La persuasione e la rettorica (1915)/Prefazione

PREFAZIONE

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La persuasione e la rettorica La persuasione


Io lo so che parlo perché parlo ma che non persuaderò nessuno; e questa è disonestà – ma la rettorica ἀναγκάζει με ταῦτα δρᾶν βίᾳ – o in altre parole «è pur necessario che se uno ha addentato una perfida sorba la risputi».

Eppure quanto io dico è stato detto tante volte e con tale forza che pare impossibile che il mondo abbia ancor continuato ogni volta dopo che erano suonate quelle parole.

Lo dissero ai Greci Parmenide, Eraclito, Empedocle, ma Aristotele li trattò da naturalisti inesperti; lo disse Socrate, ma ci fabbricarono su 4 sistemi. Lo disse l’Ecclesiaste ma lo trattarono e lo spiegarono come libro sacro che non poteva quindi dir niente che fosse in contraddizione coll’ottimismo della Bibbia; lo disse Cristo, e ci fabbricarono su la Chiesa; lo dissero Eschilo e Sofocle e Simonide, e agli Italiani lo proclamò Petrarca trionfalmente, lo ripeté con dolore Leopardi – ma gli uomini furono loro grati dei bei versi, e se ne fecero generi letterari. Se ai nostri tempi le creature di Ibsen lo fanno vivere su tutte le scene, gli uomini «si divertono» a sentir fra le altre anche quelle storie «eccezionali» e i critici parlano di «simbolismo»; e se Beethoven lo canta così da muovere il cuore d’ognuno, ognuno adopera poi la commozione per i suoi scopi – e in fondo... è questione di contrappunto.

Se io ora lo ripeto per quanto so e posso, poiché lo faccio così che non può divertir nessuno, né con dignità filosofica né con concretezza artistica, ma da povero pedone che misura coi suoi passi il terreno, non pago l’entrata in nessuna delle categorie stabilite – né faccio precedente a nessuna nuova categoria e nel migliore dei casi avrò fatto... una tesi di laurea. –