La regola di san Benedetto/Capitolo 65
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Del Preposito del Monastero.
CAP. 65.°
Spesso pur troppo avviene, che per
l’elezione del Preposito, sorgano gravi
scandali nei monasteri; perocché vi
sono di essi, che, gonfiati dal cattivo
spirito della superbia, si stimano di
essere altrettanti Abbati, si arrogano
un potere tirannico, fomentano
scandali, suscitano discordie nella
comunità; e massimamente in quei luoghi,
dove il Preposito viene scelto dallo
stesso Sacerdote o dagli stessi Abbati
che eleggono l’Abbate. Ciò facilmente
si vede quanto sia strano; giacchè gli
si dà cagione d’insuperbire sin dal
principio dell’elezione, persuadendosi
di suo capo ch’egli sia sciolto dalla soggezione del suo Abbate, perchè fu
eletto da quelli stessi che eleggono
l’Abbate. Indi le invidie, le
querimonie, le detrazioni, le gelosie, le
dissenzioni e i disordini. E così
nell’atto che l’Abbate e il Proposito pensano diversamente, non si può evitare
che in tale discordia pericolino anche
le loro anime. E mentre che quelli
che son sotto di loro parteggiano per
l’uno o per l’altro, se ne vanno alla
rovina. Or la colpa di sì gran danno
si ascrive principalmente a coloro che
furono i promotori di sì fatte elezioni.
Perciò noi giudichiamo spediente
alla conservazione della pace e della
carità, che sia nell’arbitrio dell’Abbate l’ordinamento del suo monastero;
e, se può farsi, come fu già stabilito,
si tratti con i Decani quello ch’è utile
al monastero, secondo che piacerà
all’Abbate; affinchè commessa la cosa
a più persone, uno non monti in
superbia. Che se o il luogo lo richiede
o la Comunità umilmente lo domandi con ragione, e l’Abbate lo trovi
conveniente, quello ponga per Preposito
ch’egli avrà scelto col consiglio dei
fratelli timorati di Dio. Il quale
Preposito poi faccia con ogni soggezione
quello che gli sarà comandato dal suo
Abbate: e nulla mai faccia contro il
volere e il cenno di esso Abbate;
perocché quanto più egli è posto al di
sopra gli altri, tanto più conviene che
sia sollecito nell’osservare i precetti
della regola. Che se il Preposito sarà
trovato vizioso, o ingannato dai fumi
della superbia, o conosciuto
dispregiatore della santa Regola, sia ripreso
con parole sino alla quarta volta, e
non emendandosi, sia corretto secondo
la disciplina regolare. E se neanche
per questo si emenderà, allora sia
tolto dal posto della prepositura, e nel
suo luogo sia chiamato un altro che ne
sia degno. Dopo di che, se non sarà
quieto e obediente in Comunità, si
espella persino dal Monastero. Pensi
però l’Abbate, ch’egli dovrà a Dio rendere ragione di tutti i suoi giudizii:
affinchè non forse la fiamma dell’invidia
e della contesa gli abbruci l’anima.