La poverella (Belli)

Giuseppe Gioachino Belli

1832 Indice:Sonetti romaneschi II.djvu corone di sonetti letteratura La poverella Intestazione 28 agosto 2024 100% Da definire

Lo stizzato Er ciscerone a spasso
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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LA POVERELLA.1

1.

   Bbenefattore mio, che la Madonna
L’accompaggni e lo scampi d’ogni male,
Dia quarche ccosa a una povera donna
Co’ ttre ffijji e ’r marito a lo spedale.

   Me lo dà? me lo dà? ddica, eh? rrisponna:
Ste crature2 so’ iggnude tal e cquale
Ch’el Bambino la notte de Natale:
Dormìmo sott’un banco a la Ritonna.3

   Anime sante!4 se movessi un cane
A ppietà! ar meno ce se movi lei,
Me facci prenne un bocconcin de pane.

   Siggnore mio, ma ppropio me lo merito,
Sinnò davero, nu’ lo seccherei...
Dio lo conzóli e jje ne renni merito.5

In vettura, dall’osteria del Fosso alla Storta,
13 novembre 1832


Note
  1. Le pitocche, non estremamente plebee, così sogliono accattare. Le parole di questo sonetto debbono articolarsi con prestezza e querula petulanza.
  2. [Queste creature: i tre figli che ha con sè.]
  3. Presso il Panteon, chiamato volgarmente la Rotonda, veggonsi de’ banchi di venditori di commestibili, aperti solo sul davanti, in modo da poter offerire, come offrono, un meschino ricovero agli indigenti.
  4. [Sottintendi: del Purgatorio. È un’esclamazione di dolore.]
  5. Vedi sezione Annotazione al sonetto 1.

Annotazione al sonetto 1

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Il Belli ricopiò o piuttosto riscrisse a memoria questo famoso sonetto, per unirlo all’altro del 25 sett. 35, che porta lo stesso titolo; ma lasciò tra i sonetti del 32 la prima copia. Nel riscriverlo, [p. 117 modifica] omise la data, che forse non ricordava o non aveva voglia o tempo di ripescare; e fece alcune varianti nel testo e nelle note. In complesso però a me è parsa migliore la prima lezione. Tuttavia, per ogni buon fine, ecco qui anche la seconda:

     Benefattore mio, che la Madonna
L’accompaggni e lo scampi d’ogni male,
Dia quarche ccosa a una povera donna
Co’ ttre fijji e ’r marito a lo spedale.

     Me lo dà? mme lo dà? ddica: eh rrisponna:
Ste crature so’ ignude tal e cquale
Ch’er Bambino la notte de Natale;
Dormimo1 sott’un banco a la Ritonna.2

     Anime sante! se movessi3 un cane
A ppietà! eh arméno4 sce se movi5 lei,
Me facci prenne6 un bocconcin de pane.

     Siggnore mio, ma ppropio me lo merito,
Sinnò,7 davero, nu’ lo seccherei....
Dio lo conzóli e jje ne renni8 merito.

Note

  1. Dormiamo.
  2. Qui parlasi di que’ banconi sui quali i pollaiuoli espongono le loro cose presso la Rotonda, cioè il Panteon.
  3. Si movesse.
  4. Almeno.
  5. Ci si muova.
  6. Mi faccia prendere.
  7. Se no: altrimenti.
  8. Le ne renda.]
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2.

     Fate la carità, ssiggnora mia,
In onor der grorioso san Cremente:
Conzolate sto pover’innoscente,
Che ppe’ la fame me sta in angonìa.

     Eh ajjutateme voi tra ttanta ggente,
Eh ffatemela dì ’na vemmaria1
Ar zagro core de Ggesùmmarìa:
Mezzo bbajocco a vvoi nun ve fa ggnente.

     Ah llustrissima, nun m’abbandonate,
Che la Madonna ve pòzzi concede2
Tutte le grazzie che ddisiderate.

     Pe’ l’amor de Maria der bon Conzijjo,
Soccorrete una madre che vve chiede
Quarche ssoccorzo da sarvajje3 un fijjo.

25 settembre 1835.

  1. Un’ave-maria.
  2. Vi possa concedere.
  3. Salvarle.