La metà del mondo vista da un'automobile/Appendice/L'automobile
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L’AUTOMOBILE
Ecco per i tecnici qualche maggiore ragguaglio sull’automobile, colla quale venne vinta la corsa Pechino-Parigi.
La vettura che la Società Itala costruì per il Principe Scipione Borghese era del tipo normale di vettura 35/45 HP modello 1907, con delle piccole modificazioni di dettaglio, suggerite dallo speciale servizio a cui la vettura era destinata. Descriviamo l’automobile facendo conoscere il modo di comportamento dei vari organi durante questa prova, le riparazioni cui diedero luogo, ed il loro stato alla fine del viaggio.
Il motore era del tipo ordinario a 4 cilindri fusi per paio di 130 m/m di diametro per 140 di corsa, valvole simmetriche intercambiabili, accensione con magnete a bassa tensione e disposizione dei martelletti specialissimi (brevetto Itala), carburatore assolutamente automatico pochissimo sensibile ai cambiamenti di temperatura e pressione, congiunto al motore mediante una tubolatura cortissima ad evitare ogni possibile condensazione del gas.
Fu questa disposizione della tubolatura, oltrechè il tipo speciale di carburatore che permise l’uso di benzine molto pesanti.
Infatti il Principe Borghese, essendogli a un rifornimento mancata la provvista di benzina che gli era di solito preparata acquistò sul posto un miscuglio di idrocarburi, che si avvicinavano molto più al petrolio, che non alla benzina per automobili. Nonostante questo ebbe la sorpresa di constatare che il funzionamento del motore non ne ebbe a soffrire se non leggermente nel rendimento, ma senza alcun danno alla regolarità di marcia del motore stesso. Il consumo di benzina era in media di ½ litro per chilometro.
I cuscinetti dell’albero motore e delle bielle erano guerniti di metallo bianco antifrizione.
Tutto l’albero del motore era sopportato dalla parte superiore del bâti, e grazie a questa disposizione si poteva togliere la cuffia inferiore dei motore e visitare così agevolmente lo stato dei sopporti e delle bielle ed eventualmente regolarne il giuoco con tutta facilità.
Però questi sopporti e teste di bielle erano così abbondantemente calcolati e lubrificati, che nel caso specifico della vettura del Principe Borghese la cuffia inferiore non venne tolta che a Mosca, dove si fece una visita generale a tutti gli organi della vettura. Fu allora che si potè constatare che i sopporti dell’albero a gomito erano intatti e solo quelli delle bielle avevano un leggerissimo giuoco, il quale potè essere ripreso senza dover ricorrere alla sostituzione di bronzine, o all’aggiunta di metallo bianco.
La frizione era del tipo a dischi, con una disposizione speciale, per sopprimere ogni organo delicato, ciò che la rese oltremodo resistente. Durante il raid non ebbe a dare infatti alcun inconveniente; ed a Mosca fu smontata e rimontata senza che nessun disco dovesse essere sostituito.
Il cambio di velocità era a 4 rapporti di velocità avanti e uno indietro; la quarta era in presa diretta. Venne costruito con materiale al nichelio resistentissimo, materiale che nelle vetture Itala viene appunto adoperato per tutti gli organi soggetti a maggior fatica.
Il cambio di velocità nella vettura del Principe Borghese non venne mai smontato, ed all’arrivo si presentò in tutte le sue parti affatto nuovo.
Lo stesso fu constatato per i giunti cardanici che non presentarono la menoma traccia di usura.
Il ponte del differenziale costituiva una delle maggiori particolarità della vettura Itala, ed anche una delle più riuscite; nè il Principe Borghese, nè il suo meccanico mai ebbero ad occuparsi e preoccuparsi di questo organo generalmente tanto delicato in molte vetture; e questo malgrado gli sforzi ed urti straordinari cui venne sottoposto, come lo prova il fatto che una delle ruote posteriori, malgrado che queste fossero resistentissime, dovette cedere.
Il telaio venne costrutto in lamiera d’acciaio ad alta resistenza; il suo spessore venne aumentato nella vettura del raid. Fu questa anzi la sola modificazione di qualche importanza che il tempo ristretto intercedente tra l’ordinazione e la data della spedizione della vettura permise di apportare.
Si comportò anche questo egregiamente. Solo si constatò una naturale traccia di usura in tutti i sopporti cui erano attaccate le molle.
Queste ebbero varie «foglie» rotte durante il viaggio, e a Mosca a una posteriore si dovette cambiare la «foglia maestra».
Il radiatore era del solito tipo a nido d’api; il poco tempo disponibile non permise di costrurne uno rinforzato. Avevano quindi i costruttori grandi preoccupazioni per questo radiatore, che invece non presentò mai alcun inconveniente.
Temendosi che nei climi caldi non bastasse la ventilazione, del volante ventilatore, come unico rimedio, consentito dalla scarsezza del tempo, si era aggiunto un ventilatore supplementare, ma questo poi fu soppresso in principio del viaggio, prima ancora di arrivare al deserto di Gobi, essendosi dimostrato affatto inutile.
Ecco qualche dettaglio per ciò che concerne la carrozzeria e gli accessori.
La carrozzeria era formata da due posti anteriori e uno posteriore collocato in mezzo ai serbatoi della benzina della capacità di 150 litri caduno.
Completava l’equipaggiamento un grande cassone per gli utensili e pezzi di ricambio collocato dietro ai due serbatoi della benzina.
Per dichiarazione del Principe Borghese stesso i pezzi di ricambio non servirono a nulla; la vettura non ne ebbe bisogno, e se ne avesse avuto bisogno non ne avrebbe potuto usufruire, perchè questi per alleggerire la vettura erano stati abbandonati fin dal principio del raid.
Oltre ai due grandi serbatoi della benzina dietro al posto posteriore era ancora collocato un serbatoio d’olio della capacità di 50 litri ed uno di acqua della stessa capacità.
La benzina dei due serbatoi laterali con una tubolatura speciale era condotta ad una vasca posteriore dietro al telaio della capacità di 83 litri.
Detta vasca era completamente blindata con una lastra di acciaio, e da questa la benzina veniva mandata al carburatore mediante apposita derivazione del gas di scappamento.
In quali parti la vettura si è dimostrata più debole?
La vettura non ebbe a risultare debole in nessuno dei suoi organi vitali più essenziali; soltanto alcune parti esteriori quali le ruote, le molle, gli snodi delle molle furono riscontrate di resistenza deficiente per uno sforzo così straordinario e continuo.
Dovendo rifare un simile viaggio quali modificazioni si apporterebbero alla vettura?
Per una vettura che dovesse fare nuovamente un viaggio come il raid Pechino-Parigi sarebbe necessario un tipo più rialzato da terra, con ruote molto più robuste, con tutto l’organismo, e specialmente il serbatoio posteriore della benzina maggiormente protetto, e lubrificato con snodi e molle rinforzate.
Anche il radiatore sebbene non abbia dato luogo ad alcun inconveniente verrebbe costrutto in modo più solido e maggiormente protetto.
Ecco ora qualche notizia per ciò che concerne i pneumatici.
Questi uscivano pure da una fabbrica italiana - la Pirelli e C. di Milano. - Essi erano tutti e quattro delle dimensioni 935 e 135, ed a profilo piatto. Non credo fossero diversi dal solito tipo che quella Fabbrica costruisce, perchè il Principe si decise all’adozione dei pneumatici Pirelli pochissimi giorni prima della partenza.
Fu provvida l’idea di mettere le stesse dimensioni di gomma (alle) quattro ruote, poichè ciò facilitava la questione delle scorte da portare sulla vettura. D’altronde il consumo fu assai limitato; la media di durata dei pneumatici essendo stata superiore ai 4000 chilometri. Infatti furono cambiati lungo la strada dodici copertoni, che in aggiunta ai quattro montati in partenza fanno in totale sedici gomme usate, ma di queste sedici le quattro con cui arrivammo a Parigi erano in grado di fare ancora molta strada, e difatti con tre di esse proseguimmo fino a Milano.
La ruota anteriore destra venne da Pechino a Parigi con due pneumatici, essendo stato fatto un unico cambio ad Omsk.
Il pochissimo consumo è certo dovuto anche alla grossezza delle gomme adottate: poichè mentre le vetture del tipo della nostra «Itala» sono solitamente munite di pneus da 120 mm. posteriormente, e da 90 mm. anteriormente, le nostre gomme erano tutte da 135 mm. di sezione.
Nel complesso il viaggio Pechino-Parigi ha dimostrato ai tecnici che l’automobile in genere è una macchina molto più resistente e robusta quanto poteva immaginarsi, e che gl’inconvenienti ordinari dell’automobilismo, le panne frequenti di tutti i touristes, le facili rotture, i guasti così comuni, sono dovuti a trascuratezza, a imperizia di chauffeurs più che a debolezze congenite della macchina. Al presente stadio dell’automobilismo si può dunque dire che l’industria è arrivata vicino alla sua perfezione, e che nuove e infinite applicazioni pratiche dell’automobile sono possibili, per servizi regolari, per comunicazioni in regioni lontane, per trasporti su strada. Ma occorre migliorare lo chauffeur. Mentre il macchinista ferroviario ha bisogno di dimostrare serietà di studi e superare difficili esami prima di vedersi affidare un così grande capitale e una così forte responsabilità, lo chauffeur si crea in un attimo, s’improvvisa in pochi giorni in un garage. Sono necessarie vere scuole di meccanica automobilistica per la creazione di uomini dai quali dipenderà in tanta parte l’avvenire di questo geniale mezzo di locomozione, rendendolo veramente sicuro. Ci vorrebbe che ogni macchina avesse il suo Ettore.