La regola di san Benedetto/Capitolo 27
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Traduzione dal latino di Francesco Leopoldo Zelli Jacobuzi (1902)
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Come debba essere sollecito l’Abbate circa gli scommunicati.
CAP. 27.°
Con ogni sollecitudine prenda cura
l’Abbate dei fratelli delinquenti;
perchè del medico non ha bisogno chi è sano, ma chi è infermo. E perciò egli
deve usar sempre come un bravo
medico: spedire a lui, come secreti
consolatori, i più saggi e vecchi fratelli,
che quasi di soppiatto consolino il
fratello vacillante, e lo conducano
all’umiltà della sodisfazione. E lo
confortino; affinchè non rimanga oppresso
dal soverchio della tristezza. Ma, come
dice l’Apostolo, sia accresciuta verso
di lui la carità, e si preghi da tutti
per lui; perocché sommamente deve
prendersi pensiero l’Abbate, e con
ogni sagacità ed industria, delle
pecorelle a lui commesse, guardando
che niuna se ne perda; dacché sa ben
egli di aver tolto a curare le anime
inferme, e non a tiranneggiare le sane.
E tema la minaccia del profeta, per
bocca del quale dice Dio: Voi vi
prendevate tutto ciò ch’era pingue, e
gittavate tutto ciò ch’era meschino. —
Imiti l’esempio santo del buon
pastore; il quale, abbandonate le
novantanove pecorelle sui monti, se ne andò in traccia di quella sola ch’era
smarrita: della cui miseria ebbe tanta
compassione, che si degnò mettersela
sopra le sacre sue spalle, e così
riportarla all’ovile.