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116 | Sonetti del 1832 |
LA POVERELLA.1
1.
Bbenefattore mio, che la Madonna,
L’accompaggni e lo scampi d’ogni male,
Dia quarche ccosa a una povera donna
Co’ ttre ffijji e ’r marito a lo spedale.
Me lo dà? me lo dà? ddica, eh? rrisponna:
Ste crature2 so’ iggnude tal e cquale
Ch’el Bambino la notte de Natale:
Dormìmo sott’un banco a la Ritonna.3
Anime sante!4 se movessi un cane
A ppietà! ar meno ce se movi lei,
Me facci prenne un bocconcin de pane.
Siggnore mio, ma ppropio me lo merito,
Sinnò davero, nu’ lo seccherei...
Dio lo conzóli e jje ne renni merito.5
In vettura, dall’osteria del Fosso alla Storta, |
- Note
- ↑ Le pitocche, non estremamente plebee, così sogliono accattare. Le parole di questo sonetto debbono articolarsi con prestezza e querula petulanza.
- ↑ [Queste creature: i tre figli che ha con sè.]
- ↑ Presso il Panteon, chiamato volgarmente la Rotonda, veggonsi de’ banchi di venditori di commestibili, aperti solo sul davanti, in modo da poter offerire, come offrono, un meschino ricovero agli indigenti.
- ↑ [Sottintendi: del Purgatorio. È un’esclamazione di dolore.]
- ↑ Vedi sezione Annotazione al sonetto 1.
Annotazione al sonetto 1
Il Belli ricopiò o piuttosto riscrisse a memoria questo famoso sonetto, per unirlo all’altro del 25 sett. 35, che porta lo stesso titolo; ma lasciò tra i sonetti del 32 la prima copia. Nel riscriverlo,