La regola di san Benedetto/Capitolo 3
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Del valersi dei fratelli a consiglio.
CAP. 3.°
Ogni volta che si abbiano a trattare nel monastero cose di particolare considerazione, convochi l’Abbate tutta la comunità, e dica lui di che si tratta. Udito quindi il consiglio dei fratelli, lo ripensi seco medesimo, e poi faccia quello che avrà giudicato più utile. Perciò dicemmo che si chiamino a consiglio tutti; perocché spesso il Signore rivela al più giovane quello ch’è meglio. Ma i fratelli diano il consiglio con ogni soggezione e umiltà, sicché non presumano di difendere procacemente la loro opinione, ma più tosto si dipenda dall’arbitrio dell’Abbate; onde secondo che Egli avrà giudicato più savio, tutti gli obbediscano. Imperocché siccome è dovere dei discepoli obbedire al maestro, così sta a lui disporre ogni cosa provvidamente e giustamente. Tutti adunque in tutto seguitino per maestra la Regola, né alcuno temerariamente se ne allontani.
Nessuno in monastero seguiti il proprio volere. Né ardisca veruno di venire a proterva contesa coll’Abbate, o dentro o fuori del monastero. Che se l’abbia fatto, sia sottoposto alla pena della Regola. Esso Abbate però faccia tutto con timore di Dio e osservanza della Regola; sapendo ch’egli fuor di dubbio dovrà rendere conto a Dio giudice di tutti i suoi giudizii.
Se poi si avessero a trattare cose di minor momento a utilità del monastero, l’Abbate usi solo del consiglio dei seniori, come sta scritto: Tutto fà col consiglio, e del fatto non ti pentirai.