La meteorologia applicata all'agricoltura/Parte prima/3/6

3 - Dell'Estate

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§. VI. Dell’estate.

91. Il calore è l’anima de’ viventi, come l’umore n’è il principale nutrimento. Se questi due elementi sono in eccesso, o in difetto, resta turbata l’economia della vegetazione. Il calore eccessivo consuma l’umido della terra, e delle piante; il freddo lo costipa; l’eccesso dell’umido rende le piante idropiche1, mentre che il secco le inaridisce. Il [p. 58 modifica]calore e l’umore ben temperati, più tosto in buona dose, producono l’abbondanza: tal fu appresso noi l’anno 1728. umidissimo, e senza dubbio il più caldo che vi sia stato dopo un mezzo secolo. Da questi due elementi dipende la prodigiosa fertilità delle Antille, e generalmente della Zona torrida; eccetto che in qualche parte l’eccesso del calore e dell’umido porta la putrefazione.

92. Il freddo coll’umido è peggio di tutto: questa combinazione d’umido e freddo è quella che sembra regnare negli anni correnti, ne’ quali appena si conosce l’estate, salvo qualche ondata di caldo passeggiero come nel presente anno 1774. L’anno 1751. secondo l’osservazione del Sig. Du Hamel, fu umido e freddo in Francia, e perciò sterile in tutti i generi de’ prodotti. L’anno 1753. all’opposto fu caldo e asciutto; il formento che resiste assai al secco, non fece spiche molte, ma belle.

93. Virgilio ha detto: humida solstitia, atque bye mes optate serenas: supponendo le qualità naturali di queste due stagioni, vale a dire il freddo nell’inverno, e il caldo nella state, e da desiderarsi con Virgilio il sereno nel verno, e nella state frequenza di pioggie. Questa frequenza di pioggie si rende sopratutto necessaria nei paesi, ove si semina il maiz o gran turco, come si pratica con eccesso nella nostra Lombardia; questa pianta Africana porta una canna polposa, la quale assorbe una grandissima quantità d’umido, ma ella nol digerirebbe senza un potente calore. Dunque col caldo vorrebbe una buona pioggia ogni settimana, sopra tutto nel mese di Lu- [p. 59 modifica]glio fino alla metà d’Agosto. Dopo questo termine per quest’oggetto la pioggia non è più a tempo.

94. Rapporto alla distribuzione delle pioggie, bisogna distinguere i tempi, e i luoghi; nel mese di Giugno è da desiderarsi più tosto dei venti freschi, che delle pioggie, quando il grano fiorisce; e dopo che ha fiorito, le pioggie poco avanzano la vegetazione.

95. In generale le pioggie di notte, sulla sera, o che lasciano il cielo coperto, sono migliori, perchè le terre, e le piante, le assorbono tutte. Le pioggie di mattina, di pien giorno, e seguite immediatamente dal sole, sono ben tosto asciugate, e cagionano una pericolosa fermentazione. I piovali a rovesci, scorrono via tosto, battono la terra o la portano via col fior dei concimi, scalzano le radici delle piante ec.

96. I forti calori, oltre il benefizio universale della vegetazione, fanno un gran bene alle terre lavorate, cocendole e polverizzandole di più; induriscono all’opposto le terre mal lavorate; fanno perire le radici delle cattive erbe, forse anche gl’insetti.

97. Nella primavera avanzata e nella state è da temer il flagello della gragnuola, di cui gli effetti sono stati descritti sopra. Sul declinar della state succedono alle volte de’ turbini, o uracani; ma nè gli uracani, nè le gragnuole non s’estendono gran tratto, e non cagionano mai carestie universali: i due gran flagelli della campagna sono il Secco e la Nebbia.

Note

  1. In questo inverno 1775. moltissimi gelsi sono morti nel territorio alto di Vicenza, e furono trovati pieni d’acqua, senza dubbio per le gran pioggie del 1772. Ma la più vera ragione, secondo il sentimento dello sperimentato coltivatore Sig. Arciprete Bruni, è il mal governo di quelli, che si spogliano delle foglie ogni anno senza riposo, si potano barbaramente, e fuori di stagione, e si tormentano in mille guise. Veggasi la sua dissertazione coronata dalla società Patriotica di Milano 1783.