche commedia romantica, oppure...
Mentre le parole del prete si allentavano e si perdevano in una pesante sincerità di sogno, Muscari, i cui sensi fisici erano vigilati ed impazienti, sentì un nuovo rumore fra le montagne. Anche per lui il suono era molto debole e indistinto; ma avrebbe potuto giurare che la brezza della sera portava un rumore come di scalpitio di cavalli e di lontani gridi e schiamazzi. Nello stesso momento e molto prima che le vibrazioni fossero colte dalle orecchie inglesi meno esercitate, Montano, il brigante, corse di un salto sul poggetto al disopra e stette sul ciglio rovinato, facendosi puntello di un albero e guardando giù per la strada con occhio indagatore. Così in quella posizione egli appariva una strana figura. Aveva indossato un fantastico cappello dalle larghe falde, una cintura oscillante ad armacollo e la scimitarra, nella sua qualità di re dei banditi; ma il vistoso prosaico abito grezzo del corriere si scorgeva qua e là attraverso tutto questo. Subito dopo egli voltò la faccia olivastra e beffarda, e fece un movimento colla mano. I briganti a quel segnale si sciolsero e si sparsero, non confusamente, ma con un piano evidente di guerriglia disciplinata. Invece di occupare la strada alla sua sommità si collocarono da una parte di essa dietro agli alberi e alla siepe, come per sorvegliare, non visti, un nemico. Il rumore intanto si avvicinava e diveniva sempre più forte, tanto da far rintronare la strada di montagna, e si poteva chiaramente udire una voce dar dei comandi. I briganti dominavano la situazione, e si raccolsero alla rinfusa bestemmiando e bisbigliando fra loro. Riempirono l'aria notturna di piccoli suoni metallici: caricar di pistole, staccar di coltelli, strascicar di spade sulle pietre. Poi i rumori da ambe le parti parvero incontrarsi sulla strada di sopra: rami rotti, nitrir di cavalli, uomini che gridavano.
— Un soccorso! – gridò Muscari scattando in piedi e agitando il cappello. – I gendarmi li hanno assaliti! Avanti anche noi per la nostra libertà! Ribelliamoci contro i predatori! Non lasciamo agire soltanto la polizia, ciò è atrocemente moderno. Piombiamo alle spalle di quei ribaldi. I gendarmi sono venuti a salvarci; andiamo, amici, a salvarli alla nostra volta!
E gettando il cappello sugli alberi, sfoderò ancora una volta la scimitarra e cominciò a dar la scalata all'erta che conduceva alla strada. Frank Harrogate d'un salto corse vicino a lui, la rivoltella in mano, ma fu stupito nel sentirsi imperiosamente richiamare dalla voce rauca di suo padre che sembrava agitatissimo.
— Non voglio che facciate questo – disse il banchiere con voce strozzata – vi comando di non intervenire.
— Ma, babbo, – disse Franck con calore – un italiano si è mosso per primo: non vorrete che si dica che un inglese è rimasto indietro.
— È inutile – disse il vecchio che tremava convulsamente – è inutile. Dobbiamo sottometterci alla nostra sorte.
Padre Brown guardò il banchiere, poi istintivamente pose la mano dalla parte del cuore dove era la bottiglina del veleno; e una gran luce illuminò la sua faccia, simile alla luce che rivela la morte.
Muscari intanto, senza attendere alcun aiuto, si era inerpicato per l'erta fin sulla strada, e colpì il capo dei briganti alla spalla con tale violenza che quegli si sentì vacillare come preso da vertigine. Anche Montano aveva la spada sguainata, ma Muscari senza pronunziar parola, gli menò un colpo alla testa che l'altro parò, mettendosi in guardia. Ma mentre le due corte spade s'incrociavano e cozzavano, il re dei ladri abbassò di proposito la sua e disse, ridendo, nel vivace vernacolo toscano:
— A quale scopo, amico mio? Questa diabolica farsa sarà presto finita.
— Che cosa intendete dire, furbo matricolato? – sbuffò il poeta che masticava veleno. – Il vostro coraggio è forse una vergogna come lo è la vostra onestà?
— Tutto in me è vergogna – rispose l'ex corriere, al colmo del buon umore. Io sono un attore; e se anche avessi avuto una volta un carattere mio personale, ora l'ho del tutto dimenticato. Tanto sono un brigante genuino quanto sono un genuino corriere. Io non sono che un groviglio di maschere, e voi non potete combattere un duello con una cosa simile. – E si mise a ridere con giovanile piacere, mentre riprendeva la sua posa abituale di star colle gambe aperte, e voltava le spalle alla scaramuccia, che ferveva su per la strada.
Intanto le tenebre si facevano più folte sotto la muraglia del monte, e non era facile discernere molto dei progressi della lotta; solo si vedevano dei grandi uomini spingere i musi dei loro cavalli verso una folla compatta di briganti, che sembravano più inclinati ad affaticare ed urtare gl'invasori, che ad ucciderli. Il loro atteggiamento somigliava piuttosto a quello di una massa di popolo cittadino che si oppone all'intervento della polizia che non all'ultima resistenza di sanguinari fuorusciti fiaccati, quali l'immaginazione del poeta se l'era dipinta.
Mentre egli girava gli occhi smarriti per lo stupore, sentì toccarsi il gomito e trovò lo strano prete ritto vicino a lui come un piccolo Noè, con un gran cappello, che gli chiedeva il favore di permettergli due parole.
— Signor Muscari, – disse, – in questa singolare contingenza, può essere scusata una intromissione troppo personale. Vorrei dirvi senza che ve ne offendiate, in qual modo potreste esser più utile che nell'aiutare i gendarmi, i quali dovranno in ogni modo entrare qua dentro. Mi dovete perdonare questa impertinenza indiscreta: ma, vi interessate voi alla ragazza? Voglio dire, sentite per essa tale interessamento da sposarla ed essere per lei un buon marito?
— Sì – rispose il poeta semplicemente.
— E lei dimostra interesse per voi?
— Lo credo – rispose egli con ferma ponderazione.
— Ebbene, andatele vicino ed offrite a lei tutto ciò che potete, terra e cielo, se è in vostro potere: non c'è tempo da perdere.
— Perchè? – domandò l'uomo di lettere fuori di sè per lo stupore.
— Perchè – disse Padre Brown, – il suo Fato sta per venire su dalla strada.
— Niente viene su dalla strada – ribattè Muscari – eccetto la liberazione.
— Ebbene voi recatevi da lei – disse il consigliere – e siate pronto a salvarla da chi viene a salvarvi.
Non aveva finito di parlare che un'ondata di briganti fuggitivi irruppe fra le siepi lungo il ciglio del colle. Si nascondeva fra le boscaglie e l'erba folta, come uomini in rotta inseguiti dal nemico; e i grandi cappelli a pennacchio dei gendarmi a cavallo, furono visti passare sopra le siepi abbattute.
Fu dato un altro ordine; tutti smontarono, e un alto ufficiale vestito di grigio e recante una carta fra le mani, apparve in quel concavo verde che era l'ingresso al Paradiso dei Ladri.
Vi fu un momentaneo silenzio: poi il banchiere gridò con voce rauca e strozzata:
— Derubato! mi hanno derubato!
— Come! questo è accaduto un'ora fa – esclamò con stupore suo figlio – quando foste derubato di duemila sterline!
— Non di duemila sterline – disse il finanziere con subitanea terribile calma – soltanto di una piccola fiala.
Il poliziotto in tunica grigia camminava a lunghi passi attraverso la valletta verde. Incontrando sul suo cammino il Re dei Ladri, gli battè una mano sulla spalla quasi volesse dargli un colpo e una carezza insieme, e con uno spintone lo mandò lontano barcollante.
— Anche voi avrete dei guai se vi divertite a giocare di questi tiri – gli disse.
L'occhio artistico di Muscari vide anche allora che questa era ben lontana dall'essere la cattura di un fuoruscito nel suo chiuso. Passando avanti, il poliziotto si fermò dinanzi al gruppo della famiglia Harrogate e disse:
— Samuele Harrogate, io vi arresto in nome della legge per appropriazione indebita di fondi della Hull e Huddersfield Bank.
Il grande banchiere fece un cenno col capo come se acconsentisse a un affare; sembrò riflettere un momento, e poi prima che qualcuno potesse interporsi, fece un mezzo giro ed un passo verso l'orlo della montagna a picco. Poi sollevando le mani spiccò un salto nello stesso modo che l'aveva spiccato dalla carrozza un'ora prima. Ma questa volta non cadde in un praticello fiorito da breve altezza, bensì a centinaia di metri di profondità, per divenire una rovina d'ossa nella vallata.
La collera nel poliziotto non andò disgiunta da ammirazione, come egli si espresse col Padre Brown.
— È da pari suo esserci sfuggito sino alla fine – disse. – Era un grande brigante davvero. Questo suo ultimo trucco credo che non abbia precedenti. Fuggì in Italia col danaro dei suoi soci, e si è fatto catturare da dei finti briganti che ha pagato per questo, per poter così spiegare la sparizione del danaro e di se stesso. Quella richiesta di riscatto, è stata presa veramente sul serio da molti della polizia. Ma per anni ed anni egli ha commesso azioni belle quanto questa. La sua perdita è molto grave per la sua famiglia.
Muscari intanto conduceva via l'infelice figliuola che si era attaccata a lui con forza, come continuò ad esserlo per molti anni in appresso. Ma pure in questo momento di tragico sfacelo non potè a meno di volgere un sorriso amichevolmente beffardo all'indomabile Ezza Montano.
— E dove andrete ora? – gli domandò di sopra la spalla.
— A Birmingham – rispose l'attore fumando una sigaretta. – Non vi avevo detto che io sono un futurista? Se in qualche cosa io credo è in queste cose che credo. Cambiamenti, scompigli, ogni giorno cose nuove. Andrò a Manchester, Liverpool, Leeds, Hull, Huddersfield, Glascow, Chicago, in una parola, in mezzo a gente illuminata, energica, civilizzata. Insomma – disse Muscari, – nel vero Paradiso dei Ladri.