La regola di san Benedetto/Capitolo 49
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Dell’osservanza della Quaresima.
CAP. 49.°
Sebbene la vita del monaco in ogni
tempo abbia da serbare l’osservanza
quaresimale; pure, siccome pochi
hanno questa virtù, così insinuiamo,
che in questi giorni di Quaresima
ciascuno custodisca la sua vita con
ogni purezza; e similmente in questo
santo tempo, ripari a tutte le
negligenze degli altri tempi. Il che allora si fa degnamente, quando ci riteniamo
da tutti i vizii, e diamo opera
all’orazione col pianto, alla lettura, alla
compunzione del cuore e all’astinenza.
Pertanto in questi giorni
aggiungiamo sopra di noi stessi qualche
cosa all’usato peso della nostra
servitù: preghiere particolari, astinenza
dal mangiare o dal bere: affinchè
ciascuno offerisca a Dio, di propria
volontà e con letizia di Spirito Santo,
qualche cosa di più della misura a lui
ingiunta. Tolga al suo corpo alcun
che del cibo, della bevanda, del sonno,
del parlare, del sollazzo, ed aspetti
con gaudio di spirituale desiderio
la Santa Pasqua. Quella stessa cosa
però, che alcuno offerisce, la
manifesti all’Abbate, e si faccia col volere
e coll’ajuto dell’orazione di lui.
Perocchè ciò che si fa senza il permesso
del Padre spirituale, sarà imputato
a vanagloria e a prosunzione, non a
mercede. Adunque tutto si faccia col
beneplacito dell’Abbate.